Quali sono le possibili sanzioni disciplinari per il lavoratore che aggredisce altri sul luogo di lavoro? Quando si rischia il licenziamento e che valutazioni fa l’azienda? Ecco una guida completa.
Il posto di lavoro, si sa, è un luogo in cui si trovano a confrontarsi personalità diverse, ognuna con i suoi pregi e difetti.
L’armonia che regna in alcuni uffici può essere figlia di numerosi fattori (lo spirito di squadra, l’assenza di antipatie o inutili gelosie) e, al tempo stesso, alla base di un’atmosfera tesa possono esserci disagi personali che esulano dall’ambiente di lavoro o ancora il fatto che tra colleghi non è scattato il giusto feeling.
In un ambiente dove non regna l’armonia, lo stress dell’attività lavorativa può portare a contrasti che, purtroppo, rischiano di sfociare in aggressioni verbali o addirittura fisiche.
È importante sapere che comportamenti di questo tipo sono tra i peggiori di cui il lavoratore può rendersi responsabile, tali da portare addirittura al licenziamento.
Analizziamo la questione in dettaglio.
Aggressione fisica o verbale sul luogo di lavoro, cosa si rischia?
Contestazione disciplinare
Al fine di tutelare la posizione del dipendente, di fronte a condotte contrarie ai codici disciplinari, l’azienda che intende contestare un’aggressione fisica o verbale sul luogo di lavoro è obbligatoriamente tenuta a rispettare la procedura descritta dall’articolo 7 dello Statuto dei lavoratori (Legge 20 maggio 1970 numero 300).
La norma prevede, in particolare, l’obbligo di portare a conoscenza di tutti i lavoratori le disposizioni relative ai comportamenti non consentiti e alle corrispondenti sanzioni disciplinari.
Sempre l’articolo 7, vieta al datore di lavoro di adottare qualunque provvedimento disciplinare senza averlo «preventivamente contestato al dipendente e senza averlo sentito a sua difesa». I provvedimenti più gravi del rimprovero verbale non possono essere adottati prima che siano trascorsi 5 giorni «dalla contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa» (ancora l’articolo 7).
All’esito della procedura di contestazione disciplinare, l’azienda può decidere di adottare:
- ammonizione scritta, di norma utilizzata per le infrazioni di minor gravità;
- multa, sino a un massimo di 4 ore di retribuzione base;
- sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per un massimo di 10 giorni;
- trasferimento ad altro reparto, ufficio o sede dell’azienda;
- licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo.
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Licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo?
Previsto dall’articolo 2119 del Codice civile il licenziamento per giusta causa ricorre a fronte di un comportamento del lavoratore, talmente grave da compromettere il rapporto di fiducia con il datore di lavoro e non consentire la prosecuzione temporanea del contratto, durante il periodo di preavviso.
Il licenziamento per giusta causa (GC) si differenzia da quello per giustificato motivo soggettivo (GMS) in quanto quest’ultimo è dovuto a un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del dipendente, non così grave per l’azienda da impedirle di concedere un periodo di preavviso al lavoratore, prima di recedere dal contratto.
L’aggressione fisica o verbale rientra a tutti gli effetti tra le condotte punibili con il licenziamento per giusta causa, così la Cassazione:
- Condotta minacciosa indirizzata alla responsabile amministrativa (sentenza del 1° luglio 2020 numero 13411);
- Aggressione verbale e fisica del capoufficio e distruzione del telefono aziendale (sentenza del 10 settembre 2019 numero 22636).
È opportuno precisare che, eccezion fatta per le differenze in termini di periodo di preavviso, entrambe le tipologie di licenziamento consentono, in presenza degli altri requisiti, la fruizione (previa domanda all’Inps) dell’indennità di disoccupazione Naspi.
Quale sanzione applicare? Il codice disciplinare interno
All’esito del procedimento di contestazione disciplinare, il datore di lavoro è tenuto a decidere se:
- Concludere il procedimento senza alcuna sanzione nei confronti del lavoratore;
- Adottare una sanzione disciplinare.
In questa seconda ipotesi, la scelta della sanzione nei confronti del lavoratore resosi responsabile di un’aggressione fisica o verbale dev’essere assunta tenendo conto di quanto previsto dal codice disciplinare interno.
È quindi quest’ultimo documento a dover indicare le condotte del lavoratore che lo espongono a responsabilità disciplinare e alle corrispondenti sanzioni.
Nel redigere il regolamento, l’azienda è tenuta a osservare quanto previsto dal contratto collettivo applicato. Di norma quest’ultimo fornisce alcune indicazioni di massima su una serie di comportamenti e le relative conseguenze per il dipendente.
Un esempio è quello del Ccnl Metalmeccanica - industria il quale dispone all’articolo 10 che incorre nel licenziamento per giusta causa chi si rende responsabile di «rissa nell’interno dei reparti di lavorazione» (lettera b, punto h).
La sanzione è proporzionale al fatto?
Prima di ricorrere al licenziamento per giusta causa o a qualsiasi altra sanzione, l’azienda è tenuta a valutare, oltre a quanto previsto dal codice interno, una serie di elementi oggettivi e soggettivi, nonché la proporzionalità tra il fatto commesso in concreto e il provvedimento disciplinare.
Sotto il profilo oggettivo è opportuno valutare:
- la natura e la qualità del rapporto, nonché la posizione del lavoratore nelle gerarchie aziendali e il potenziale valore diseducativo della condotta nei confronti dei colleghi;
- il grado di affidamento richiesto dalle mansioni del dipendente;
- i motivi alla base della condotta oggetto di procedimento.
Dal punto di vista soggettivo l’azienda dovrà considerare le particolari circostanze e condizioni il cui il fatto si è verificato. Al contrario, per quanto riguarda la proporzionalità il datore si interrogherà, tra le altre cose, su:
- intensità dell’elemento intenzionale;
- danno arrecato all’azienda;
- l’assenza o meno di precedenti sanzioni.
Che valore ha la recidiva?
Per quanto riguarda le condotte verificatesi in precedenza, la Cassazione ha sottolineato che:
- L’azienda può comunque licenziare un dipendente anche se condotte precedenti, dello stesso tipo, da parte del medesimo o di altro lavoratore, sono state tollerate (sentenza del 12 luglio 1999 numero 7351);
- Un unico episodio (in assenza di precedenti sanzioni disciplinari) può essere sufficiente a integrare un’ipotesi di giusta causa (sentenza 10 maggio 2016 numero 9486);
- La recidiva non è determinante ai fini della giustificatezza del licenziamento ma rappresenta una circostanza aggravante dell’addebito (sentenza 21 gennaio 2013 numero 1328).
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