La Cina non esclude l’attacco a Taiwan, Stati Uniti avvertiti

Chiara Esposito

4 Giugno 2023 - 16:14

Il discorso del ministro della Difesa cinese riporta Taiwan al centro delle tensioni internazionali nell’ottica del progetto politico «Unica Cina».

La Cina non esclude l’attacco a Taiwan, Stati Uniti avvertiti

Si rinnova la tensione tra Washington e Pechino anche in teatro internazionale. In occasione dello Shanghri-La Dialogue di Singapore il capo del Pentagono Lloyd Austin e il ministro della Difesa cinese Li Shangfu sono stati protagonisti di uno scambio, più o meno indiretto, di accuse reciproche.

Tanti sono infatti i dossier sui quali non c’è accordo tra le due nazioni, dalla gestione del Mar Cinese Meridionale alle restrizioni del Presidente Joe Biden sulle esportazioni di chip di semiconduttori, ma la questione taiwanese resta la più delicata. Ecco perché proprio su quest’ultimo tema si sono concentrati i discorsi dei due rappresentanti.

Da una parte gli USA che si dicono «profondamente impegnati a preservare lo status quo nello Stretto di Taiwan». Dall’altra la risposta di Pechino che si professa alla ricerca del dialogo piuttosto che del confronto, ma che al contempo rilancia duramente senza smentire l’ipotesi di uno scontro in piena regola in caso di ingerenze verso lo status di Taipei. A dirlo proprio Li Shangfu che si è poi rivolto a «alcuni Paesi» con l’accusa di intensificare volutamente la corsa agli armamenti e di interferire negli affari interni degli altri Stati «aumentano notevolmente i rischi per la sicurezza» globale.

Le due posizioni ci portano quindi a riflettere sulla mancanza fattiva di un dialogo aperto e diretto nonché sulle mai sopite volontà egemoniche di entrambe le superpotenze.

Nessun colloquio tra le parti

A Singapore l’aria si è fatta pesante quando, nonostante una stretta di mano tra i due funzionari durante la cena di venerdì 2 giugno, è mancata la volontà di proseguire verso uno scambio diretto a viso aperto. A margine della conferenza sono stati due ufficiali militari cinesi a far luce sulla vicenda e sulle motivazioni profonde di questo confronto negato.

Dal punto di vista di Pechino infatti non ci saranno nuovi colloqui militari con gli States senza un segnale distensivo da parte del governo di Washington. Altra condizione per aprire un tavolo di negoziazione è la revoca delle sanzioni contro lo stesso ministro cinese disposte dagli Stati Uniti nel 2018 e tutt’ora in vigore. L’accusa riguardava l’acquisto di armamenti quali caccia Su-35 e sistemi missilistici di contraerea S-400, entrambi di fabbricazione russa.

Il funzionario è così ancora presente nella lista nera stilata dal governo americano a causa dei suoi rapporti con l’intelligence di Mosca. Ciò implica il divieto di transazioni nel sistema finanziario americano, il congelamento dei beni in America e la revoca del visto per entrare nel Paese.

Inevitabile pensare come anche questi elementi abbiano contribuito alla nomina di Li Shangfu a marzo 2023 e quanto questa si confermi una delle mosse politiche più strategiche tra quelle operate dal Congresso Nazionale del popolo nell’ultimo anno.

Una sola Cina: «la riunificazione ci sarà»

«La mentalità della guerra fredda sta risorgendo nella regione Asia-Pacifico. Il rispetto reciproco dovrebbe prevalere sulla prepotenza e sull’egemonia».

Queste parole, estrapolate dall’intervento del ministro cinese, trovano riscontro negli ultimi eventi che hanno interessato lo Stretto di Taiwan. L’isola e il suo territorio d’influenza marittima sono infatti fulcro d’interesse fondamentale nel progetto «Una sola Cina», politica che vede Pechino come unico governo centrale e centralizzato dell’entità cinese.

Con chiaro riferimento all’ingerenza statunitense, Li Shangfu dice di non escludere il possibile ricorso all’uso della forza assicurando che la «riunificazione ci sarà». A commentare la pericolosità di questo avvertimento è anche il ministro della Difesa canadese, Richard Marles, già espressosi in merito all’evitata collisione della nave della Marina cinese con la Uss Chong-Hoon avvenuta proprio nelle acque dello Stretto sabato 3 giugno.

Le ultime battute significative dell’intervento hanno avuto invece toni più distesi. In merito al rapporto tra la Cina e gli Stati Uniti è stato detto che, pur avendo «sistemi diversi», i due Paesi dovrebbero «cercare un terreno comune e interessi comuni per accrescere i legami bilaterali e approfondire la cooperazione».

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