È lo strumento fondamentale per la misurazione delle performance di un’organizzazione in ambito Esg e della loro comunicazione agli stakeholder.
La richiesta crescente di trasparenza dal mercato e dai tanti stakeholder che lo popolano si traduce nel bisogno da parte delle organizzazioni di misurare e di rendere conto delle proprie performance di sostenibilità dal punto di vista economico, ambientale e sociale e del loro reale impatto sul territorio e sulla comunità.
Uno degli strumenti per farlo è il bilancio (o report) di sostenibilità, un documento che comunica in modo trasparente e obiettivo gli impegni e risultati di un’azienda in ambito Csr (Corporate Social Responsibility), siano essi positivi o negativi.
La pubblicazione di un bilancio di sostenibilità, così come espresso dalla direttiva 2014/95 dell’UE in materia di rendicontazione non finanziaria, a oggi è obbligatoria per le società madri di grandi dimensioni e enti di interesse pubblico come banche, società quotate in borsa, assicurazioni ecc..) con più di 500 dipendenti, ma anche per gli enti operanti nel Terzo Settore. È volontaria, invece, per le piccole e medie imprese.
Questo quadro normativo è però destinato a cambiare: nel 2021 la Commissione Europea ha definito la Direttiva Reporting Societario di Sostenibilità (o Csrd, Corporate Sustainability Reporting Directive) secondo la quale dal 2024 la redazione del bilancio di sostenibilità diventerà obbligatoria per tutte le aziende con più di 250 dipendenti, un fatturato superiore ai 40 milioni di euro e un totale attivo di almeno 20 milioni.
Un allargamento considerevole della platea di riferimento, che coinvolgerà 50.000 società in Europa e circa 6.000 aziende italiane. È da considerare inoltre l’effetto a cascata: tutte le imprese coinvolte dall’obbligo di rendicontazione dovranno includere nella propria reportistica anche le performance di sostenibilità dei propri fornitori, di qualunque dimensione essi siano: in quest’ottica, anche Pmi e micro-imprese per restare competitive dovranno quindi poter comprovare il proprio impegno per le tematiche Esg.
Modelli e linee guida per la rendicontazione: i Gri Standards
Nel giro di qualche anno, dunque, redigere un report di sostenibilità in maniera appropriata dovrà diventare una pratica sempre più adottata nelle organizzazioni: queste possono avvalersi di modelli predefiniti e linee guida condivise che, se seguite, garantiscono l’accuratezza e la completezza di un report.
Tra i framework di riferimento esistenti, il modello più diffuso e utilizzato dalle aziende per realizzare un bilancio di sostenibilità è quello del Global Reporting Initiative (Gri), un ente internazionale senza scopo di lucro nato nel 1997 che ha formulato un set modulare e interconnesso di standard e indicatori di riferimento - che verrà ulteriormente aggiornato e affinato dal mese di gennaio 2023 - per rendicontare la materialità dell’impresa e il suo impatto ambientale, sociale ed economico.
I Gri Standards possono essere utilizzati da ogni tipo di impresa - a prescindere dalle dimensioni o dal settore merceologico - per presentare agli stakeholders un report validato da metodologie comuni e riconosciuto internazionalmente.
Questi indicatori consentono la scrittura del report in due modalità:
- “Core”, contenente le informazioni minime necessarie a definire la natura dell’organizzazione;
- “Comprehensive”, modalità più approfondita che si concentra anche sul profilo etico, sulla strategia e sulla governance dell’azienda.
Uno dei primi passi da compiere per la realizzazione di un bilancio di sostenibilità è l’analisi di materialità, necessaria a definire quali sono i temi rilevanti del mondo aziendale che "meritano” di essere rendicontati all’interno del report. Quelli che, ragionevolmente, riflettono gli impatti principali dell’organizzazione su ambiente, economia e società e che determinano quindi le decisioni degli stakeholder.
Riguardando processi e strutture interne di un’organizzazione, uno dei rischi di quest’opera tutt’altro che banale è l’autoreferenzialità: per questo motivo, onde garantire maggior rigore metodologico, è spesso prezioso il coinvolgimento di professionisti esterni e indipendenti dall’impresa.
Come si scrive un bilancio di sostenibilità: norme redazionali e tone of voice
Fermo restando che ogni report può avere una struttura e un’indicizzazione diversa in base appunto delle diverse materialità rendicontate, anche per quanto riguarda la parte più propriamente redazionale di un report di sostenibilità può essere utile osservare alcune best practice e gli elementi ricorrenti tra i documenti redatti e pubblicati negli ultimi anni.
Il report è solitamente aperto da una lettera agli stakeholders, in cui l’organizzazione presenta il proprio operato, ne anticipa alcuni highlights e ringrazia tutti i soggetti interni ed esterni che sono stati coinvolti per la realizzazione del report. È qui che il vertice aziendale sottolinea l’importanza della sostenibilità per l’organizzazione e ne descrive la vision e le priorità strategiche.
Dovendo raccontare, di fatto, le proprie performance in ambito Esg, il tone of voice del report di sostenibilità dovrebbe avere un taglio narrativo per essere il più possibile d’appeal per i lettori. Deve avere rigore scientifico e precisione nel riportare i numeri e i dati, ma allo stesso tempo essere coinvolgente e non eccessivamente tecnico o formale, così da essere accessibile e comprensibile ai diversi stakeholder cui si rivolge.
Schemi, tabelle e infografiche sono elementi utili ad “alleggerire” il report e a chiarire graficamente alcuni dati fondamentali descritti nel documento. In quest’ottica, è importante presentare i risultati conseguiti confrontandoli (anche visivamente, tramite apposite matrici) ai Sustainable Development Goals (Sdgs) dell’Agenda 2030, punto di riferimento universale per lo sviluppo sostenibile.
L’organizzazione del documento e la sua fruibilità sono aspetti fondamentali: qualsiasi report redatto in conformità ai Gri Standards dovrà ad esempio includere un indice dei contenuti Gri (Gri Content Index), completo di numero di pagina o link interno al documento per consultare il report e rintracciare facilmente tutte le informative oggetto di rendicontazione.
Non ci sono invece indicazioni precise sulla lunghezza del report di sostenibilità: il numero di capitoli di un documento (relativi ad altrettanti temi di materialità considerati, come i fornitori, i processi produttivi, il welfare aziendale, le politiche occupazionali ecc..) dipende dalle dimensioni e dalla complessità organizzativa dell’azienda.
Al di là del numero di pagine, comunque, quella della rendicontazione non finanziaria è un’attività complessa, lunga (mediamente occorrono almeno 3-4 mesi) e onerosa per l’azienda, che deve tra l’altro rispettare una certa periodicità - solitamente annuale - nella pubblicazione di un report.
Un simile sforzo organizzativo è però giustificato dal fatto che un bilancio di sostenibilità presenta nuove opportunità e diversi benefici per l’azienda: interni anzitutto, perché si riflettono in una migliore autoanalisi e gestione dei rischi e dei processi organizzativi, ma anche esterni, considerata la visibilità positiva che un buon report può generare per l’organizzazione e l’opera reputazionale su cui è necessario investire per avere un vantaggio competitivo in un mercato sensibile più che mai alla sostenibilità sotto ogni punto di vista.
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