È compatibile la figura dell’amministratore di una società di capitali con la fattispecie del lavoro subordinato nella medesima compagine sociale? Ecco il recente chiarimento dell’INPS espresso nel Messaggio n. 3359 del 17 settembre 2019
Compatibilità tra amministratore e lavoro subordinato: è questo l’argomento sul quale si è espresso l’INPS con il Messaggio n. 3359 del 17 settembre 2019, al fine di assicurare uniformità di comportamento dei soggetti coinvolti.
In via generale, sul tema la giurisprudenza si è espressa in maniera favorevole, stabilendo nel corso del tempo che lo svolgimento di un’attività gestoria, come quella dell’amministratore, non esclude astrattamente la configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato.
Ai fini della compatibilità, però, è necessario verificare gli elementi distintivi del lavoro subordinato. Quindi, non basta che nella prassi comune sia riconosciuta la compatibilità delle due figure professionali, in quanto devono riscontrarsi i requisiti del lavoro dipendente, così come individuati nell’art. 2094 cod. civ.
Ma andiamo in ordine e vediamo nel dettaglio il nuovo parere fornito dall’INPS.
Amministratore che svolge lavoro dipendente: l’orientamento giurisprudenziale
Come appena accennato, la giurisprudenza, già a partire dagli anni ’90, si è uniformata al criterio generale che permette all’amministratore di essere al contempo anche lavoratore dipendente della società che gestisce.
In particolare, la Cassazione (sent. n. 1793/1996) ha stabilito espressamente che
“né il contratto di società, né l’esistenza del rapporto organico che lega l’amministratore alla società, valgono ad escludere la configurabilità di un rapporto obbligatorio tra amministratori e società, avente ad oggetto, da un lato la prestazione di lavoro e, dall’altro lato la corresponsione di un compenso sinallagmaticamente collegato alla prestazione stessa”.
Con l’occasione, gli ermellini hanno affermato che il rapporto organico concerne soltanto i terzi, verso i quali gli atti giuridici compiuti dall’organo vengono direttamente imputati alla società. Quindi, verso i terzi assume rilevanza solo la persona giuridica rappresentata, non anche la persona fisica.
In altri termini, l’essere organo di una persona giuridica di per sé non osta alla possibilità di configurare tra la persona giuridica stessa ed il suddetto organo un rapporto di lavoro subordinato. Ciò vale a condizione che nel rapporto sussistano le caratteristiche dell’assoggettamento, nonostante la carica sociale, al potere direttivo, di controllo e disciplinare dell’organo di amministrazione dell’ente.
Amministratore unico che svolge lavoro dipendente: casi di esclusione
Discorso differente deve essere fatto per l’amministratore unico della società.
Quest’ultimo, infatti, è detentore del potere di esprimere da solo la volontà propria dell’ente sociale, come anche i poteri di controllo, di comando e di disciplina.
In questo caso, l’assenza di una distinzione tra la posizione del lavoratore in qualità di organo direttivo della società e quella del lavoratore come soggetto esecutore delle prestazioni lavorative personali, ha portato i giudici a sancire un principio di non compatibilità tra la qualità di lavoratore dipendente di una società e la carica di amministratore unico della medesima.
Amministratore che svolge lavoro dipendente: criteri da verificare
Una volta stabilita l’astratta possibilità di instaurazione, tra la società e la persona fisica che la rappresenta e la gestisce, di un autonomo e parallelo diverso rapporto che può assumere le caratteristiche del lavoro subordinato, occorre accertarsi in concreto l’oggettivo svolgimento di attività estranee alle funzioni inerenti al rapporto organico e che tali attività siano contraddistinte dai caratteri tipici della subordinazione.
A tal fine, si terrà conto della sussistenza anche di elementi sintomatici della subordinazione, come ad esempio:
- la periodicità e la predeterminazione della retribuzione;
- l’osservanza di un orario contrattuale di lavoro;
- l’inquadramento all’interno di una specifica organizzazione aziendale;
- l’assenza di una pur minima organizzazione imprenditoriale;
- l’assenza di rischio in capo al lavoratore;
- la distinzione tra importi corrisposti a titolo di retribuzione da quelli derivanti da proventi societari.
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