Le nuove misure varate dall’esecutivo cinese per regolare l’attività delle società internet sono state accolte in maniera decisamente negativa dagli operatori: il Nasdaq Golden Dragon China Index in due sedute è sceso del 15%.
Tonfo peggiore dal 2008 per le aziende tech cinesi quotate a Wall Street. L’indice Nasdaq Golden Dragon China Index, che registra l’andamento delle 98 maggiori società cinesi quotate sui listini USA, in due sedute è sceso di quasi 15 punti percentuali.
Rispetto ai massimi storici fatti segnare a febbraio, l’indice ha perso quasi il 50%.
Nasdaq Golden Dragon China Index da inizio anno. Fonte: The Nasdaq Group
Azioni Tech Cina: le cause del selloff
Le vendite sono diretta conseguenza delle pesanti ingerenze delle autorità cinesi nei settori dell’educazione e della tecnologia.
Le autorità hanno varato nuove misure per controllare il settore dell’insegnamento privato: Pechino ha deciso di vietare l’insegnamento delle materie scolastiche di base a scopo di lucro e imporrà alle istituzioni operative la registrazione tra gli enti non profit (impedendo al contempo la concessione di nuove licenze). I provvedimenti varati dal Consiglio di Stato prevedono inoltre che le aziende scolastiche non possano più accettare investimenti dall’estero.
“Alle istituzioni con base il tutoring curricolare non è più permessa la quotazione, le società quotate non dovrebbero investire in queste società ed i capitali esteri sono esclusi da queste istituzioni”.
Nasdaq Golden Dragon China Index nell’ultimo mese. Fonte: The Nasdaq Group
Le autorità cinesi puntano ad incrementare la regolamentazione su una vasta gamma di servizi online, dalle piattaforme di streaming musicale alle app per la consegna di cibo.
A Tencent è stato imposto di interrompere i contratti di esclusiva con chi detiene i copyright musicali entro 30 giorni mentre lunedì scorso la SAMR (State Administration for Market Regulation) ha varato un provvedimento destinato a migliorare le condizioni lavorative dei rider, che dovranno ricevere il salario minimo, avere carichi di lavoro meno pesanti ed una migliore formazione.
Si tratta di misure che rimandano a quanto già fatto con Alibaba, su cui si è abbattuta una multa da 2,8 miliardi di dollari, e con Didi (l’Uber cinese).
Cina: le mani del governo sulle società hi-tech
La sensazione generalizzata tra gli analisti è che le autorità di Pechino puntino a ridefinire l’ambito di azione di tutte quelle società che, grazie all’esplosione dei servizi hi-tech, negli ultimi anni sono cresciute a dismisura (si tratta sostanzialmente di ricordar loro che l’ultima parola su qualsiasi decisione spetta sempre al potere centrale).
“Prezzare” questi e simili provvedimenti che potrebbero essere varati dall’esecutivo da un momento all’altro, ha ovviamente un costo: in cinque mesi le società del Dragone quotate a Wall Street hanno perso quasi 800 miliardi di dollari in termini di capitalizzazione.
Lungi dall’essere completato, questo processo di riprezzamento è destinato a proseguire in futuro, visto che l’intervento del potere centrale, che procede di pari passo con le tensioni geopolitiche, sembrerebbe ancora nelle fasi iniziali.
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