34 miliardi di euro è stato il valore della produzione pharma in Italia nel 2019. Un settore in crescita tra innovazione, export, ricerca e sviluppo. Ne abbiamo parlato con Davide Bottalico, Head of Digital Healthcare & Innovation di Takeda Italia con un focus finale sui vaccini.
I numeri di fatturato e di incremento del settore farmaceutico sono impressionanti. Specie se pensiamo a un anno sventurato come il 2020 che dal punto di vista economico che vedrà il nostro PIL in caduta libera dell’8,2% secondo l’Istat. Uno scenario differente, invece, proviene dal settore pharma che, stando sempre ai dati Istat riportati dal report Indicatori Farmaceutici di luglio 2020 di Farmindustria, non solo è stabile rispetto al pari periodo dello scorso anno ma addirittura in crescita, sia in termini di fatturato che di impiego.
Nel quinquennio 2014-2019, infatti, il tasso di occupazione è salito del 10%, ponendosi con una media più alta del 5% rispetto ad altri settori. Tassi di incremento determinati da svariati fattori quali:
- maggiore focus in ricerca e sviluppo;
- aumento degli investimenti delle aziende farmaceutiche sull’intero territorio italiano- Ricordiamo che la maggior parte dei colossi del big pharma è straniero benché operi su territorio italiano;
- filiera di produzione eccellente a partire dalla materie prime;
- qualità delle risorse umane;
- dulcis in fundo: innovazione e nuove tecnologie come pillar di tutto il comparto.
Tutti elementi che creano valore e danno lavoro a oltre 140.000 addetti facendone un fiore all’occhiello in termini di esempi e di sinergie che si possono trovare con altri settori. Di seguito un estratto della chiacchierata con Davide Bottalico che potete ascoltare per intero nel video, primo protagonista di Brand & Leader, professionista di lungo corso nel settore farmaceutico e insignito nel 2019 del titolo di Digital Innovator of The Year dalla prestigiosa Rivista Popular Science.
Quali sono stati i punti di forza che hanno determinato la crescita del settore pharma?
(...) All’interno del tessuto italiano ci sono differenti realtà, come università veramente importanti, storiche. Le associazioni dei pazienti sono molto sviluppate, soprattutto per alcune patologie croniche. Abbiamo delle strutture ospedaliere di valore internazionale, puntiamo sul welfare, abbiamo delle reti di cura territoriali che sono molto sviluppate. Quindi questo consente di fare sistema, di lavorare bene, di ottimizzare e i risultati si sono visti. Certo, è importante continuare su questa strada, offrire non solo farmaci, ma dare la possibilità di offrire un’offerta integrata "farmaco + servizio”. (...) Questo sicuramente è vincente, anche perché oggi le patologie che vengono curate non si risolvono solo con i farmaci, ma andando a cooperare con il paziente e con tutto il network di cura che include il paziente e lo vede partecipe di quello stesso network di cura, andando ad ottimizzare tutti i servizi che ruotano attorno alla persona, ma anche alla famiglia che, di certo, viene impattata, soprattutto in caso di patologie come quelle oncologiche o croniche. (...)
Innovazione: quanto è importante e quanto conta la preparazione verso le nuove tecnologie?
Ormai le nuove tecnologie sono diventate sinonimo di Digital Healthcare, nell’ambiente pharma. La Digital Healthcare è ormai una delle chiavi più importanti di accesso a terapie e servizi migliori. Digital Healthcare significa utilizzare l’innovazione e la tecnologia al servizio della salute: è l’unico modo per andare concretamente «beyond the pill», oltre il farmaco. Creare un servizio ad alto valore tecnologico che oltre alla terapia aumenta la qualità della cura. Il futuro su cui noi tutti puntiamo è quello di tentare di far circolare i dati dei pazienti, e non i pazienti. Storicamente, i pazienti giravano fra le strutture di ricovero e cura. Questo modello di approccio tradizionale non è più adatto a quello che oggi è la ricetta per cercare di ottimizzare l’ambito di cura del paziente(...) Chiaramente devono essere fatti in un ambiente compliant alle normative GDPR europee, deve mettere al sicuro la privacy del paziente, perché parliamo di dati sanitari, quindi bisogna far circolare i dati in modo assolutamente sicuro. (...)
Domanda d’obbligo data la contingenza storica del momento: i vaccini. Al netto di proclami e rivendicazioni di vario genere e nazionalità, qual è l’iter corretto e ideale affinché possano essere messi in circolazione e ritenuti validi?
Io ci terrei a sottolineare alcuni concetti che sono molto importanti, anche per far capire un po’ a tutti qual è il punto cruciale dello sviluppo di questo vaccino contro il Covid-19. La parte tecnologica fortunatamente non si è rivelata un grosso problema. Sono state messe in pista differenti strategie per riuscire a creare qualcosa che potesse, poi una volta iniettato nel nostro organismo, generare una risposta anticorpale. Quindi diciamo che tutti i vaccini alla fine, anche se si differenziano per la strategia di confezionamento, mirano a sviluppare una risposta anticorpale che possa diventare un buon ricordo immunitario, così che quando avremo a che fare con il virus avremo le armi per controbatterlo. (...) Non cambia nulla dal punto di vista delle regole per l’approvazione l’iter per l’approvazione di un vaccino. Così come si fa col farmaco, c’è bisogno di fare degli studi che passano attraverso determinate fasi di ricerca. C’è una prima fase legata a testare la sicurezza di questo prodotto, e una fase due che invece testa soprattutto l’efficacia, oltre che la sicurezza. C’è anche una fase tre importantissima in cui si allargano le persone che partecipano alla sperimentazione. Questo perché se dovessero emergere effetti collaterali, a volte anche gravi, questi effetti collaterali sono di solito molto rari, avvengono una volta ogni 100.000 somministrazioni, o 1 milione di somministrazioni. Quindi per riuscire a osservare questi effetti collaterali noi dobbiamo sottoporre non dico milioni di persone, ma sicuramente centinaia di migliaia di persone alle fasi di sperimentazione. (...) Chiaramente va vista anche una questione logistica di conservazione: per esempio sappiamo che il vaccino annunciato da Pfizer ha purtroppo un punto critico legato alla conservazione che deve essere addirittura di -70°. Quindi non è semplicissimo da gestire, altri vaccini invece in via di sviluppo non hanno questo tipo di problema logistico, e quindi viaggiano più tranquillamente, anche se hanno strategie differenti. Comunque le mie parole volevano essere rasserenanti, stiamo arrivando, non dobbiamo aver fretta, dobbiamo arrivare in massima sicurezza. Questo tempo lo possiamo utilizzare bene, per mettere a punto la cosiddetta strategia vaccinale: chi si deve vaccinare per primo, come fare, come convincere anche gli scettici che è importante. Perché se non vaccineremo un grande numero di persone non raggiungeremo mai quella che viene chiamata «immunità di gregge». (...) Credo che a un anno da queste mie parole saremo nel pieno della campagna vaccinale.”
Noi ci auguriamo davvero che sia così e di tornare da qui a 12 mesi a quella parte di normalità che più ci manca e ci rende umani.
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