Perché in Italia serve un nuovo lockdown totale secondo gli esperti, e perché no. Le proposte dopo l’aumento dei contagi e dei ricoveri a causa delle nuove varianti.
Si torna a parlare di lockdown totale in Italia. La circolazione delle nuove varianti, più contagiose e (forse) più letali, sta allarmando gli esperti e le autorità: non a caso dal 14 febbraio sono aumentate le Regioni e Province autonome in zona arancione, sono stati prorogati la riapertura degli impianti sciistici e il divieto di spostamenti tra Regioni, ed emanate nuove ordinanze sui viaggi dall’estero (proroga limitazioni viaggi dal Brasile e test e isolamento per chi proviene dall’Austria).
Ma questi interventi potrebbero essere solo un assaggio dell’inasprimento delle misure che gli esperti stanno chiedendo al Governo da qualche giorno. Le nuove varianti si stanno diffondendo a ritmo sostenuto, creando focolai da Nord a Sud e mettendo a repentaglio la tenuta dei sistemi sanitari. Secondo le stime, presto altre regioni gialle potrebbero diventare arancioni o rosse a causa del trend in crescita. È il caso della Lombardia, osservata speciale per l’aumento dei nuovi contagiati e dei ricoveri nelle province di Milano, Brescia e Bergamo.
Il timore di un’esplosione di contagi e di una terza ondata in Italia dovuta alle varianti di Covid esiste: ecco perché per il Cts serve una “rigorosa osservanza, rafforzamento e incremento delle misure di mitigazione del rischio sia in ambito nazionale che in specifici ambiti locali, evitando ulteriori misure di rilascio”.
Perché serve un nuovo lockdown in Italia
Walter Ricciardi ha invocato una nuova chiusura rigida e generalizzata per contenere la diffusione del Covid-19 resa più pericolosa dalle nuove varianti. Si stima che il 20% dei nuovi casi Covid in Italia siano riconducibili alla variante inglese; in Lombardia si parla della presenza della variante nel 30% dei casi segnalati, “ma che potrebbe arrivare a 60-80% nelle prossime settimane”, spiega l’assessore al Welfare della Regione Lombardia Letizia Moratti. Si aspettano fino a 1.000 nuovi positivi al giorno, con un impatto del virus tra le 2 e le 3 volte più violento di quello attuale.
Per evitare lo scenario più cupo, secondo il consigliere del ministro della Salute serve un lockdown duro, come quello vissuto a marzo 2020, con chiusure di negozi, ristoranti, bar, divieto a uscire di casa tranne che per andare al lavoro.
Per Ricciardi l’Italia dovrebbe seguire l’esempio di altri Paesi come Francia e Germania (dove è stato annunciato il 3° lockdown duro in un anno). Chiudere tutto per 3-4 settimane, secondo l’esperto, il tempo necessario per riprendere a testare, tracciare e accelerare i vaccini, e abbassare l’incidenza del virus sotto i 50 casi ogni 100mila abitanti.
Favorevoli a un nuovo lockdown in Italia anche Andrea Crisanti, virologo dell’Università di Padova, secondo cui le “zone rosse non bastano per contenere le varianti, un lockdown andava fatto già a dicembre”. Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, dice che “un lockdown totale per 2 settimane farebbe abbassare la curva per poter riprendere il tracciamento, altrimenti bisognerà continuare con lo stop&go per tutto il 2021”. Secondo il responsabile del reparto di malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano Massimo Galli il sistema della suddivisione per colori non ha funzionato davvero e servirebbe un intervento più efficace.
Nuovo lockdown utile contro le nuove varianti, ma insostenibile
Contrario all’opzione lockdown duro è invece Fabrizio Pregliasco, virologo e direttore sanitario dell’Ospedale Galeazzi di Milano. “Da un punto di vista medico, spiega, “le chiusure sono la scelta migliore per tornare a controllare la malattia, recuperare il tracciamento e poter svolgere una campagna vaccinale con serenità, senza che gli ospedali siano intasati”. “Ma, continua, “serve un compromesso perché intere filiere di lavoratori sono devastate e serpeggia grande ribellione sociale, bisogna valutare anche la sostenibilità di una chiusura così rigida”. La proposta di Pregliasco è resistere ancora 2 o 3 mesi modificando i parametri con cui le Regioni passano da una zona di rischio all’altra, e istituendo più mini-zone rosse locali.
Nuova stretta, il parere del Cts
In merito alla necessità di una nuova stretta contro la diffusione delle varianti di Covid in Italia, il Comitato tecnico-scientifico (Cts) ha indicato la strada ideale al termine della riunione di venerdì dopo i dati diffusi dall’Iss.
“L’incidenza dell’epidemia, scrivono nel verbale, risulta nuovamente in crescita, con un impatto sostenuto sui sistemi sanitari”. L’impatto delle varianti del virus potrebbe prefigurare scenari con un nuovo rapido aumento diffuso nel numero di casi nelle prossime settimane. Ecco perché, “per contenere e rallentare la diffusione delle varianti del Covid, in analogia con le strategie adottate negli altri paesi europei, è necessaria una rigorosa osservanza, rafforzamento e incremento delle misure di mitigazione del rischio sia in ambito nazionale che in specifici ambiti locali, evitando ulteriori misure di rilascio”, affermano gli esperti.
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