La risposta all’interpello numero 470 del 7 novembre dell’Agenzia delle Entrate chiarisce che la cedolare secca al 10% si applica anche nei Comuni colpiti da calamità, ma solo quelli individuati dai provvedimenti dei Commissari delegati dal Consiglio dei Ministri.
La cedolare secca al 10% si applica anche ai Comuni colpiti da calamità naturali.
Per individuare tali Comuni bisogna far riferimento ai provvedimenti dei commissari delegati, in cui vi sono gli elenchi delle località colpite dagli eventi calamitosi, insieme ai criteri e alle modalità con cui far fronte alle emergenze.
Questo è quanto affermato dall’Agenzia delle Entrate nella risposta all’interpello numero 470 pubblicato il 7 novembre 2019.
La risposta dell’Agenzia delle Entrate fa riferimento al decreto legge numero 47 del 2014, che ha esteso la cedolare secca al 10% ai Comuni colpiti da calamità naturali e per i quali era stato decretato lo stato di emergenza.
Non essendoci un vero e proprio elenco ufficiale dei Comuni colpiti da calamità e in cui si applica l’aliquota agevolata al 10% sui contratti d’affitto stipulati, i contribuenti devono consultare i provvedimenti dei commissari delegati.
Dunque, si applica l’aliquota agevolata al 10% per gli affitti a canone concordato nei Comuni colpiti da calamità naturali come terremoti, alluvioni, inondazioni ma solo se tali località sono state individuate dai provvedimenti dei Commissari delegati.
Cedolare secca al 10% per calamità, in quali Comuni?
La risposta all’interpello numero 470 del 7 novembre 2019 dell’Agenzia delle Entrate chiarisce come individuare i Comuni in cui si può applicare la cedolare secca al 10%, quando colpiti da calamità naturali, anche se non rientrano in quelli qualificati ad alta tensione abitativa.
Per individuare tali Comuni i contribuenti devono far riferimento ai provvedimenti dei Commissari delegati dal Consiglio dei Ministri.
Per motivare la propria risposta l’Agenzia delle Entrate richiama il decreto legge numero 47 del 2014, che ha esteso l’applicazione della cedolare secca ridotta al 10% anche ai Comuni per i quali era stato deliberato lo stato d’emergenza.
Questa norma si applica anche ai contratti di locazione stipulati nei Comuni per i quali sia stato deliberato lo stato di emergenza negli ultimi cinque anni precedenti la data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, ovvero dal 2009 e fino al 2014.
Per eventi calamitosi si intende:
“calamità naturali o connesse con l’attività dell’uomo che, in ragione della loro intensità ed estensione debbono, con immediatezza d’intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo.”
Lo stato d’emergenza viene deliberato dal Consiglio dei Ministri, che ne fissa anche la durata, ne determina l’estensione territoriale e individua le risorse finanziarie necessarie. In seguito il CdM nomina un Commissario delegato, che si occupa della ricognizione dei fabbisogni.
Per l’Agenzia delle Entrate è proprio ai provvedimenti dei Commissari delegati che bisogna fare riferimento, perché contenenti tutte le informazioni necessarie: individuano i Comuni colpiti dagli eventi calamitosi, i criteri e le modalità con cui fronteggiare le avversità ambientali e i fondi economici a disposizione.
Cedolare secca al 10%, in quali Comuni si applica?
Si torna a parlare di cedolare secca con aliquota ridotta al 10% anche grazie alla conferma della tassazione agevolata nella Legge di Bilancio 2020.
Si tratta di un argomento delicato, poiché per i Comuni colpiti da disastri o calamità per ottenere la cedolare al 10% invece che al 21% bisogna prima procedere con l’individuazione dei centri colpiti.
Riassumendo, la tassazione agevolata sugli affitti può essere applicata per gli affitti stipulati in relazione ad immobili ubicati in tre tipologie di località:
- nei Comuni per i quali è stato deliberato lo stato di emergenza in seguito ad eventi calamitosi, nei 5 anni precedenti la data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge numero 47 del 2014;
- nei Comuni con carenze di disponibilità abitative, ovvero a Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia, nei Comuni confinanti con gli stessi nonché gli altri capoluoghi di provincia;
- nei Comuni ad alta tensione abitativa, individuati dal CIPE, il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica.
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