I tre megatrend preferiti dai gestori

Alessio Trappolini

19 Giugno 2019 - 16:13

Tecnologia, demografia, ambiente: Robeco traccia l’identikit delle macro tendenze che domineranno lo scenario finanziario futuro e non solo

I tre megatrend preferiti dai gestori

Qual è il tema d’investimento preferito dai gestori di capitali?

Quello dell’individuazione di un macrotrend d’investimento remunerativo nel lungo periodo è uno dei mantra di chi vuol investire senza badare troppo al rumore di fondo generato dai mercati finanziari, ma sfruttando la forza e la persistenza delle performance generate.

«Alcuni temi di investimento non si esauriscono in un anno. La domanda di strategie basate su trend e megatrend è in crescita», sostiene Mark van der Kroft, responsabile del team Trends & Thematic Investments di Robeco.

Da un lato, c’è un fortissimo incremento delle richieste di investimenti passivi (leggasi ETF), che costano poco, sono facili da acquistare e non comportano il rischio di fare errori rispetto al benchmark. Dall’altro, però, si favoriscono soluzioni di investimento realmente attive, in grado di offrire quell’alpha che gli investitori stanno ancora cercando. Vediamo quali possono essere.

La forza dei megatrend

Uno fra i driver più importanti è il potenziale del contesto di basso rendimento dei prossimi due anni, che rende ancora più importante l’alpha generato dal trends investing.

Una sovraperformance del 4%, infatti, vale molto di più quando il mercato è piatto rispetto a quando è in rialzo del 20%. Van der Kroft se lo spiega così: «Gli investitori vogliono avere in portafoglio soluzioni capaci di fornire rendimenti extra, fondamentali in mercati caratterizzati da una resa ridotta».

«Dopo aver analizzato i dati, ci siamo resi conto che, in termini di performance dei mercati azionari, negli anni ci sono stati molti più titoli perdenti che vincenti. Questa forte asimmetria persisterà anche in futuro, essendo legata alla mutevole natura della nostra economia e della nostra società», ha chiarito l’asset manager.

Le recenti trasformazioni si riflettono in tre grandi megatrend:

  • tecnologie rivoluzionarie,
  • cambiamenti socio-demografici,
  • necessità dell’uomo di preservare la Terra.

«Nel costruire un portafoglio non si deve guardare al passato o ad un benchmark. Occorre chiedersi quali settori e, in particolare, quali società saranno strutturalmente vincenti nei prossimi dieci anni, dopo i cambiamenti strutturali e le innovazioni dirompenti a cui assistiamo oggi. E, di conseguenza, quali società non faranno parte di quel futuro», ha chiosato il gestore di Robeco.

Il consiglio del gestore è semplice: chi si dedica ai trend e all’investimento tematico deve soprattutto evitare i perdenti, ovvero società o settori che non intendono o non sanno adattarsi a un mondo in profonda trasformazione.

«Il risultato sono portafogli agnostici al benchmark, con rischio relativamente maggiore rispetto ai fondi tradizionali e più orientati al benchmark».

I trend secolari oggi

«È ovvio che negli ultimi tre anni abbiamo avuto il vento in poppa e che il nostro stile di investimento ha beneficiato di un contesto macroeconomico in cui la crescita era talmente scarsa da spingere i titoli growth sopra la media. In questo senso, non mi stupirebbe assistere a una battuta d’arresto nel breve termine, visto che nessuna crescita può mantenersi costante», ammette l’esperto.

Ciononostante, siamo di fronte a una serie di trend secolari che, in futuro, cambieranno in modo sostanziale il nostro modo di operare e di vivere: «La digitalizzazione consente nuovi stili di produzione e di consumo, e la maggiore consapevolezza della necessità di utilizzare le risorse naturali in modo più sostenibile contribuirà agli sforzi per il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile formulati dalle Nazioni Unite. Le nostre strategie sono molto ben posizionate per catturare le rispettive opportunità di investimento. In una prospettiva di più lungo termine, la popolarità di stili di investimento tematico attivi e high-conviction continuerà a crescere», conclude l’analista.

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