Borse sull’ottovolante mentre il reddito fisso sforna prodotti per investire con payout da ponderare caso per caso. Eccone uno in esame
Da giorni l’economia reale e i mercati finanziari vanno cercando la quadra e la bussola sul come dipanare la matassa dazi. Ormai si vive sull’ottovolante delle notizie: a quali Stati vengono applicati e a chi no, a quali beni sì e a quali no e con quali tariffe.
Un ginepraio difficile da seguire, anche per gli addetti ai lavori: quello che si ascolta al mattino potrebbe non valerlo più la sera e viceversa.
In questo marasma di eventi il piccolo investitore cerca anzitutto un modo per proteggere il capitale, magari abbinandolo a un rendimento positivo. Sul reddito fisso le emissioni corporate e sovrane non mancano, il “problema” come sempre è il districarsi al meglio. Vediamo, per esempio, come funziona questo bond in euro a 10 anni con cedola fissa 4,75% il primo e poi variabile fino al 4,75%.
L’obbligazione a 10 anni di banca Unicredit
Nei giorni scorsi banca Unicredit ha emesso una dual tranche retail in euro con strutture dei rendimenti misti, ossia fissa e variabile. A mutare sono principalmente le durate dei prestiti obbligazionari e i payout. Il bond più lungo dei due ha 13 anni e lo abbiamo già esposto in un precedente articolo, per cui analizziamo l’altro.
Il bond ha codice ISIN IT0005645129 ed è negoziabile sul sistema multilaterale EuroTLX e sul MOT di Borsa Italiana. Ha data emissione e godimento 10/04/’25, e fino al prossimo 28 aprile sarà emesso al 100% del valore nominale. Allo stesso valore avverrà il rimborso finale, previsto tra dieci anni e quindi al 10 aprile del 2035. Abbiamo detto che è un bond retail, ed in effetti il taglio minimo di sottoscrizione è di 1.000 €, al pari dei titoli di Stato emessi dal Tesoro.
Sul fronte delle spese bancarie, invece, andranno conteggiate le commissioni di compravendita e l’eventuale dossier titoli, se oneroso. Quanto allo Stato, la ritenuta sugli interessi è del 26% mentre l’imposta di bollo è del 2x1.000 su base annua sul valore dell’investimento al tempo della rendicontazione.
Ritorno annuo lordo e netto, minimo e massimo complessivo
Il payout previsto dall’emittente è del tipo variabile, cioè tasso fisso il 1° anno e poi variabile fino al termine. Nel dettaglio vale quanto segue:
- 4,75% lordo e 3,515% netto dal 10/04/’25 alla stessa data del ’26;
- tasso variabile dal 2° al 10° anno e determinato in ragione dell’andamento del parametro di riferimento aumentato da un margine fisso e noto a priori (1,40%). Il parametro di riferimento è l’Euribor a 3 mesi, codice ISIN EU0009652783), ed è il tasso di interesse al quale le banche europee si concedono reciprocamente prestiti a 3 mesi. Inoltre, la cedola variabile è ingabbiata in un range min-max, dato che non potrà mai essere inferiore allo 0,00% (floor) e mai superiore al 4,75% (cap).
Quanto alla periodicità, la cedola è annuale e posticipata, staccata ogni 10 di aprile o primo giorno utile lavorativo.
Data la presenza di un floor e cap possiamo calcolare il range mn/max di rendimento medio lordo racchiuso tra i due scenari estremi. Se nei 9 anni di parte variabile l’Euribor 3M si portasse costantemente sotto il –1,40%, cioè dello spread, l’unico payout sarebbe la cedola certa del 1° anno.
Dividendola per i 10 anni di vita utile del titolo ne verrebbe fuori uno 0,475% lordo annuo dal principio alla fine. Tuttavia, si tratta di uno scenario la cui probabilità di realizzazione è molto, molto prossima a zero. Lo storico dell’Euribor 3M non ha mai fatto così male per così tanti anni.
Nel caso opposto, invece, il ritorno lordo annuo sarebbe sempre del 4,75%.
Bond in euro a 10 anni con cedola fissa 4,75% il primo e poi variabile fino al 4,75%
Tra i punti di forza del bond c’è che la valuta di denominazione è in euro (zero rischio cambio), ed è positivo il fatto che la cedola sia annua e non cumulative, per esempio Tra i rischi, oltre a quello emittente va citato il rischio di liquidità e quello di mercato nel caso di liquidazione anticipata. L’ammontare del prestito è relativamente esiguo, mentre dopo il 28 aprile il prezzo del titolo fluttuerà liberamente in base alle dinamiche del mercato.
Infine c’è il rischio tassi, che al contempo potrebbe essere un pro e un contro. Se in futuro l’Euribor 3M fosse costantemente basso, il payout si attesterebbe nella parte bassa della forchetta. Tuttavia, la presenza dello spread potrebbe far sì che la cedola non fosse mai nulla.
Di contro la presenza del cap potrebbe tarpare le ali al payout in caso di futura fiammata dell’Euribor 3M. Scenario irrealistico? Non lo sappiamo, ma intanto c’è che ancora i rendimenti a medio-lungo termine non scendono più di tanto e che il bond ha uno spread incorporato. Se le tensioni fossero destinate a durare anni e anni, a giovarne sarebbe il rendimento medio annuo.
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