A chi va la casa in affitto alla morte dell’inquilino?

Ilena D’Errico

28 Dicembre 2024 - 22:19

Cosa succede al contratto d’affitto alla morte dell’inquilino: diritti e doveri degli eredi.

A chi va la casa in affitto alla morte dell’inquilino?

Alla morte di un familiare gli eredi devono svolgere diverse incombenze pratiche che mal si conciliano con un momento tanto delicato, ma sono fondamentali. Per evitare complicazioni è infatti molto importante che gli eredi conoscano tutti i propri obblighi e le relative tempistiche, per esempio riguardo alla dichiarazione di successione, all’inventario e anche il contratto d’affitto. Ad oggi la maggior parte degli italiani vive in case di proprietà, che entrano nell’asse successorio, ma sono comunque tante le persone che vivono in affitto.

In questi casi la situazione è più complessa per gli eredi, che rischiano di fronteggiare diversi impegni economici nei confronti del proprietario. Quest’ultimo, infatti, deve comunque essere tutelato anche per eventi così tragici. Ci sono quindi alcuni adempimenti e obblighi da rispettare per gli eredi e per le persone che convivevano con il defunto. La normativa di riferimento è la legge sulla locazione, che prevede in modo dettagliato cosa accade alla morte dell’inquilino. Le disposizioni sono state inoltre arricchite dalle interpretazioni dei tribunali, soprattutto della Corte di Cassazione, che si sono succedute negli anni. Vediamo quindi cosa prevede la legge.

Chi succede nel contratto d’affitto?

Nel parlare comune si indica come contratto d’affitto la locazione a uso abitativo e pertanto ci si concentra sulla relativa normativa. Le regole cambiano, infatti, per altri tipi di locazione (per esempio quella residenziale pubblica) e per l’affitto in senso giuridico (come quello a uso commerciale o su beni mobili produttivi). Fatta questa precisazione possiamo chiarire chi succede nel contratto alla morte dell’inquilino, ponendo ovviamente l’ipotesi in cui sia il titolare del rapporto di locazione.

Secondo la legge questo diritto-dovere ricade sui seguenti soggetti:

  • coniuge, unito civilmente o convivente di fatto;
  • familiari conviventi (parenti e affini) in modo stabile e abituale.

Il coniuge subentra anche quando è intervenuta una separazione giudiziale o un divorzio con assegnazione della casa coniugale. In caso di separazione consensuale o nullità del matrimonio, invece, dipende dall’accordo tra le parti. Ci sono poi delle precisazioni da fare riguardo ai familiari conviventi, in quanto il subentro spetta esclusivamente alle persone che vivevano abitualmente con il defunto.

Ospitalità e trasferimenti temporanei non rilevano, come chiarito anche dalla giurisprudenza. La convivenza stabile deve associarsi in ogni caso a un vincolo di parentela o affinità. Ecco perché questo obbligo non è condiviso dai conquilini, che però sono di norma entrambi intestatari del contratto d’affitto.

Il subentro è un beneficio per il familiare, ma anche un onere, perché comporta l’obbligo di versare i canoni di locazione per tutto il periodo necessario prima della disdetta. L’erede, infatti, entra nella medesima posizione giuridica dell’affittuario defunto, dovendo rispettare le stesse regole sul preavviso. Ciò rientra principalmente nell’ambito della tutela del locatore, affinché non si trovi improvvisamente privo di rendita e conduttore.

Allo stesso tempo, la legge consente agli eredi di evitare impegni eccessivamente gravosi. Anziché subentrare al titolare del contratto d’affitto possono infatti esercitare il diritto di recesso entro 3 mesi dalla morte dell’inquilino e comunque con un preavviso minimo di 3 mesi (ovvero 3 canoni di locazione da versare). Il diritto di recesso, tuttavia, spetta soltanto se la locazione dovrebbe durare per più di 1 anno e se vieta la sublocazione, proprio perché sarebbe un dovere eccessivo per i familiari.

Cosa succede se il defunto viveva da solo?

Nel caso in cui il defunto vivesse da solo il contratto di locazione cessa automaticamente al suo decesso. Ne consegue per gli eredi l’obbligo di riconsegnare le chiavi e restituire il bene, ovviamente senza alcun preavviso. Nel periodo trascorso tra la morte e la riconsegna, preferibilmente da pattuire con il locatore, è però dovuto il canone d’affitto.

Bisogna ricordare che alla morte dell’affittuario tutte le persone che vivono nell’immobile senza poter subentrare nel contratto né intestatari dello stesso sono considerati occupanti senza titolo. Devono quindi liberare l’appartamento il prima possibile e riconsegnarlo al legittimo proprietario, che può far valere questo diritto ricorrendo alle vie legali, eventualmente pretendendo anche un risarcimento per i danni subiti nell’attesa.

Cosa devono pagare gli eredi?

Tutti coloro che hanno accettato l’eredità, indipendentemente dalla residenza e della parentela, devono pagare gli eventuali canoni di affitto non pagati dall’inquilino. Lo stesso vale per le spese correlate al canone, per esempio quelle condominiali oppure il riscaldamento.

Si tratta di debiti che ricadono su tutti gli eredi in proporzione della quota ereditaria. Anche i debiti relativi ai canoni maturati dopo la morte dell’affittuario ricadono sugli eredi (in assenza di subentro), ognuno dei quali è obbligato in solido. Ciò significa che il proprietario di casa può pretendere l’intera cifra da un erede soltanto, che a sua volta potrà rifarsi sui coeredi per un rimborso pro-quota. In caso di subentro, anche quando obbligatorio, i canoni successivi alla morte spettano al nuovo titolare del contratto d’affitto per tutto il periodo previsto.

Iscriviti a Money.it