Cashless e criptovalute: esercenti e associazioni milanesi abbracciano l’innovazione digitale ma evidenziano criticità ancora da superare. Cosa propongono per raggiungere l’adozione di massa?
Cashless e criptovalute rappresentano una leva di opportunità per gli esercenti chiamati a nuove sfide per stare al passo con i tempi e per rilanciare la propria competitività. La digitalizzazione dei pagamenti
è un processo ormai irreversibile, imposto in primis a livello istituzionale (PNRR2 e Legge Bilancio 2020), poi diventato necessario per superare la pandemia, ma supportato anche dalla diffusione di nuove tecnologie digitali.
Nel primo semestre del 2022 i pagamenti digitali in Italia sono aumentati del +22% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Secondo i dati dell’Osservatorio Innovative Payments della School of Management del Politecnico di Milano, il cashless potrebbe superare il contante entro i prossimi mesi, a meno di bruschi rallentamenti dei consumi, raggiungendo un valore di circa 400 miliardi di euro, pari al 40% del totale speso dagli italiani.
La digitalizzazione dei pagamenti offre molti benefici ai settori dei consumi fuori casa (Horeca) e retail: EPAM (Associazione Provinciale Milanese Pubblici Esercizi) e Confcommercio riconoscono tra i vantaggi la semplificazione dei processi a una maggiore sicurezza per gli esercenti, ma vedono anche delle criticità da superare per fare in modo che si raggiunga l’adozione di massa.
Nel corso dell’evento “Cashless e criptovalute, al bar al ristorante e non solo”, Money.it ha dato voce a chi ha già integrato con successo sistemi di pagamento digitale nella propria attività, un punto di vista fondamentale per capire come evolverà il sistema dei pagamenti cashless e in criptovalute.
Pagamenti digitali: i vantaggi per gli esercenti
Il pagamento smaterializzato non è più solo un connotato dell’e-commerce, ma può affermarsi anche come metodo per i consumi fuori casa e per tutto il mondo del retail. Perché questo accada è necessario che l’esercente riceva dei vantaggi per superare l’inerzia che lo lega ai metodi tradizionali.
Comodità e velocità dei pagamenti, minor numero di cancellazioni dell’ultimo minuto, maggior trasparenza nei confronti del cliente, minor rischio che il contante sparisca e soprattutto maggiore sicurezza personale (con riduzione degli episodi di furti e rapine) sono tra i fattori positivi riconosciuti dalla chef stellata Sara Preceruti (Ristorante Acquada), da Vittorio Borgia (Ceo Pasticcerie Baunilla e Ristoranti Biosserrì) e da Sebastian Luca Gatto (Ad Savini Group e consigliere EPAM).
Seppur in modi diversi, ognuno di loro ha integrato il digitale nel modello di business per creare connessioni tra le diverse aree di gestione e migliorare il processo di fidelizzazione dei clienti.
Non è un caso se nelle pasticcerie milanesi Baunilla si possa pagare solo cashless: ma da anni a Milano quasi la metà dei pagamenti che si effettuano in negozi, ristoranti e in altri esercizi commerciali avvengono tramite Pos, come confermano i dati di Confcommercio Milano, Lodi, Monza Brianza.
Cosa frena la diffusione del cashless
L’esigenza di esercenti e imprenditori è chiara: snellire e velocizzare il processo di pagamento per offrire ai clienti tutti gli strumenti che la tecnologia offre per pagare in modo sicuro e senza costi eccessivi.
Sono proprio le commissioni elevate uno dei tasti dolenti evidenziati dagli operatori del settore, già colpiti duramente dai rincari dovuti alla crisi energetica degli ultimi mesi. L’utilizzo del POS, attualmente la soluzione più diffusa tra gli esercizi, incide sui bilanci e rischia di frenare l’adozione di questi strumenti da parte delle attività più piccole o di quelle decentrate.
Per Marco Barbieri, segretario generale di Confcommercio Milano, sono le commissioni bancarie l’unico limite alla diffusione dei pagamenti digitali: «gli oneri a carico del commerciante sono troppo alti, pari all’1,5% per le carte di credito e all’1% per quelle di debito», a cui si devono aggiungere i costi fissi relativi al noleggio o acquisto del POS. Dopo l’introduzione dell’obbligo di accettazione dei pagamenti digitali, imposto dal Decreto PNRR 2 a partire dallo scorso luglio, non ci sono stati incentivi per gli esercenti, ma solo un sistema sanzionatorio.
«Potrebbe essere utile un intervento che riduca o elimini le commissioni sotto certi importi o che le calcoli in modo proporzionale alla spesa», ha concluso Barbieri.
Nessuna imposizione, quindi, ma vantaggi più evidenti per esercenti e consumatori. Sebastian Gatto, in qualità di consigliere EPAM, sottolinea la necessità di garantire ai clienti la semplicità di utilizzo e la sicurezza dei pagamenti digitali - che potrebbero presto avvenire anche tramite criptovalute - e allo stesso tempo rendere il pagamento immediatamente disponibile per l’imprenditore.
Dal cashless ai pagamenti con le criptovalute
Il limite delle commissioni potrebbe essere superato dall’adozione delle criptovalute come mezzo di pagamento nei bar, nei ristoranti e in altri esercizi di prossimità. A Roma esiste già Coinbar, un exchange di criptovalute ma anche un bar fisico che crea un ponte tra due mondi apparentemente lontani, dove si può pagare il caffè in criptovalute e partecipare a incontri che spiegano il funzionamento e l’utilizzo della tecnologia blockchain nella vita di tutti i giorni.
Rispetto ad altri sistemi di pagamento, le transazioni in criptovalute permettono di risparmiare dal 73% al 90% in termini di commissioni, con tempi di elaborazione del pagamento paragonabili a quelli con carta di credito, ha spiegato il fondatore di Coinbar, Antonello Cugusi.
Spetta però alle istituzioni educare i consumatori all’utilizzo di tutti gli strumenti digitali - criptovalute comprese - sottolinea Sebastian Gatto. Servono incentivi win-to-win per consumatori ed esercenti, vantaggi fiscali e una garanzia sulla validità e sui vantaggi di questi nuovi sistemi di pagamento.
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