I detenuti sono tra i soggetti più esposti al rischio di contagio del coronavirus. Dopo le rivolte di questi giorni, c’è chi pensa all’amnistia e all’indulto come soluzione. Ma è davvero possibile?
La situazione nelle carceri italiane si fa critica: incendi, rivolte e sommosse contro guardie penitenziarie e Forze dell’ordine a causa dei provvedimenti contro il coronavirus. Dall’8 marzo sono vietate le visite dei parenti e l’ingresso dei volontari per evitare che i detenuti vengano contagiati e che diffondano il virus a macchia d’olio.
Dai radicali arriva la proposta di amnistia e indulto per i reati meno gravi, in modo da sfoltire il numero dei detenuti e quindi contenere il rischio dell’epidemia. Non tutti sono d’accordo: il Pd preferirebbe convertire la pena negli arresti domiciliari fino alla fine dell’emergenza sanitaria, mentre non ci sono ancora dichiarazioni da parte della Destra, storicamente molto restrittiva su amnistia e indulto.
Nel frattempo la situazione in molti istituti di detenzione sta precipitando: 6 morti a Modena e 50 evasi a Foggia, e molte proteste non sono ancora state sedate.
Perché i detenuti sono così a rischio
Le rivolte di queste ore fanno emergere un quadro drammatico, che in ogni caso non può giustificare gli episodi di violenza nei confronti delle guardie penitenziarie. Quello che più spaventa è che se la COVID-19 si diffondesse tra i detenuti il contagio sarebbe immediato e inarrestabile. Il motivo principale risiede nel sovraffollamento degli istituti penitenziari, cosa che costringe i detenuti a distanze molto ravvicinate e a dividere tutti gli spazi, compresi bagno e doccia. Condizioni che rendono impossibile il rispetto delle misure di prevenzione, ovvero evitare luoghi affollati, contatti ravvicinati e mantenere la distanza di sicurezza di almeno un metro. Inoltre è difficile far cambiare l’aria e rispettare le norme di pulizia e sanificazione. Tutti questi elementi, potrebbero far scoppiare vere e proprie epidemie all’interno degli istituti di detenzione.
Le misure contro il coronavirus adottate in carcere fino ad ora
Per scongiurare i rischi, nell’ultimo decreto sul coronavirus, il Governo ha previsto alcune misure restrittive specifiche per il carcere: in tutti gli istituti, case circondariali e di reclusione e centri per minori, sono vietate le visite dei familiari e l’ingresso del personale volontario. Questo per ridurre al minimo i contatti con l’esterno e quindi limitare le probabilità che il virus arrivi ai detenuti. Questa regola vale sia nelle Regioni del Nord che in quelle del Sud, anche se secondo il parere di molti, è un provvedimento senza dubbio utile ma che arriva in ritardo.
Invece, già da diverse settimane, la Protezione civile ha montato dei tendoni per il triage dei nuovi arrivati nelle zone particolarmente colpite dal contagio, e si prevede l’ampliamento della misura anche in altri istituti.
Chi decide su amnistia e indulto?
Quella avanzata dalla radicale Rita Bernardini è una proposta forte che divide l’opinione pubblica: da una parte c’è chi ritiene che le condizioni dei carcerati non siano la priorità del Paese e dall’altra chi pensa che l’unico modo per scongiurare l’epidemia sia ridurre la popolazione carceraria, quindi svuotare i centri di detenzione. Tuttavia l’ultima parola spetta al Parlamento: ogni proposta di amnistia e indulto richiede l’approvazione a maggioranza qualificata dei ⅔ dei componenti di ciascuna Camera.
Il Pd, invece, propone una soluzione di compromesso: mandare agli arresti domiciliari quei detenuti che sono vicini all’espiazione della pena. Anche l’Iran si è mosso in tal senso, ordinando il trasferimento di ben 54mila detenuti.
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