Acquistare un immobile non è mai un’operazione da sottovalutare, soprattutto quando si è in presenza di abusi edilizi. Alcuni chiarimenti al fine di evitare imprudenze in un momento così delicato
Non c’è alcuna normativa che vieta la vendita di un casa con abuso edilizio, purché chi vende l’immobile comunichi all’acquirente la situazione e, allo stesso tempo, si metta nero su bianco tale irregolarità sia nel compromesso (ovvero il contratto preliminare) sia nel rogito (ovvero il contratto conclusivo). In caso contrario, chi acquista può impugnare l’accordo.
In sostanza, nel caso in cui tali illeciti e difformità siano ben a conoscenza della parte promittente l’acquisto, essi non possono invocare l’inadempienza da parte del venditore. Infatti, la piena consapevolezza di questa circostanza porta a escludere il promissario acquirente dalla suddetta pretesa di risolvere il contratto preliminare.
Si può affermare che: quando si stipula un preliminare e si è consapevoli delle irregolarità e degli abusi edilizi presenti, il promissario acquirente accetta l’immobile con gli annessi e connessi.
Ma vediamo insieme come la legge e soprattutto le decisioni dei giudici e della Corte di Cassazione hanno fatto chiarezza sull’argomento.
Linee guida per acquisto immobile abusivo
Le sentenze della Cassazione
La Cassazione ha affermato più volte, e per ultimo con sentenza n. 21659/2019, che va escluso l’inadempimento contrattuale del venditore se sono note le difformità dell’immobile alla stipula del compromesso. Infatti, la piena consapevolezza di questa circostanza porta a escludere il promissario acquirente dalla suddetta pretesa di risolvere il contratto preliminare.
In merito all’acquisto di una casa con un abuso edilizio, la Suprema Corte di Cassazione stavolta a Sezioni Unite (con sentenza del 22 marzo 2019, n. 8230) ha fornito alcune risposte in merito alla commerciabilità dell’edificio ed eventuale nullità del contratto.
Nella pronuncia si specifica che:
- l’edificio abusivo non è commerciabile solo se non esiste un titolo edilizio che ne abbia consentito la costruzione, oppure se nel rogito venga falsamente dichiarato l’avvenuto rilascio di un titolo edilizio invero inesistente; se invece esiste un titolo edilizio e il manufatto è stato realizzato con variazioni (essenziali o non essenziali), l’edificio è commerciabile.
-* secondo i giudici di legittimità, in caso di vendita di un immobile abusivo quando il rogito notarile contenga la menzione del titolo urbanistico, rende il contratto valido anche se le condizioni dell’immobile, in concreto, sono diverse dal predetto titolo proprio a causa della presenza dell’abuso; la menzione della licenza edilizia consente, infatti, all’acquirente di verificare se il bene che sta per comprare è conforme o meno alla licenza stessa. Gli permette, quindi, l’opportunità di accertare l’esistenza di abusi, per cui il contratto è valido.
Rammentiamo che la funzione della menzione del titolo edilizio nell’atto di acquisto, imposta dalla legge, non è vietare la «stipulazione di atti aventi a oggetto immobili abusivi al fine di renderli giuridicamente inutilizzabili», ma solo «la comunicazione di notizie e la conoscenza di documenti». Di conseguenza, la menzione ha «valenza essenzialmente informativa» dell’acquirente in merito all’esistenza del titolo edilizio richiamato.
Altre riflessioni sono state fatte sulla nullità del contratto. Secondo i giudici della Cassazione, deve considerarsi nullo l’atto che non contenga la dichiarazione dell’alienante con gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria (salvo conferma di cui al comma 4 dell’art. 46 Testo Unico dell’Edilizia), con l’aggiunta che tale dichiarazione deve essere veritiera: il «titolo deve realmente esistere e, quale corollario a valle, che l’informazione che lo riguarda, oggetto della dichiarazione, deve esser veritiera», vale a dire che deve esistere e riferirsi correttamente all’immobile oggetto dell’atto. La dichiarazione mendace va assimilata alla mancanza di dichiarazione.
Ulteriori precisazioni sono state elargite riguardo la validità del contratto. Diversamente, in presenza della dichiarazione dell’alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all’immobile, il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato.
In tal caso, l’atto non è nullo; invero, è valida la compravendita dell’immobile difforme dal permesso di costruire se nell’atto è riportata la dichiarazione dell’alienante con gli estremi del titolo urbanistico. La nullità, infatti, si ha solo se non esiste un titolo che ne abbia fondato la costruzione oppure se nell’atto venga falsamente dichiarato il rilascio di un titolo edilizio in realtà inesistente.
Le tutele per chi acquista
Nonostante il citato intervento della Cassazione sulla validità del contratto, secondo i giuristi, un rimedio che continua a risultare praticabile è quello disciplinato dall’art. 1489 c.c., il quale stabilisce che:
Se la cosa venduta è gravata da oneri o da diritti reali o personali non apparenti che ne diminuiscono il libero godimento e non sono stati dichiarati nel contratto, il compratore che non ne abbia avuto conoscenza può domandare la risoluzione del contratto oppure una riduzione del prezzo secondo la disposizione dell’art. 1480.
Difatti, allorquando la compravendita abbia per oggetto un immobile costruito in difformità del progetto edilizio approvato, non si ha nullità del contratto per illiceità o impossibilità dell’oggetto, né vizio della cosa venduta, secondo la previsione dell’art. 1490 c.c., non vertendosi in tema di anomalia strutturale della cosa stessa.
Bensì si verifica una fattispecie riconducibile all’art. 1489 c.c. per il quale il compratore può chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo, quando la cosa risulti gravata da oneri o diritti reali o personali non apparenti che ne diminuiscano il libero godimento (Cass., Sez. II, 6 dicembre 1984, n. 6399).
E ancora, in tale situazione, secondo altro orientamento, l’acquirente può rivalersi contro il venditore per chiedere il risarcimento del danno, solitamente rapportato ai costi necessari per sanare il fabbricato e alle altre eventuali spese conseguenti. Oppure, nei casi più gravi, addirittura la risoluzione del contratto, con la contestuale condanna del venditore a restituire il prezzo della compravendita e a risarcire ogni danno ulteriore (Cass., Sez. II, 23 ottobre 1991, n. 11218).
Acquisto di un immobile all’asta
L’acquisto di un immobile tramite asta giudiziaria non salva dall’ordine di demolizione dello stesso, in presenza di abuso edilizio, rimanendo pertanto soggetto alle sanzioni edilizie per eventuali abusi commessi dal debitore. Questo importante principio lo ha stabilito il Tar di Catanzaro, con la sentenza 26 giugno 2019 numero 1305.
Dobbiamo sapere infatti che chi compra in un’asta giudiziaria, ottiene infatti il bene depurato dai debiti e dai pesi giuridici (ipoteche) posti dal precedente proprietario, e il bene si acquista nello stato di fatto in cui si trova.
I vizi edilizi tuttavia rimangono, e cioè continua l’abusività (totale o parziale) o il contrasto con i vicini in materia di distanze. L’unico vantaggio concesso a chi acquista immobili all’asta, nel caso di abusi edilizi, riguarda la possibilità di attivare una procedura di sanatoria, come previsto dall’articolo 40, ultimo comma, della legge 47/85, il quale prevede che si possa sanare la costruzione trasferita con procedura esecutiva immobiliare, entro 120 giorni dall’atto di trasferimento dell’immobile, purché il credito che ha generato l’asta sia anteriore all’entrata in vigore della legge sul condono 47/85.
Ai sensi dell’art. 40, ultimo comma, della legge n. 47 del 1985, infatti: «nell’ipotesi in cui l’immobile rientri nelle previsioni di sanabilità di cui al capo IV della presente legge e sia oggetto di trasferimento derivante da procedure esecutive, la domanda di sanatoria può essere presentata entro centoventi giorni dall’atto di trasferimento dell’immobile purché le ragioni di credito per cui si interviene o procede siano di data anteriore all’entrata in vigore della presente legge».
Tuttavia la possibilità di sostituire la sanzione demolitoria con quella pecuniaria dev’essere valutata nella fase esecutiva del procedimento, successiva e autonoma rispetto all’ordine di demolizione (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 31 agosto 2018 n. 5128).
Si può concludere affermando che non esiste quindi alcuna procedura in grado di regolarizzare istantaneamente e automaticamente i vari illeciti, difformità e irregolarità di ogni tipo. Chiaramente restano esclusi dall’intero discorso gli immobili che vengono trattati col “saldo e stralcio”.
Preme ricordare che al contrario, la domanda di condono edilizio è appunto una domanda: a essa dovrà seguire una istruttoria per valutarne il rilascio o il diniego.
Una particolare condizione che potrebbe portare al rigetto della domanda di condono, anche per immobili all’asta, potrebbe essere la presenza di vincoli di vario tipo, ad esempio: inedificabilità; beni culturali, monumentali, architettonici, storici, ecc. (ex L. 1089/39 oggi Parte II del d.lgs. 42/2004); paesaggistici in generale; ambientali; stradali; ecc.
Ultima considerazione da conoscere è che per ottenere il condono anche su immobili all’asta o soggetti a procedure esecutive, qualora sottoposti ai rispettivi vincoli, occorre ottenere il parere favorevole, nulla osta o autorizzazione comunque denominati degli enti preposti alla tutela paesaggistica, archeologica o idrica (articoli 32 e 33 L. 47/85).
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