La discesa contemporanea di azioni e obbligazioni sta mettendo in crisi la classica asset allocation
Tradizionalmente le asset allocation suggerite dai principali consulenti e analisti finanziari prevedono, nelle forme più semplici, una ripartizione tra azioni e obbligazioni.
La cosa non è strana ed ha perfettamente senso. Azioni e obbligazioni sono le classi di investimento che hanno reso di più. Più della liquidità, più dell’oro, più delle materie prime.
Ma non è tutto. Storicamente, azioni e obbligazioni sono state discretamente decorrelate. Cioè, spesso quando le azioni scendono i bond salgono. Non è una decorrelazione perfetta, ma comunque lo è stata abbastanza.
Azioni e obbligazioni, una decorrelazione favorevole
Così gli investitori, utilizzando strumenti abbastanza semplici come le azioni e i bond, hanno potuto costruire dei portafogli redditizi e relativamente poco volatili.
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Ad esempio, durante la crisi del 2008 chi avesse investito tutto in azioni avrebbe perso il 36% (indice S&P500). Tuttavia, un portafoglio 50% azioni e 50% obbligazioni, grazie al rally obbligazionario, avrebbe perso solo l’8%. Non male in un anno in cui il sistema finanziario sembrava stesse per crollare.
Ancora meglio andò durante il Mercato Orso di inizio 2000. Tra il 2000 e il 2002, un investimento 100% su S&P500 avrebbe trasformato 10.000 dollari in circa 6.250 dollari, con una perdita del 37,5%. Tuttavia, un portafoglio 50-50 ribilanciato annualmente avrebbe provocato una perdita solamente del 3%. I nostri 10.000 dollari sarebbero stati sostanzialmente preservati.
Insomma, i bond hanno fatto il loro lavoro di dare stabilità al portafoglio. Nel 2022, però, la cosa non ha funzionato.
Anno 2022, cambiano le regole?
Veniamo a oggi. Da inizio anno i bond Usa 10-20 anni perdono circa il 17%. L’indice S&P500 circa il 19%. Quest’anno chi scappa dalle azioni per paura del Bear Market non sta trovando conforto nei bond. E chi si era già posizionato da inizio anno con un portafoglio diversificato non sta traendo particolare giovamento da questa diversificazione.
Il motivo? Semplice, l’inflazione. L’inflazione rappresenta un problema notevole per gli investitori, perché porta con sé il rialzo dei tassi.
Quindi penalizza i bond, i cui prezzi scendono quando i rendimenti salgono. E penalizza le azioni, perché queste se da un lato possono vendere a prezzi via via più alti per contro vedono aumentare i costi di produzione e, inoltre, i tassi più elevati rendono più basso il valore attuale dei flussi di cassa futuri attesi e quindi più basso il valore delle aziende nel loro complesso.
Si può sfuggire?
Cosa fare in questa situazione di alta inflazione
Con azioni e obbligazioni in discesa, non è facile difendersi. Tuttavia, quando tutto scende la cosa migliore da fare è tenere liquidità. Certo, con l’inflazione elevata il «cash» si deprezza anno dopo anno, ma come si vede dalle performance da inizio anno il deprezzamento è inferiore rispetto al calo di azioni e obbligazioni.
Inoltre, soprattutto le azioni scendono spesso molto velocemente e presto potremmo avere dei prezzi interessanti e convenienti. A quel punto si potrà iniziare a comprare qualcosa.
Insomma, un aumento temporaneo della liquidità in portafoglio potrebbe essere una buona opzione. Non certo per il lungo termine, ma per avere la necessaria «provvista» quando i prezzi delle azioni, e perché no anche delle obbligazioni, inizieranno a essere convenienti.
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