Wall Street: nel secondo trimestre calano i buyback azionari, ma non per tutti

Alessio Trappolini

28 Agosto 2019 - 11:10

Apple, Oracle e Cisco hanno rallentato le spese per i buyback delle azioni proprie, ma Google e Facebook hanno appena iniziato. L’analisi

Wall Street: nel secondo trimestre calano i buyback azionari, ma non per tutti

A Wall Street l’intensa attività di buyback (riacquisto di azioni proprie) che storicamente caratterizza le società americane, soprattutto quelle tecnologiche, sta rallentando.

Secondo i dati ufficiali riportati dal Wall Street Journal, fra aprile e giugno le società dell’S&P 500 hanno speso il 20% in meno rispetto al primo trimestre e il -13% a confronto con lo stesso periodo dell’anno precedente. Un calo delle spese da parte dei giganti della tecnologia Apple, Oracle e Cisco ha giocato un ruolo importante. Sui 166 miliardi di dollari in riacquisti spesi nel periodo, i tre colossi hanno speso un totale di 29,4 miliardi di dollari nei loro trimestri fiscali più recenti, in calo del 26% in paragone al periodo precedente.

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Secondo l’analisi del quotidiano finanziario statunitense le tre aziende avevano fatto acquisti particolarmente consistenti, spendendo ben oltre il loro flusso di cassa disponibile. Perciò non c’è da meravigliarsi se i loro acquisti hanno subito un rallentamento. Ma il settore della tecnologia può fare affidamento su altre società molto redditizie che posseggono sia i mezzi che la motivazione per continuare a spendere.

Perciò se alcune società stanno diminuendo la loro attività di riacquisto, altre sono appena all’inizio.

Microsoft - secondo i dati forniti da S&P Global Market Intelligence -, ha speso 19,5 miliardi di dollari in riacquisti di azioni nel suo anno fiscale conclusosi a giugno. È l’acquisto più consistente che il gigante del software abbia intrapreso per i riacquisti in più di un decennio, nonostante rappresenti a malapena la metà del flusso di cassa disponibile dell’azienda per l’anno.

Inoltre non si scostava granché dal modello stabilito. I riacquisti di Microsoft hanno registrato una media di circa il 45% del flusso di cassa disponibile degli ultimi cinque anni. E anche il ritmo recentemente elevato dei rendimenti non ha danneggiato la capacità dell’azienda di far crollare importi record in R&S e spese in conto capitale nell’ultimo anno fiscale.

Il caso di Facebook e Google

Quando si tratta dei giganti di Internet come Facebook e Alphabet, la capogruppo di Google, sono entrambi relativamente nuovi nelle operazioni di riacquisto. Inoltre, stanno affrontando crescenti pressioni da parte di autorità di regolamentazione e legislatori, che potrebbero infine risultare in sfide a lungo termine per i loro modelli d’impresa. Tali pressioni hanno, in varie occasioni negli ultimi 18 mesi, pesato molto sui loro titoli.

Ne ha risentito in particolare Alphabet, le cui azioni non stanno al passo di quelle di altri colossi della tecnologia e del mercato più ampio di quest’anno. Parte di ciò è dovuto ad un rallentamento all’inizio dell’anno nel core business pubblicitario di Google. Tuttavia, i risultati più recenti della società hanno rispecchiato alcuni miglioramenti e Alphabet ha inoltre colto l’occasione per aggiungere 25 miliardi di dollari al suo programma di riacquisto.

Google ha acquistato pochissime delle sue azioni prima del 2016, ma la società si trova su una montagna di oltre 113 miliardi di dollari e genera oltre 27 miliardi di dollari in flussi di cassa disponibili annualmente.

Facebook è ancora più nuovo ai riacquisti, avendo iniziato solo nel 2017. Secondo i dati della S&P Global Market Intelligence, i riacquisti ammontavano a circa 12 miliardi di dollari per i 12 mesi precedenti giugno, in crescita del 18% rispetto allo stesso periodo lo scorso anno.

Facebook ha inoltre circa 45 miliardi di dollari in contanti nei propri libri contabili e genera oltre 5 miliardi di flusso di cassa disponibile al trimestre. I riacquisti da soli non risparmieranno Google e Facebook da altre pressioni politiche. Ad ogni modo, restituire liquidità agli investitori rimane ancora una buona scelta per le società che l’hanno tenuta nascosta troppo a lungo.

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