Durante l’incontro con i sindacati sulla legge di Bilancio 2023, la presidente Meloni ha spiegato che il governo si impegna ad abbattere ancora il cuneo fiscale e far crescere le buste paga nel 2023.
Il governo Meloni si impegna a far aumentare ancora gli stipendi dei lavoratori e abbattere il costo del lavoro per le imprese. A dirlo è stata la stessa presidente del Consiglio ai sindacati, aprendo a una serie di tavoli tematici con le parti sociali a partire da gennaio, per fare di più rispetto agli interventi in legge di Bilancio.
Secondo l’inquilina di Palazzo Chigi sul taglio del cuneo fiscale è stato dato “un segnale”. Tuttavia, ha ammesso che “va fatto di più” e per questo ha assicurato che l’esecutivo “andrà avanti”. Tradotto vuol dire che, al di là delle “scelte di emergenza” fatte con questa manovra, già a partire dal 2023 si cercherà di fare uno sforzo aggiuntivo per favorire sia i lavoratori dipendenti che i datori di lavoro. L’obiettivo viene definito “una priorità”.
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I sindacati hanno chiesto profonde modifiche alla manovra durante l’incontro di oggi a Palazzo Chigi, con la Cisl che rileva “grande disponibilità del governo” anche “ad attivare subito tavoli tematici”. Non ci saranno variazioni sostanziali, ma solo lievi modifiche, e per questo i sindacati continuano a criticare l’esecutivo, ma ci saranno degli incontri ad hoc per provare a fare di più su alcuni temi.
Ad esempio il 12 di gennaio ci sarà un tavolo al ministero del Lavoro su lavoro e sicurezza, mentre il 19 partirà il confronto politico sul sistema della previdenza e delle pensioni. E ancora, ci sarà un tavolo su politica industriale e aiuti e imprese al ministero delle Imprese e uno per rafforzare la tassazione sugli extraprofitti al ministero dell’Economia.
Stipendi, cosa farà il governo Meloni nel 2023
L’obiettivo del governo, come chiarito anche nel discorso con cui Meloni ha chiesto la fiducia a Camera e Senato, è arrivare a un taglio di 5 punti percentuali del cuneo fiscale entro il 2027. Questo dovrebbe valere almeno per tutti i redditi entro i 35mila euro, con uno sgravio che peserebbe per due terzi a favore del lavoratore e per un terzo a favore dell’impresa.
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Oggi il taglio è del 2% per i redditi entro quella soglia, aumentato al 3% nel 2023 per chi guadagna fino a 20mila euro annui. Tutto a favore dei lavoratori, con aumenti che arrivano fino a 400 euro all’anno. L’obiettivo per il prossimo anno, quindi, è provare ad alzare in parte queste percentuali, possibilmente dando qualcosa anche alle imprese, visto che già per questa manovra in molti nella maggioranza, assieme a Confindustria, premevano per un intervento del genere.
Se quindi le condizioni economiche lo permetteranno l’obiettivo minimo per il prossimo anno potrebbe essere portare il taglio al 3% a favore di tutti coloro che guadagnano meno di 35mila euro o concedere l’1% in più alle imprese per ridurre i loro costi per la gestione dei dipendenti. Quindi: ogni mese qualche decina di euro da pagare in meno per l’azienda o in più da incassare per il lavoratore.
Aumenti in busta paga, le richieste di sindacati e Confindustria
Secondo i sindacati su salari e pensioni servirebbe una risposta molto forte per contrastare l’inflazione a doppia cifra, che non accenna ad abbassarsi.
«Avevamo chiesto - dice il segretario della Uil Pierpaolo Bombardieri - di detassare la tredicesima, di detassare gli aumenti contrattuali e in manovra non c’è nessuna misura. C’è un intervento sul cuneo fiscale, ma parziale, secondo noi è insufficiente. E ci sono tre grandi problemi». Si tratta del ritorno dei voucher, che “significa mettere in discussione lavoratori e contratti in due settori dove già il lavoro precario ed il caporalato la fanno da padrona”. E poi tetto al contante e pace fiscale, ritenuti un favore agli evasori, oltre “alla mancata perequazione delle pensioni per tutti”.
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Il numero uno della Cgil, Maurizio Landini, spiega che aveva chiesto di “portare subito al 5% la riduzione del cuneo fiscale e introdurre il fiscal drag, cioè riconoscere un automatismo che rivaluti le detrazioni per tutto il lavoro dipendente, ma non ci sono state risposte, se non un generico ’dobbiamo vedere in base alle risorse che abbiamo’ e ci hanno raccontato che l’Unione europea non dà spazi per modificare la manovra”.
Anche Confindustria chiede uno sforzo nettamente maggiore sul tema del costo del lavoro. La richiesta è di un intervento shock da 16 miliardi per abbassare drasticamente il lordo che pesa sul datore di lavoro e concedere un aumento mensile anche di 100 euro ai dipendenti.
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