Buoni pasto durante le ferie, lo dice la Cassazione

Ilena D’Errico

18 Ottobre 2024 - 20:32

Secondo la Corte di Cassazione i buoni pasto vanno pagati anche durante le ferie. Ecco cosa cambia per i lavoratori.

Buoni pasto durante le ferie, lo dice la Cassazione

Di norma l’erogazione dei buoni pasto viene sospesa durante le ferie, tranne rare eccezioni. La stessa giurisprudenza ha sempre ritenuto legittima, con un orientamento nettamente favorevole, l’esclusione dei buoni pasto dalla retribuzione feriale. Eppure qualcosa sta cambiando. Per la Cassazione i buoni pasto vanno pagati anche durante le ferie, come stabilito dall’ordinanza n. 25840/2024, sulla scia di un precedente della Corte di Giustizia europea e in conferma di quanto stabilito dal tribunale di primo grado e in appello.

Si tratta di una decisione quanto meno innovativa, perché appunto contrastante con l’orientamento finora prevalente. Questo vuol dire che l’ordinanza potrebbe comportare una svolta significativa e cambiare la tutela dei lavoratori, ma anche che è decisamente presto per poter dare per assodata una deviazione della giurisprudenza. Di conseguenza, è opportuno agire con prudenza, sapendo tuttavia che ora c’è la possibilità di vedersi riconosciuti i buoni pasto durante le ferie.

Buoni pasto durante le ferie: cosa dice la Cassazione

Come anticipato, l’ordinanza n. 25840/2024 della Corte di Cassazione riconosce il diritto al pagamento dei buoni pasto durante i periodi di ferie del lavoratore. Come è più che noto ai lavoratori dipendenti, di solito la retribuzione durante le ferie non comprende questo trattamento economico, essendo appunto relativo alla spesa per il pasto che il personale deve sopportare nell’orario di pausa lavorativa.

Ci sono delle eccezioni, dovute alla volontà del datore di lavoro o al metodo di erogazione dei buoni stabilito, ma di norma durante le ferie non si percepiscono i buoni. Questo è stato a lungo anche l’orientamento della giurisprudenza, che potrebbe ora cambiare radicalmente. Non si tratta di una novità emersa dal nulla, a far strada a questa interpretazione, infatti, c’è stata una sentenza apripista della Corte di Giustizia europea.

Quest’ultima si muove a sua volta, come richiamato dalla stessa Cassazione, sulla direttiva 2003/88/CE, da cui viene tratto un principio molto più restrittivo. La direttiva, in particolare all’articolo 7, vieta gli interventi capaci di indurre il lavoratore dipendente a rinunciare alle ferie. Secondo il legislatore europeo, infatti, le ferie sono un diritto imprescindibile del lavoratore, che non solo non può esserne privato ma non deve nemmeno essere convinto a rinunciarvi.

La Corte di Giustizia europea ha così richiesto che la retribuzione percepita durante le ferie sia uguale a quella percepita durante i giorni lavorativi ordinari, al fine di non porre un vantaggio nella rinuncia al godimento del periodo di riposo. Quest’ultimo risulta indispensabile per preservare il benessere psicofisico dei lavoratori, inteso come riposo fisico e mentale, inclusi lo svago, la socialità e il tempo con gli affetti familiari.

Di fatto anche la Cassazione si pone sullo stesso punto di vista, stabilendo che la retribuzione delle ferie deve corrispondere voce per voce a quella percepita dal dipendente nei giorni ordinari, quando attinente alle mansioni e/o allo status professionale. Ciò permette, ad esempio, di escludere maggiorazioni legate al lavoro straordinario che sono legate all’orario svolto, e così via.

Con la recente ordinanza si assiste a un’ulteriore estensione di questo principio, che include anche l’erogazione dei buoni pasto, finora estromessi per via della loro natura di beneficio accessorio. La Corte, tuttavia, ha considerato il valore economico dei buoni pasto, che compongono materialmente la retribuzione ordinaria del lavoratore, pur essendo destinati a una finalità ben specifica.

Il riposo è un diritto di tutti i lavoratori che deve essere tutelato in modo puntuale, perciò la pronuncia della Cassazione potrebbe segnare un cambiamento importante, soprattutto considerando che il valore dei buoni pasto può - al giorno d’oggi e per la maggioranza dei lavoratori - risultare determinante nella scelta.

Non si tratta, però, di una regola ferrea. La cosa migliore sarebbe quindi invitare il datore di lavoro ad adeguarsi o proporre soluzioni alternative e soltanto in caso di diniego rivolgersi a un avvocato esperto nel diritto del lavoro che possa consigliare come agire secondo la situazione specifica. Di certo grazie alla Cassazione le possibilità di accoglimento di un ricorso in proposito salgono rispetto al passato.

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