L’anticipo del TFR in busta paga, riconosciuto dal Governo Renzi, cessa di esistere: d’ora in avanti la quota maturata non potrà essere più corrisposta con lo stipendio mensile.
La possibilità di chiedere l’anticipo del TFR in busta paga è stata introdotta dal Governo Renzi, con la Legge di Stabilità per il 2015 (190/2014).
Con questa è stato concesso ai lavoratori dipendenti del settore privato - ad eccezione di quelli domestici o impiegati nel settore agricolo - di richiedere al datore di lavoro la liquidazione della quota maturanda del trattamento di fine rapporto sotto forma di integrazione mensile sullo stipendio.
Si tratta di una facoltà riservata ai lavoratori impiegati da almeno 6 mesi in azienda, mentre la decisione è irrevocabile (ma solo fino al 30 giugno 2018).
Come noto il TFR è quella somma che ogni mese il datore di lavoro trattiene dallo stipendio del dipendente; questa viene accantonata, per poi essere corrisposta - o meglio, restituita - al lavoratore una volta cessato il rapporto di lavoro. Con lo strumento introdotto dal Governo Renzi, quindi, è stato concesso al lavoratore di decidere di non far trattenere la parte di TFR, ma di corrisponderla ogni mese in busta paga.
È importante sottolineare, però, che si trattava di una misura sperimentale in scadenza il 30 giugno 2018; per questo motivo, come confermato dall’INPS con il messaggio numero 2791 del 10 luglio, dal momento che da parte del legislatore non c’è stato alcun provvedimento di proroga o reiterazione non è più possibile chiedere l’anticipo del TFR in busta paga.
Niente anticipo del TFR in busta paga
Con la scadenza della fase sperimentale, quindi, l’anticipo del TFR cessa di essere un’opportunità per i lavoratori. Per questo motivo d’ora in avanti nessun lavoratore potrà chiedere alla propria azienda di pagare ogni mese la quota di TFR maturata.
Il TFR, quindi, dovrà essere accantonato dall’azienda o in alternativa versato al Fondo di tesoreria o ad un fondo pensione.
Per lo stesso motivo i datori di lavoro non sono più tenuti a pagare in busta paga la quota di trattamento di fine rapporto per quei dipendenti che hanno aderito alla fase sperimentale e quindi ne hanno fatto richiesta in questi anni.
Anticipo TFR: quando si può ancora richiedere?
Ci sono alcuni casi, però, in cui il dipendente può ancora richiedere l’anticipo del TFR, ma non mensilmente in busta paga come previsto nella suddetta fase sperimentale.
Nel dettaglio, è l’articolo 2120 del Codice Civile a riconoscere al lavoratore che ha almeno 8 anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro di richiedere a questo un anticipo del TFR non superiore al 70% dell’importo maturato fino a quel momento.
La richiesta per essere accolta deve essere motivata da una delle seguenti motivazioni:
- necessità di far fronte ad eventuali spese sanitarie per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche;
- acquisto di una prima casa (per sé o anche per i propri figli). In tal caso la richiesta va documentata con l’atto notarile;
- far fronte alle spese da sostenere durante i periodi di fruizione dei congedi parentali nei primi 8 anni del bambino (questa possibilità, riconosciuta dalla legge 53/2000, comprende ad esempio le adozioni internazionali);
- periodo di congedo (non retribuito) per la formazione extra lavorativa o continua (riconosciuto sempre dalla legge 53/2000).
La richiesta di anticipo deve essere presentata dal dipendente; a sua volta il datore di lavoro deve soddisfarla entro i limiti del 10% degli aventi titolo e del 4% del numero totale di dipendenti.
Prima di concludere ricordiamo che quelle appena indicate sono le regole generali, ma che sia i CCNL che i patti individuali possono prevedere delle norme più favorevoli per i dipendenti. Per maggiori informazioni in merito vi consigliamo di leggere il nostro articolo dedicato, “Anticipo TFR: come e quando è possibile richiederlo?”
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