Report non aggiornati rischiano di far franare il sistema pensionistico e azzerare le prospettive dei futuri piani di previdenza: allarme dalla Corte dei Conti.
Il futuro del nostro sistema pensionistico è incerto, avvolto dalla coltre di nebbia della mancanza delle dovute rendicontazioni sullo stato delle casse nazionali. A riferirlo non sono rivelazioni eclatanti di reportage d’inchiesta, ma una relazione ufficiale proveniente dalla Corte dei Conti.
Lo storico delle verifiche sulla tenuta della macchina previdenziale è infatti fermo al 2017 con un ammanco di controlli nel 2020 e una criticità evidente in vista della prossima scadenza del 2023.
Secondo fonti di Palazzo, perfino la presidente del Consiglio Giorgia Meloni avrebbe detto ai sindacati che si rischiano “pensioni future inesistenti”.
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La relazione della Corte dei Conti
Com’è previsto dalle norme in vigore, la sostenibilità del nostro sistema pensionistico dev’essere sottoposta ogni tre anni a una verifica statistico-attuariale da parte dell’Inps. A svolgere questa funzione per conto dell’istituto è un ufficio apposito: il Coordinamento statistico attuariale.
A pagina 8 dell’ultima relazione rilasciata della Corte dei Conti però si evidenzia come l’ultima verifica sia stata effettuata nel 2017. All’epoca la presidenza dell’Inps era affidata Tito Boeri che aveva anche promosso l’invio ai contribuenti delle “buste arancioni” contenenti le stime delle loro future pensioni.
Nel 2019 però è subentrato Pasquale Tridico e si sono perse le tracce di questi dovuti aggiornamenti, saltando cioè le pratiche del 2020. Si legge nelle carte della Cdc:
“L’ultima verifica statistico-attuariale che, in base agli articoli 153 e 154 del regolamento di amministrazione e contabilità, compete con cadenza triennale al Coordinamento statistico attuariale, risale ormai al 2017.
Questo costituisce un problema a causa dei mutamenti della legislazione di settore (es. Quota 100 e Rdc) da aggiungersi alle mancate riscossioni per effetto di misure di sanatoria, senza contare gli effetti della pandemia passati sottotraccia. «Tutti aspetti - scrive la Corte dei Conti - che hanno determinato una ulteriore notevole divaricazione tra il dato reale e la previsione statistico attuariale». L’arretratezza dell’ultimo report renderebbe in poche parole ogni valutazione attualmente in nostro possesso del tutto inattendibile.
Verifiche pensioni mancanti: cosa rischiamo?
Se viene però a mancare l’aderenza tra i prospetti e la concretezza fattuale delle disponibilità statali la macchina si inceppa.
A dire il vero il problema già sussiste da tempo visto che, pur senza avere contezza di quello che hanno provocato le misure introdotte dopo il 2017, attesta Milano Finanza, «i contributi versati da chi lavora non riescono a coprire che l’86 per cento della spesa pensionistica».
Ci sono poi altri ostacoli all’orizzonte. Secondo le norme nel 2023, quando dovrebbe cioè essere effettuata una nuova verifica, aumenterà anche la spesa. Ricordiamo infatti come il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti abbia parlato di un extra di 50 miliardi di euro per via dell’rivalutazione dell’assegno.
A riassumere questo quadro d’incertezza e confusione è in definitiva il magistrato Antonio Buccarelli, firmatario del rapporto:
“Nel lungo periodo la spesa pensionistica lorda non è compensata dalle entrate accertate e lo spread tende ulteriormente ad aumentare".
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