Slitta l’aumento previsto per i dipendenti pubblici delle funzioni centrali: vediamo quando dovrebbero arrivare l’incremento dello stipendio e gli arretrati, finora attesi con la busta paga di marzo,
Niente aumenti per i dipendenti delle funzioni centrali. O, almeno, non subito. Slittano infatti gli aumenti salariali che sarebbero dovuti scattare al più tardi da marzo e che, invece, potrebbero non arrivare prima di altri due mesi.
Il nuovo contratto è stato firmato il 5 gennaio, quando è stato sottoscritto dai sindacati e dall’Aran, l’agenzia che porta avanti le trattative contrattuali con il governo per i dipendenti pubblici. Quel contratto, però, si è poi arenato e ancora oggi è fermo al ministero dell’Economia, dove sarebbero in corso dei controlli.
Le verifiche, come spiega il Messaggero, sembrano essere sostanzialmente formali e riguarderebbero alcune modiche al testo richieste da via XX Settembre. Non ci sarebbero comunque problemi finanziari, il che dovrebbe voler dire che gli aumenti non verranno ritoccati. Al momento, invece, si ragiona su alcune possibili correzioni all’accordo che, come detto, riguardano soprattutto il testo.
A quanto ammontano gli aumenti per gli statali
Il nuovo contratto prevede per i dipendenti pubblici un aumento che va da un minimo di 63 euro mensili lordi fino a un massimo di 117 euro lordi mensili per i funzionari di alto grado. Inoltre per gli statali è previsto anche un ulteriore rimborso: considerando che la firma è arrivata alla fine del triennio, nel 2021, scattano anche gli arretrati dovuti ai dipendenti pubblici.
Gli arretrati andranno da un minimo di 970 a un massimo di 1.800 euro, ovviamente cifre che variano in base al ruolo ricoperto e alle funzioni svolte dal lavoratore. Inoltre gli arretrati arriveranno anche alle persone che hanno lasciato il lavoro tra il 2019 e il 2021.
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Slittano gli aumenti, ecco quando arriveranno
Gli aumenti dovevano essere pagati a partire già dal mese di marzo. E sempre nella busta paga di marzo era previsto l’arrivo degli arretrati per i dipendenti pubblici. Con il rinvio - ormai inevitabile - e il testo ancora fermo al Mef, l’arrivo di aumenti e arretrati dovrebbe scattare solamente a partire da maggio.
L’ipotesi è che ci vogliano altri due mesi, salvo un’imprevista e improvvisa accelerazione che al momento sembra comunque esclusa. Dopo il via libera del ministero dell’Economia, infatti, l’iter non si conclude: il testo passerà poi alla Corte dei Conti.
La procedura della magistratura contabile dura, da prassi, 15 giorni: un tempo già prefissato quindi. Poi si attende la firma definitiva in Consiglio dei ministri, che non dovrebbe arrivare prima di Pasqua.
Considerando tutte queste tempistiche tecniche sembra ragionevole pensare che aumenti e arretrati scatteranno con la busta paga di maggio e non prima. L’unica ipotesi che cambierebbe le carte in tavola è quella di anticipare il pagamento degli arretrati con un cedolino diverso. Ma in questo caso si parlerebbe solamente degli arretrati e non degli aumenti.
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