Cosa vuol dire scegliere la cedolare secca sugli affitti? Quando si può scegliere l’opzione, quanto di paga e come si calcola la tassazione separata per le locazioni con tutte le novità 2025.
La cedolare secca è un’opzione che può esercitare chi pone un immobile in affitto e che prevedeil pagamento un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali sul reddito derivante dai canoni di locazione. Si tratta di un regime fiscale opzionale (non obbligatorio, visto che se non si esercita l’opzione sul reddito che deriva dall’affitto si paga normalmente l’Irpef) che può essere scelto dal proprietario dell’immobile che decide di affittarlo.
Scopriamo cos’è la cedolare secca, come funziona, come si calcola e quanto si paga per chi la sceglie, ricordando che l’aliquota ordinaria prevista è al 21% in caso di canone libero, ma può scendere al 10% per i contratti di locazione a canone concordato. Vediamo pro e contro della scelta e quello si deve sapere su questo particolare regime di tassazione.
Cos’è la cedolare secca sugli affitti
Come anticipato, la cedolare secca è un’imposta ad aliquota fissa facoltativa, opzionale nei contratti di affitto tra privati. Se scelta, va a sostituire l’imposizione prevista dall’Irpef e le relative addizionali, comunali e regionali. Inoltre, per gli accordi sotto cedolare secca, non sono dovute né l’imposta di registro né tantomeno l’imposta di bollo per proroghe, risoluzioni e registrazioni.
Si tratta, quindi, di una via fiscale che punta alla semplificazione nonché all’agevolazione e che, in alcuni casi, significa anche risparmio nel pagamento delle imposte per il locatore. Va ricordato che non è obbligatoria: la cedolare secca può essere opzionata di anno in anno, sia all’inizio del contratto che negli anni successivi, soprattutto in caso di affitti pluriennali. Un’imposta alternativa non vincolante e che rispetta le stesse scadenze del versamento dell’Irpef (entro il 30 giugno e il 30 novembre di ogni anno per saldo e acconti).
Come funziona la cedolare secca: chi può sceglierla e quando si applica
Quando si parla di cedolare secca si devono considerare anche i contratti di locazione e, quindi, la regolarità in ogni frangente. Una volta appurato ciò, ci sono dei limiti da rispettare e delle condizioni di scelta da conoscere.
Chi può sceglierla: locatori e inquilini
La cedolare secca è un’imposta sostitutiva che il locatore può scegliere solo in caso di regolare contratto di locazione (registrato). Il locatore stesso deve essere una persona fisica, proprietaria dell’immobile o titolare del diritto reale di godimento. Inoltre, sia il locatore che l’inquilino non devono locare l’immobile nell’esercizio di attività di impresa o di arti e professioni.
Questa alternativa fiscale è essenzialmente rivolta agli immobili ad uso abitativo, anche in caso di locazioni brevi. Si tratta di una imposizione che è anche flessibile, dato che se si è in presenza di più locatori per una singola proprietà, ognuno può scegliere in autonomia se applicarla o meno, senza influenzare gli altri. I proprietari che non esercitano l’opzione dovranno pagare la loro parte tributaria per quanto concerne le imposte di registro e di bollo.
Su quali immobili si applica?
La cedolare secca può essere applicata sugli immobili delle categorie catastali da A1 ad A11, ad eccezione della categoria A10, relativa a studi privati e uffici. Tali immobili, come detto, devono essere destinati ad abitazione. Per le eventuali pertinenze catastali, le regole applicabili alla cedolare secca sono le medesime, anche se dovessero essere contrattualizzate separatamente.
L’unica estensione ammessa è quella relativa agli affitti di unità residenziali a enti senza scopo di lucro (no profit, onlus, associazioni culturali) o a cooperative edilizie per la locazione, purché siano sublocate a studenti universitari (ad esempio gli alloggi per i fuori sede).
Per gli immobili commerciali, invece, la cedolare secca è applicabile solo se i contratti di locazione sono stati stipulati entro e non oltre il 31 dicembre 2019, per le proprietà classificate nella categoria C1 e che presentano una superficie complessiva di 600 m², senza conteggiare le pertinenze. Da gennaio 2020, infatti, è decaduta l’opzione per gli affitti commerciali.
Quanto dura?
La cedolare secca può essere opzionata per tutta la durata del contratto. Se si sceglie all’inizio, si procede ad applicarla già dalla registrazione con il modello RLI. Se, invece, viene attuata negli anni successivi, la scelta deve essere effettuata entro 30 giorni dalla scadenza dell’annualità precedente; il modello di riferimento è sempre il medesimo (RLI). È bene precisare anche che l’articolo 3-bis del DL 34/2019 ha soppresso l’obbligo di comunicazione della proroga dei contratti in regime di cedolare secca.
Per il locatore è sicuramente un vantaggio poter scegliere di anno in anno quale regime adottare, soprattutto se vi sono oscillazioni di mercato o mutazioni di reddito personale, dato che la cedolare secca si applica solo per la porzione di reddito derivante dall’immobile in affitto. Ed è attuabile anche per le proroghe.
In caso di locazioni brevi (contratti di durata inferiore a 30 giorni) c’è un limite. Il regime di cedolare secca, dal 2021, può essere applicato solo se durante l’annualità il locatore destina non più di 4 immobili a questa finalità. Superata tale barriera, viene infatti considerata attività imprenditoriale, e va pertanto aperta una partita IVA, rispettando altri regimi.
Quanto si paga la cedolare secca sugli affitti?
Per la cedolare secca, nell’anno 2025, non vi sono variazioni di sorta rispetto alle regole base enunciate finora, fatta eccezione per gli affitti brevi a cui dedicheremo un paragrafo a parte. L’imposta sostitutiva ha un’aliquota fissa al 21% del canone di locazione annuo del contratto stipulato. Come anticipato, la tassazione può scendere al 10% per:
- contratti a canone concordato, limitatamente ad alcuni comuni;
- affitti a studenti universitari;
- contratti di affitto transitorio, vale a dire gli accordi per un periodo non inferiore a un mese e non superiore a 18.
Per i contratti a canone concordato, il riferimento preso in considerazione dalla legge è quello della disponibilità abitativa in un determinato territorio. Difatti il 10% si applica per:
- comuni con carenze abitative rispetto alla disponibilità immobiliare, tra i quali troviamo tutte le città metropolitane, come Milano, Roma, Napoli, Torino, Firenze, Bologna, Bari, i comuni confinanti con le stesse città e, comunque, tutti i comuni capoluogo di provincia italiani;
- i comuni ad alta tensione abitativa individuati dal CIPE;
- luoghi soggetti a calamità naturali e sottoposti a stato di emergenza.
Cedolare secca 2025: le novità per le locazioni brevi
Per locazione breve si intende un contratto di affitto che abbia una durata massima di 30 giorni. Rientrano in questi contratti anche quelli tra privati a fini “turistici”. Ovviamente non parliamo di case vacanze, residence e alloggi come B&B o strutture alberghiere, dato che, in questi casi, si rispettano regole diverse, quelle proprie delle strutture ricettive.
Oltre al limite di 4 immobili destinati ad affitti brevi (in vigore dal 2021), nell’ultimo DDL di Bilancio è stato confermato che dal 2024, in regime di cedolare secca, si deve applicare un’aliquota maggiorata al 26% se gli immobili soggetti a contratti di locazione breve sono da 2 a 4. Ciò consentirà comunque a chi possiede un solo appartamento da affittare (la prima casa posseduta) di continuare ad applicare il 21% senza imposte aggiuntive.
Quali sono i vantaggi della cedolare secca?
Nei casi in cui è possibile applicarla, la cedolare secca può comportare un abbattimento dei costi tributari per il proprietario dell’immobile soggetto all’affitto, oltre a una riduzione della burocrazia e dei calcoli fiscali. Difatti, l’aliquota fissa al 21% (o al 10%, a seconda dei casi) consente in un colpo solo di sostituire, per i soli tributi derivanti dal reddito dell’immobile, il pagamento di:
- Irpef;
- imposta di registro;
- imposta di bollo;
- addizionali regionali e comunali.
Se si prende in considerazione solo l’aliquota, già si intuisce che vi è un evidente risparmio rispetto all’Irpef, che ha la prima aliquota, quella riferita a redditi fino a 28.000 che è pari al 23% (per redditi complessivi più alti, ovviamente, l’aliquota sale e va considerato che il reddito del canone di locazione si somma a quelli da lavoro e di pensione per la determinazione dell’aliquota da applicare), nonostante il fatto che la tassazione per la cedolare secca è dovuta sul 100% del canone annuale, mentre per l’Irpef si calcola sul 95%. Ovviamente, i proprietari con reddito alto potranno beneficiare ancor di più dell’imposta bloccata, considerando i vari scaglioni tributari previsti dall’Irpef; per un reddito basso, invece, il vantaggio economico potrebbe non essere così tangibile.
Va ricordato che, se l’opzione non viene esercitata all’inizio del contratto, per il primo anno si applicano le regole ordinarie, compreso il pagamento delle imposte di registro e di bollo per la registrazione che non saranno più rimborsabili.
Inoltre, in regime di cedolare secca, il locatore non può usufruire della facoltà di aggiornare il canone del contratto di locazione all’inflazione, nemmeno se esplicitato dal contratto stesso.
Questo aspetto può rivelarsi sicuramente un plus per l’inquilino affittuario, che non vedrà, così, aumenti di prezzo delle mensilità per tutta la durata dell’opzione. Senza dimenticare che l’imposta è totalmente a carico del locatore, con un guadagno per il locatario in trasparenza e tranquillità.
Di contro, però, un locatore che non possiede altri redditi soggetti a tassazione Irpef e che, quindi, potrebbe puntare sul guadagno da variazioni di mercato (come accaduto negli anni passati), dovrebbe rinunciare, di fatto, ai benefici di un eventuale aumento del canone per adeguamento all’inflazione in presenza di cedolare secca, a causa del canone bloccato. Quindi, viene da sé che i pro e i contro variano di molto a seconda delle casistiche particolari e soggettive.
Cedolare secca: quando si paga e come farlo
La cedolare secca sugli affitti si paga all’Agenzia delle Entrate tramite modello F24. Il reddito soggetto a cedolare è solamente quello relativo all’immobile affittato, escluso da quello complessivo. Su tale operazione non si possono far valere né detrazioni né tantomeno oneri deducibili.
Sembra qualcosa di complesso ma, in realtà, non lo è. Partiamo dal modello F24. I codici che si devono usare sono:
- 1840: cedolare secca locazioni – Acconto prima rata
- 1841: cedolare secca locazioni – Acconto seconda rata o unica soluzione
- 1842: cedolare secca locazioni – Saldo
Si capisce fin da subito che, come per le altre imposte, si ragiona su acconto e saldo.
- L’acconto si paga in un’unica soluzione se l’importo è inferiore a 257,52 euro. La scadenza è il 30 novembre.
- L’acconto si paga in 2 rate se l’importo è superiore a 257,52 euro, così distribuito: la prima rata è pari al 40% dell’acconto complessivo e si paga entro il 30 giugno; la seconda rata è pari al restante 60% e si paga entro il 30 novembre.
- Il saldo si paga sempre in un’unica soluzione il 30 giugno dell’anno successivo. Il termine ultimo può essere spostato al 31 luglio con una maggiorazione dello 0,4%.
Calcolo della cedolare secca: un esempio pratico
Per calcolare la somma esatta dell’imposta dovuta con la cedolare secca, è sufficiente moltiplicare l’importo annuale del canone di locazione per la percentuale di aliquota fiscale corrispondente.
Ad esempio, supponiamo che un proprietario abbia affittato un appartamento per 12.000 euro all’anno e sceglie la cedolare secca con un’aliquota del 21%. L’imposta dovuta sarà quindi di 12.000 euro moltiplicati per l’aliquota del 21%, risultando un totale di 2.520 euro. Questo importo fisso sostituisce qualsiasi altra imposta sul reddito che il locatore avrebbe dovuto pagare in base alle aliquote Irpef. Se la cedolare secca applicata è al 10%, invece, il totale da pagare annualmente è pari a 1.200 euro.
Come detto, il risparmio su chiarezza e facilità delle procedure fiscali è lampante per chi opta per la cedolare secca. Per quanto riguarda, invece, la parte economica, non sempre si hanno dei benefici: ogni locatore deve valutare, da solo o con il suo commercialista, qual è il regime tributario più conveniente da attuare, di anno in anno.
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