A chi va il TFR del lavoratore defunto?

Ilena D’Errico

12 Ottobre 2024 - 21:31

La legge stabilisce a chi va il TFR del lavoratore defunto, come viene diviso tra i beneficiari, quali sono le relazioni con il patrimonio ereditario e come farne richiesta. Ecco cosa c’è da sapere.

A chi va il TFR del lavoratore defunto?

Il TFR accumulato negli anni di lavoro, con costanza e fatica, raggiunge spesso cifre considerevoli, non di rado ben superiori ai beni ereditari. Se il lavoratore muore prima di poter riscuotere questa somma, il Trattamento di fine rapporto non va perduto, bensì si apre una particolare successione per la liquidazione. Questo perché questo trattamento economico non confluisce nell’eredità ed è anzi indipendente dalla stessa.

Accade così che alcune persone abbiano diritto all’eredità e non al TFR o viceversa, seppur i meccanismi di divisione siano davvero molto simili a quelli ereditari. Oltretutto, la successione del TFR non prevede una vera e propria accettazione, bensì una richiesta specifica di pagamento. Infine, è bene ricordare che l’indipendenza del diritto al TFR del defunto rispetto al patrimonio ereditario si manifesta anche in caso di rinuncia all’eredità.

Vediamo quindi a chi va il TFR del lavoratore defunto, come viene ripartito in presenza di più beneficiari concorrenti e come farne richiesta.

A chi va il TFR del lavoratore defunto

Come anticipato, il TFR non fa parte dei beni ereditari; pertanto, alla morte del lavoratore la sua suddivisione non segue le classiche norme della successione. Per quanto riguarda il Tfr bisogna, infatti, fare affidamento all’articolo 2122 del Codice civile, secondo il quale alla morte del dipendente il datore di lavoro del defunto deve corrispondere il TFR a:

Bisogna anche considerare che esiste comunque un’eccezione a questa forma di indipendenza del TFR rispetto al resto della successione ereditaria. In mancanza dei soggetti indicati, infatti, l’indennità del TFR deve essere distribuita secondo la successione legittima o il testamento. In ogni caso, la rinuncia all’eredità non pregiudica il diritto a ricevere una quota del TFR e, parimenti, l’accettazione del Tfr non comporta l’accettazione dell’eredità e dei suoi debiti.

Dal TFR spettante ai beneficiari vanno comunque sottratti eventuali anticipi concessi al lavoratore (il cui uso come donazioni potrebbe comunque essere rilevante ai fini ereditari).

TFR nel testamento: quando è possibile

Non di rado ci si trova dinanzi a testamenti che indicano la divisione del TFR, nominando uno o più eredi affinché possano ricevere parte della liquidazione del defunto. Come anticipato, la successione del TFR è diversa e separata rispetto a quella ereditaria e il lavoratore non ha completa libertà nel lascito del trattamento. A dire il vero, non c’è una discrezionalità completa nemmeno per quanto riguarda l’eredità vera e propria, ma per quanto concerne la somma maturata a titolo di TFR la disposizione non a norma risulta automaticamente inapplicabile.

Il lavoratore può inserire il TFR nel testamento soltanto in assenza dei beneficiari previsti dalla legge, ossia:

  • coniuge;
  • figli;
  • parenti entro il 3° grado a proprio carico;
  • affini entro il 2° grado a proprio carico.

In questo caso, il testamento può stabilire la successione del TFR ed è bene sapere che in questo modo la somma non rientra a pieno titolo tra i crediti ereditari alla morte del lavoratore, ma costituisce un legato, sempre e soltanto in caso di assenza dei soggetti sopra indicati. In assenza di testamento (e dei beneficiari) rientra nella successione legittima.

È fondamentale dividere le due situazioni, perché comportano una suddivisione differente del trattamento. In particolare, quando il TFR non rientra nella successione viene ripartito tra i beneficiari dal giudice cui si è fatto ricorso «secondo il bisogno di ognuno», altrimenti in proporzione alle quote ereditarie.

Chi eredita il TFR, con e senza testamento

Il testamento non regola la successione del TFR, a meno che tutti i soggetti individuati dal Codice civile siano assenti. Di conseguenza, il lavoratore può scegliere a chi dare il proprio TFR soltanto in mancanza di figli, coniuge e gli altri parenti e affini indicati. Nel dettaglio, sono fra loro parenti entro il 3° grado:

  • Genitori e figli (1° grado);
  • nonni e nipoti (2° grado);
  • fratelli e sorelle (2° grado);
  • bisnonni e pronipoti (3° grado);
  • zii e nipoti (3° grado).

Gli affini, invece, sono i parenti del coniuge. In particolare:

  • Suocero e suocera (1° grado);
  • figli del coniuge (1° grado);
  • nonni del coniuge (2° grado);
  • nipoti del coniuge, ossia figli dei figli del coniuge (2° grado);
  • cognati (2° grado).

In sintesi, se alcune di queste persone (oltre a coniuge e figli) sono presenti non è possibile decidere autonomamente sull’eredità del TFR. Un eventuale testamento non sarebbe quindi nemmeno preso in considerazione per la ripartizione del TFR. Al contrario, quando il lavoratore non lascia nessuno dei beneficiari, allora viene applicato il testamento. Altrimenti, in assenza di testamento, l’attribuzione del Tfr segue la successione legittima (includendo dunque i parenti entro fino al 6° grado).

Nonostante ciò, il testamento può essere utile per stabilire la ripartizione del TFR fra i beneficiari. Il lavoratore, infatti, può scegliere in modo libero la quota di ognuno, purché non includa persone differenti da quelle previste (se alcune di queste sono presenti) e viceversa non le escluda.

Allo stesso modo, se il lavoratore non ha lasciato testamento, ma almeno alcuni dei beneficiari sono presenti, la suddivisione avviene secondo le norme della successione legittima. In caso di disaccordo tra i beneficiari, poi, la ripartizione può essere stabilita dal giudice. Bisogna comunque ricordare che qualsiasi patto riguardante l’attribuzione e la ripartizione del TFR eseguito prima della morte del lavoratore è nullo: non produce alcun effetto legale.

Chi altro ha diritto al TFR del lavoratore defunto

Oltre alle persone indicate, il TFR può essere richiesto anche dai creditori del defunto, purché siano legittimati in tal senso. È, ad esempio, il caso della finanziaria che ha consentito un finanziamento tramite una cessione del quinto. Questo principio, comunque, non è espressamente previsto dal Codice civile, ma è un orientamento ormai consolidato dalla Corte di cassazione.

Infine, ha diritto a una percentuale del TFR anche l’ex coniuge divorziato (purchè non abbia perso questo diritto, ad esempio risposandosi). Nel dettaglio, l’ex coniuge divorziato ha diritto al 40% dell’indennità riferita agli anni di matrimonio.

Come richiedere il TFR del lavoratore defunto

Tutte le persone aventi diritto (per legge o testamento, a seconda dei casi) possono richiedere la propria quota spettante di TFR direttamente al datore di lavoro. In tal proposito, è sufficiente inviare la richiesta con una raccomandata a/r (o una pec), allegando:

  • Dati del lavoratore (compreso il codice fiscale e la sua ultima residenza);
  • data del decesso e certificato di morte;
  • rapporto di parentela;
  • dati per ricevere il pagamento;
  • documenti dei beneficiari;
  • stato di famiglia del lavoratore;
  • atto notorio (per la convivenza di parenti e affini);
  • copia del testamento (o in sua assenza atto notorio di successione);
  • autorizzazione del giudice cautelare per beneficiari minorenni;
  • busta paga o ultima certificazione unica del defunto (se in possesso dei beneficiari).

Infine, proprio per via dell’indipendenza del TFR rispetto alla successione, è opportuno sapere che il datore di lavoro non può compensare l’indennità dovuta con eventuali crediti, con eccezione per eventuali anticipi del TFR resi al lavoratore.

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