Il nuovo terzo polo guidato da Calenda, in cui coinfluisce anche Italia Viva di Renzi, ha presentato il suo programma elettorale: come nel caso del centrodestra, però, c’è un problema di coperture.
Cancellazione dell’Irap, detassazione straordinaria sull’Irpef, nuovi incentivi per le imprese, riordino dell’Iva, salario minimo, aumento delle spese militari, investimenti in rigassificatori e termovalorizzatori e perfino gite gratis a Roma per i giovani. Sono tante le proposte in materia economica del terzo polo di Matteo Renzi e Carlo Calenda.
La nuova formazione ha presentato il suo programma elettorale, con cui guarda al centro e all’esperienza del governo Draghi, di cui si dice essere il prosecutore naturale. Il leader della lista, Calenda, ha infatti detto esplicitamente che lavora per far rimanere l’attuale presidente del Consiglio a Palazzo Chigi dopo le prossime elezioni del 25 settembre.
Il terzo polo, che fa dei conti in ordine e della serietà fiscale una delle sue bandiere, ha presentato coperture probabilmente insufficienti per tutte le sue proposte. Tuttavia, anche su questo, Calenda e Renzi continuano ad attaccare il centrodestra, che secondo i calcoli di Money.it, propone complessivamente delle misure per un costo annuo di 100-140 miliardi di euro, evidentemente troppo per le casse dello Stato. Vediamo le proposte della lista Azione-Italia Viva e quali sono le coperture che ha indicato.
Terzo polo, le proposte sul fisco
Partiamo dal fisco: il terzo polo propone una sostanziosa riduzione delle tasse. Calenda e Renzi vogliono aumentare la fascia di reddito che non verrebbe colpita dall’Irpef, semplificare le aliquote e introdurre due detassazioni: una strutturale per i giovani fino ai 29 anni (del 100% per gli under 25) e una straordinaria contro l’inflazione (con un’extramensilità fino a 2.200 euro “che le imprese potranno scegliere di erogare ai propri dipendenti”, proposta non molto diversa da quella del Pd).
Nella legge di Bilancio 2021 la decontribuzione al 30% per i lavoratori del Sud è costata 5 miliardi: le due detassazioni del Terzo Polo costerebbero almeno 10 miliardi. Impossibile, poi, ridurre l’Irpef a chi ha meno senza spendere qualche miliardo, a meno di alzare la tassa per chi ha di più: ipotesi difficilmente sostenibile da un’alleanza liberale.
E ancora: abolizione totale dell’Irap che grava molto sulle piccole e medie imprese (per un costo superiore al miliardo), riduzione dell’Ires, due sole aliquote per l’Iva e scivolo fiscale di due anni per le partite Iva che superano la soglia dei 65mila euro (oltre la quale non vale l’aliquota agevolata al 15%). Infine, la detassazione per la previdenza complementare a favore dei giovani. Tra quest’ultima e scivolo per le partite Iva si supera sicuramente il miliardo.
Salario minimo e aumento dei benefit aziendali
Quanto al lavoro si propone di arrivare a un salario minimo in linea con l’apposita direttiva europea, tramite una legge sulla rappresentanza sindacale che combatta i contratti-pirata e renda validi solo quelli firmati dalle maggiori organizzazioni di lavoratori e imprese. L’alleanza propone quindi di aumentare a 2mila euro, rispetto agli attuali 600, i benefit aziendali per i lavoratori, a tassazione ridotta o esentasse.
Le altre proposte
Tra le altre proposte ci sono i corposi investimenti su termovalorizzatori, impianti di trattamento bio-meccanico, impianti di smaltimento, con l’obiettivo di realizzarne 70 entro il 2035, per un costo di circa 10 miliardi di euro, contro i 2 previsti dal Pnrr. E non solo: completare il piano sui rigassificatori, provando ad anticipare la riduzione del 55% delle emissioni di CO2 rispetto al 1990 entro il 2030.
Inoltre Azione e Italia Viva vogliono “dare a tutti i giovani l’opportunità di andare a Roma con un viaggio pagato dal governo”, prevedendo “due notti in ostello”. E poi fornire un carnet con 10 ingressi gratuiti per teatri e mostre e un finanziamento extra alla carta stampata. Per queste misure culturali serve sicuramente più di un miliardo.
Quindi si vuole raggiungere il target del 2% del Pil di spese militari richiesto dalla Nato entro il 2025: serviranno 2,6 miliardi all’anno. E ancora: investire per ridurre entro un anno le liste di attesa nella sanità fino a un massimo di 60 giorni per le prestazioni programmate e 30 per le altre.
Dove prendere i soldi?
Tutte queste misure messe assieme costano almeno una ventina di miliardi all’anno per le casse dello Stato. Visto che il Pil secondo gli esperti nei prossimi mesi dovrebbe frenare la sua crescita (tra politiche monetarie restrittive, aggravarsi della crisi energetica e inflazione ancora alta), si pone il problema delle coperture.
Per trovare i soldi il Terzo Polo propone innanzitutto di aumentare e migliorare la lotta all’evasione, restituendo tutti i soldi recuperati ai cittadini. “Dal 2014 al 2019- si legge nel loro programma elettorale- il tax gap fiscale si è ridotto di 10 miliardi di euro (dal 22,6% al 18,5%). Uno degli obiettivi del Pnrr è portarlo al 15,8% entro il 2024. Questo obiettivo può essere raggiunto soltanto continuando gli investimenti nella digitalizzazione e al contempo semplificando e riducendo gli adempimenti”. E ancora, si parla di “maggiore efficienza nella riscossione” e “nuove regole per la gestione del magazzino dei crediti fiscali, che oggi conta 1100 miliardi, la maggior parte dei quali non esigibili”.
In pratica: investimento sulle tecnologie di riscossione (forse anche i big data, implementando il famoso algoritmo dell’Agenzia delle Entrate) e un vago accenno alla cancellazione dei debiti non esigibili per rendere più efficiente l’Agenzia. Si legge nel programma che entro il 2024 dovrebbero essere recuperati altri 10 miliardi di euro da investire nelle riforme proposte, secondo “i primi dati disponibili”, tutti ancora da confermare.
Perché è molto difficile realizzare il programma del Terzo Polo
Altra idea è ridurre gli acquisti della pubblica amministrazione, riportando i consumi intermedi al livello in cui sarebbero stati se fossero rimasti costanti in termini reali (Renzi e Calenda segnalano che le spese sono aumentate del 25% dal 2009 ad oggi, contro il 15% dell’inflazione). Obiettivo di questa sorta di spending review: recuperare circa 9 miliardi all’anno, contro i 7 trovati mediamente ogni dodici mesi dal 2014 ad oggi.
Per il resto si fa spesso riferimento proprio al Pnrr, da attuare fino in fondo per garantire la crescita del Paese e quindi i relativi spazi di bilancio dovuti al maggior gettito tributario. Una piena attuazione del Piano di Ripresa e resilienza, però, farà vedere i suoi effetti sul Pil solo tra il 2026 e il 2027: quando finirà la prossima legislatura e non ci sarà più tempo per mettere in campo le promesse elettorali.
In sostanza nei prossimi cinque anni ci potrebbero essere pochi spazi di bilancio disponibili oltre ai fondi già indirizzati del Pnrr. I 19 miliardi aggiuntivi che Calenda e Renzi vogliono recuperare da riscossione e spending review entro il 2024 sono un’obiettivo ambizioso da raggiungere e comunque rischiano di essere insufficienti.
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