Codice giallo per infarto: infermiere condannato per negligenza

Vittorio Proietti

11 Aprile 2017 - 16:58

Il codice giallo assegnato ad un infarto ha comportato la condanna di un infermiere per negligenza: la violazione delle linee guida triage è una colpa grave, non ci sono giustificazioni. Ecco il caso esemplare.

Codice giallo per infarto: infermiere condannato per negligenza

Un infermiere è stato condannato in tribunale per aver affidato un codice giallo ad un paziente con un infarto in corso, successivamente deceduto per essere stato ignorato. Il pronto soccorso ha un’enorme affluenza di malati, ma questa non può essere una giustificazione.

L’infermiere ha ignorato la buona prassi del codice triage e ciò ha originato il suo errore di negligenza, oggi fortemente punito grazie alla Legge Gelli, visti i crescenti casi di malasanità per impropria condotta di medici e professionisti della Sanità.

La responsabilità civile in Sanità comporta che un medico o un infermiere paghi per gli errori commessi, anche se le condizioni in cui lavora sono difficili o proibitive. L’applicazione del metodo triage in Pronto Soccorso serve a ridurre rischi, per questo va seguita fedelmente.

Vediamo quale sarebbe stata la prassi corretta e quali sono le conseguenze per l’infermiere che non la rispetta.

La buona prassi del codice triage in pronto soccorso

Il codice giallo assegnato ad un infarto corrisponde ad una mancata osservanza della buona prassi dell’infermiere in pronto soccorso, visto che le linee guida del triage puntano ad individuare la priorità nei pazienti con maggiore urgenza, rispetto ai malati che possono sopportare una attesa più o meno lunga.

Il procedimento di assegnazione del codice triage infatti regge su tre principi fondamentali:

  • la rapidità di decisione nell’assegnazione dell’urgenza;
  • la sensibilità dell’infermiere e del personale in servizio che identifica i bisogni dei pazienti e le necessità da fronteggiare immediatamente;
  • lo stato organizzativo del reparto di pronto soccorso, che produrrà una scelta piuttosto che un’altra da parte del professionista sanitario.

Tre principi che si traducono in una valutazione operativa che passa dall’accesso al reparto all’assegnazione del codice, che obbligatoriamente dovrà prevedere l’identificazione del motivo per cui il paziente si è recato in pronto soccorso e soprattutto dei parametri vitali dell’assistito.

Al termine della valutazione, l’infermiere affiderà il codice colore corrispondente alla malattia del paziente, oppure all’emergenza che si viene a creare, considerando che la scala di gravità parte dal più noto rosso per i casi più gravi, fino al bianco per i problemi minori.

La responsabilità dell’infermiere in caso di codice male assegnato

L’infermiere del caso citato è stato condannato per aver commesso un errore di negligenza, in quanto affidare un codice giallo ad un paziente con un infarto in corso ha provocato la morte dello stesso dopo pochi minuti, senza che il personale potesse fare niente.

Il declassamento dell’urgenza era stata giustificato dall’infermiere con lo stato di caos del pronto soccorso, eppure le linee guida del triage prevedono che all’arrivo di un paziente con perdita di conoscenza, incontinenza urinaria e anamnesi familiare evidente, il codice rosso sia automatico.

Tale assegnazione avrebbe permesso al personale del pronto soccorso di effettuare un elettrocardiogramma entro 30 minuti, così da poter quantomeno reagire all’urgenza. La violazione ha comportato la condanna dell’infermiere, che ha tuttavia beneficiato della prescrizione con la Sentenza della Cassazione 18100/2017.

Il caso è però esemplare di come la prassi e le linee guida nel contesto lavorativo della Sanità siano assolutamente necessarie da osservare, non soltanto per le conseguenze legali in ambito di responsabilità civile, ma anche per il ridurre il rischio di casi di malasanità e situazioni spiacevoli.

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