Le banche europee impegnate nella lotta al cambiamento climatico stanno in realtà sfruttando l’Amazzonia per il commercio di petrolio. L’accusa
Alcune banche europee sono state travolte oggi da pesanti accuse.
A riportarlo Reuters, che ha reso note le dichiarazioni di Stand.earth e Amazon Watch, secondo cui gli istituti di credito del Vecchio Continente avrebbero sfruttato l’Amazzonia per scopi di business (legati al petrolio), predicando al contempo il rispetto dell’ambiente e la lotta al cambiamento climatico.
Banche europee sotto accusa: l’accaduto
Secondo le accuse, alcuni istituti di credito avrebbero finanziato in maniera decisa le spedizioni di petrolio ecuadoriano verso le raffinerie statunitensi. Il tutto per un valore complessivo di 10 miliardi di dollari negli ultimi dieci anni.
Tra le banche europee che si sono dette impegnate nella lotta al cambiamento climatico, ma che sono emerse come le maggiori finanziatrici di queste operazioni troviamo:
- ING
- Credit Suisse
- Natixis
- BNP Paribas
- UBS
- Rabobank
- Dutch Bank
I suddetti istituti di credito hanno ribadito la propria adesione agli impegni green e ai principi dell’Accordo di Parigi del 2015, la volontà di proteggere le foreste e il sostegno degli obiettivi di sviluppo sostenibile sanciti dall’ONU.
Eppure, hanno continuato le accuse, dietro i proclami si è nascosto per anni lo sfruttamento dell’Amazzonia, area fondamentale nella regolazione climatica terrestre.
Secondo i dati citati da Reuters ad oggi il 15-17% della stessa è stato già distrutto sia per attività agricole che estrattive.
“Così stanno violando lo spirito delle loro stesse politiche ambientali”,
ha dichiarato Tyson Miller di Stand.earth, una delle associazioni ambientaliste che ha denunciato l’accaduto.
Le reazioni degli istituti
Alcuni istituti di credito citati dalle accuse (Natixis e Dutch Bank) hanno dichiarato a Reuters la volontà di aspettare le conclusioni del report prima di commentare.
Rabobank ha invece confermato di aver terminato i finanziamenti ai cargo petroliferi a inizio 2020, mentre UBS ha dichiarato di aver bloccato alcune transazioni.
BNP si è scagliata contro la metodologia utilizzata nella stesura del report, mentre Credit Suisse ha ribadito di aver già riesaminato le sue politiche di rischio socio-ambientale.
Le reazioni delle banche europee comunque non sono servite a distogliere l’attenzione dall’indagine e dalle accuse lanciate dagli ambientalisti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA