L’agenzia di rating Moody’s lancia l’allarme sui rischi di una recessione prolungata. Se dovesse durare per altri trimestri ci saranno conseguenze negative per le banche italiane
Il contesto economico è importante, e se la recessione tecnica diventa contrazione duratura del Pil ci saranno conseguenze per le banche italiane. È chiaro il messaggio che Moody’s lancia al governo: non sottovalutare il rallentamento dell’economia. Se la recessione si rivela ostinata, e dunque dura per altri trimestri, aumenteranno i prestiti non performing e, alla lunga, ci saranno effetti sul capitale bancario.
Il contesto negativo italiano aumenta i rischi per le banche
L’avvertimento dell’agenzia di rating assume contorni ancora più foschi alla luce delle previsioni di crescita del Pil italiano da parte della Commissione Europea, pericolosamente vicine allo zero. Lo 0,2% in più del Pil nel 2019, inoltre, grazie alla manovra approvata a Dicembre e al Decretone che ha reso legge Quota 100 e reddito di cittadinanza, sarà conseguito con l’incremento di consumi privati, e in misura solo minore con gli investimenti.
Il Ministro di Economia e Finanze Giovanni Tria ha speso molte parole nelle scorse settimane per rassicurare investitori internazionali e istituzioni sulla solidità del sistema finanziario ed economico. E anche oggi si è detto ottimista, precisando come l’intento del Mef sia quello di attuare le politiche economiche dell’esecutivo, piuttosto che ripensare a eventuali manovre correttive.
Un’iniezione di fiducia senz’altro necessaria per tranquillizzare gli operatori, ma il rischio, come dimostrano ancora gli effetti della crisi economica del 2008, è sempre sul lungo periodo. Ma perché sarebbe proprio il comparto bancario italiano a correre particolari rischi, se è l’intera economia europea a rallentare?
L’allarme di Moody’s per gli istituti di credito
L’allarme viene lanciato in un report diffuso da Moody’s nella giornata delle trimestrali del comparto bancario italiano. Lo stock dei non performing loan è oggi pari a 200 miliardi di euro, un livello altissimo rispetto agli 80 miliardi del 2008, quindi non servirebbe una crisi altrettanto funesta - è il messaggio fra le righe - per scatenare conseguenze negative. Il picco di Npl è stato toccato nel 2015, con 340 miliardi di euro: tutti gli istituti ne sono stati colpiti, e qualcuno è fallito. L’afflusso è tornato a livelli pre-crisi 2008 solo lo scorso anno, ma l’aggravarsi della situazione attuale non permetterebbe alle banche di operare le strategie di de-risking con conseguente incremento di Npl.
Una grave recessione rappresenterebbe, insomma, una minaccia per gli istituti di credito poiché essi operano in un contesto interconnesso, che deve mantenersi solido affinché l’appetito degli investitori rimanga sostenuto. Per tali ragioni Moody’s sottolinea come la situazione economica favorevole sia fattore necessario per mantenere alta la propensione a investire negli Npl.
In questi giorni i principali istituti di credito (Unicredit, Intesa, MPS, Mediobanca, Banco BPM) hanno rilasciato le trimestrali (quasi tutte positive) relative all’ultimo trimestre del 2018.
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