Ecco che diritti hanno i lavoratori in nero e cosa possono ottenere dal datore di lavoro, dai pagamenti all’assunzione.
Il lavoro nero è un grave problema sociale, oltre a causare incredibili danni ai lavoratori. Senza un rapporto di lavoro regolare si viene completamente privati delle forme di tutela previste dalla legge, dalla retribuzione adeguata fino a riposi, ferie e permessi, passando per malattia, infortuni, congedi parentali e altri istituti. Il lavoratore in nero è a tutti gli effetti la parte lesa di questo meccanismo, pertanto non incorre in conseguenze legali - a meno che commetta degli illeciti, per lo più percependo sussidi e ammortizzatori sociali indebitamente - e ha anzi diritto alla tutela.
Chi si ritrova nel cosiddetto lavoro sommerso può quindi agire legalmente per far valere i propri diritti, pretendendo una retribuzione adeguata anche dal punto di vista contributivo. Non una scelta facile per chi teme ripercussioni, che preferirebbe piuttosto essere assunto e conservare l’occupazione. Molti puntano infatti a regolarizzare il rapporto di lavoro, sperando così di ottenere una situazione sicura e stabile per il futuro. Tuttavia, ciò non è sempre possibile. Ecco quali soluzioni ha a disposizione il lavoratore.
Posso farmi assumere se lavoro in nero?
La legge, in particolare il Testo unico per la sicurezza sul lavoro e il decreto legislativo n. 151/2015 (Jobs Act) come riformato dalle leggi di Bilancio, puniscono molto severamente chi impiega lavoratori in nero. Il datore di lavoro sommerso rischia pesanti conseguenze economiche, sia per la cosiddetta maxi-sanzione che per i diritti esercitabili dai lavoratori. In alcuni casi il lavoro nero si associa anche a reati, per esempio quando coinvolge immigrati irregolari o si verifica un vero e proprio sfruttamento del lavoro.
Esistono diverse sanzioni a carico del datore di lavoro, ma non un effettivo obbligo di assunzione. È sempre possibile agire per ottenere il pagamento della propria attività lavorativa nei termini di legge, oltre che richiedere il risarcimento per i danni subiti.
Al contrario, la legge non impone al datore di assumere i lavoratori irregolari, dovendo però ovviamente cessare la condotta e quindi rinunciare a sfruttare la manodopera illegale. In tal senso, i lavoratori possono avere modo di ottenere la regolarizzazione della propria posizione, evitando anche al datore di lavoro ulteriori criticità.
Come farsi assumere se lavori in nero
Come anticipato, non è possibile pretendere in sede legale l’assunzione da parte del datore di lavoro in nero, ma nemmeno è possibile ricorrere a mezzi illeciti.
Bisogna però sapere che la legge cerca di promuovere l’assunzione regolare dei lavoratori, pertanto in alcuni casi è concessa una riduzione della maxi-sanzione previa regolarizzazione dei rapporti di lavoro.
Ciò è ammesso soltanto se le violazioni sono sanabili, quindi non lesive dell’integrità psicofisica del lavoratore e materialmente risolvibili. Lo strumento disposto a incentivare la regolarizzazione è la diffida ad adempiere dell’Ispettorato nazionale del lavoro, che consente al datore di beneficiare di multe ridotte. Il lavoro nero può perfettamente rientrare tra le violazioni sanabili, a meno che comporti lesioni come il mancato riconoscimento del riposo o condizioni di pericolo durante lo svolgimento delle mansioni. Per ottenere questo risultato è quindi indispensabile allertare l’Ispettorato nazionale del lavoro, allegando tutte le prove utili a dimostrare la condotta illecita.
A questo scopo è possibile utilizzare l’apposita sezione del sito web ufficiale dell’Inl, che contiene anche i recapiti di riferimento, o recarsi personalmente presso la sede territorialmente competente.
Si ricorda che, secondo la giurisprudenza, la prova del lavoro sommerso può essere fornita liberamente, anche attraverso le dichiarazioni testimoniali. Chi preferisce optare per una strada più conciliante può affidarsi alla mediazione sindacale o tramite avvocati, che tuttavia prevedono un certo impegno nella risoluzione della controversia da ambo le parti e spesso devono comunque coinvolgere l’Inl. Se l’obiettivo del dipendente è l’assunzione potrebbe quindi rivelarsi la scelta migliore per conservare un clima quanto più possibile sereno, ma soltanto quando sembra esserci interesse anche dalla controparte.
Altrimenti, soltanto il meccanismo sanzionatorio legato alla diffida dell’Ispettorato può effettivamente portare a incentivare l’assunzione. Il lavoratore conserva comunque la possibilità di agire in giudizio, ma ciò gli consentirà “soltanto” di ottenere una riparazione economica, anche perché sarebbe impossibile proseguire il rapporto lavorativo con una compromissione tanto grave del vincolo fiduciario. Resta dunque fondamentale valutare con attenzione la propria situazione, affidandosi anche all’esperienza di avvocati esperti in materia e sindacati di categoria per capire quando e quanto sia conveniente mirare all’assunzione.
Quest’ultima non è comunque un obiettivo da escludere a priori, soprattutto quando l’irregolarità non si associa a condotte particolarmente gravi a danno del dipendente, che patisce principalmente il mancato riconoscimento della posizione subordinata.
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