Tasse care, ma non per tutti: sono quasi la metà gli italiani poveri per lo Stato che non versano un’euro di Irpef. Il 12% dei contribuenti paga più della metà di tutto il gettito dell’imposta sul reddito. I dati di Itinerari Previdenziali per il 2019.
Tasse zero per molti ed altissime per pochi: i dati del 2019 sul gettito Irpef relativo alle dichiarazioni dei redditi dello scorso anno confermano che parlare di pressione fiscale insostenibile è spesso un luogo comune.
Sono quasi la metà, e nello specifico il 49,29% degli italiani a non pagare le tasse, non perché evasore ma perché o senza reddito oppure titolare di somme troppo basse e, quindi, esentate dal versamento Irpef.
Un problema non da poco, in un Paese dove le tasse sono la fonte di finanziamento di alcune spese sociali primarie, tra cui quelle sanitarie.
A compensare il mancato pagamento delle tasse da quel quasi 50% di contribuenti troppo poveri per le tasse, ci pensa il 12,28% dei contribuenti che versa il 57,88% di tutta l’Irpef.
Tasse zero per metà degli italiani: troppi i “poveri” che non pagano l’Irpef
Il 49,29% degli italiani non paga l’Irpef, non per evasione, ma perché esonerato di fatto da un sistema di tassazione progressivo che mostra non poche criticità.
A fornire i dati è l’Osservatorio sulla spesa pubblica e sulle entrate presentato da Itinerari Previdenziali e CIDA - Confederazione Italiana Dirigenti e Alte Professionalità il 18 settembre 2019.
Su 60,48 milioni di cittadini residenti in Italia a fine 2017 sono solo poco più di 30,67 milioni quelli hanno versato almeno un euro di Irpef.
Sempre prendendo in considerazione i dati delle dichiarazioni dei redditi 2019, è il 12,28% a corrispondere il 57,88% di tutta l’Irpef. Il 45,19% del totale paga il 2,62% dell’Irpef.
Se c’è qualcuno che può lamentarsi del peso del Fisco è sicuramente quell’1,13% dei contribuenti con redditi sopra i 100.000 euro lordi che, al netto, arrivano a 52.000 euro circa. Il cosiddetto ceto medio, circa 467.442 soggetti, paga il 19,35% di tutta l’Irpef.
Ovviamente è la struttura dell’Irpef a rendere il prelievo fiscale più alto all’aumentare dei redditi, ma la differenza tra i redditi minimi ed i contribuenti con entrate al lordo più elevate è rilevante.
Il problema va oltre la questione dell’equità del prelievo fiscale: se si tiene conto che l’Irpef è il pilastro del nostro sistema di welfare, è evidente che questo non può che risentire di un così alto numero di contribuenti totalmente esenti.
Come dichiarato da Mario Mantovani, Presidente CIDA:
“Le cifre contenute nell’Osservatorio devono far riflettere: la progressività del nostro sistema fiscale è molto accentuata e crea un’evidente sperequazione fra i troppo pochi che versano al fisco e i tanti che non lo fanno affatto o solo per cifre irrisorie.
Su queste basi il nostro sistema di welfare rischia di diventare insostenibile. Alimentare l’idea che possa esistere una “riserva” di redditi poco tassati, in capo a ricchi privilegiati è una grave distorsione dei fatti, genera invidia sociale e non contribuisce a trovare soluzioni. Le spese sociali, in particolare quella sanitaria, vanno a finire solo sulle spalle di chi le tasse le ha sempre pagate, con un aggravio crescente in termini di riduzione del reddito disponibile, di potere d’acquisto, di depressione dei consumi e di dinamismo imprenditoriale.”
Dipendenti e autonomi: chi sono i più tartassati dal Fisco
È interessante l’analisi per le diverse categorie di contribuenti.
Secondo i dati di Itinerari Previdenziali, basati sulle dichiarazioni dei redditi e sul report annuale del MEF, l’imposta media pagata da ciascuna categoria è pari a 3.686,52 euro annui per i lavoratori dipendenti, 3.230,90 per i pensionati e 6.789,51 euro per autonomi, imprenditori e liberi professionisti.
Esemplificativo è il caso dei dipendenti:
“sul totale dei dichiaranti, sono in totale 20,93 milioni (il 50,8%) che versano 77,156 su 155,15 miliardi totali (pari al 49,7%). Con redditi da zero fino a 7.500 euro, la pubblicazione individua 4,12 milioni di dipendenti che, di fatto, hanno un’Irpef negativa; seguono 4,15 milioni di lavoratori con redditi dichiarati tra i 7.500 e 15.000 euro e che, per via di deduzioni, detrazioni e del cosiddetto “bonus Renzi” hanno comunque un’imposta negativa e sono dunque a carico degli altri contribuenti. I dichiaranti tra 15mila e 20mila euro sono quasi 3 milioni e pagano un’Irpef media di 1.237 euro. Più numeroso il successivo scaglione di redditi (tra 20 e 35mila euro), con oltre 7,26 milioni che pagano un’Irpef media di circa 4.000 euro, mentre quello da 35 a 55mila supera i 10.700 euro. Infine, i 770mila (il 3,73%), che dichiarano più di 55mila euro versano il 34,67% di tutta l’Irpef.”
A questo punto viene da chiedersi: è giusto concentrare gli interventi volti a ridurre il prelievo fiscale esclusivamente sui contribuenti con redditi bassi? I dati, sottolinea Brambilla, dicono di no.
“I veri “tartassati" dal fisco sembrano essere innanzitutto i dichiaranti dai 35mila euro dichiarati in su, che pagano I’Irpef per un valore che va da 10mila a oltre 28mila euro. Al di sotto, c’è invece chi già beneficia della “solidarietà” delle altre fasce di contribuenti, che di fatto ne sostengono la spesa per protezione sociale.”
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