L’Italia è Paese pioniere nell’utilizzo della tecnologia blockchain, settore in forte crescita. Previsti investimenti globali per 11,7 miliardi di dollari nel 2022.
Potreste non sapere esattamente cos’è la blockchain e come funziona, ma è molto probabile che la vostra banca ne faccia già uso sfruttandone i vantaggi.
Come rivelato dal lavoro di ricerca della Rome Business School, a cura di Marshall Langer, Alessandro Villadei e Valerio Mancini, sul ruolo della blockchain e delle criptovalute nei sistemi bancari con particolare riferimento al nostro Paese, nel panorama europeo l’Italia è pioniera nell’utilizzo della tecnologia blockchain nei sistemi finanziari, con circa 100 banche che la utilizzano.
La blockchain, in italiano “catena di blocchi”, è la rete informatica di nodi su cui si basa il funzionamento di bitcoin e altre criptovalute, su cui avvengono le transazioni digitali e su cui vengono registrati i dati in modo sicuro, decentralizzato e immutabile.
I dati raccolti dall’istituto di formazione post-universitaria, che fa parte del network Formación y Universidades di De Agostini e Grupo Planeta, ci dicono che gli investimenti globali in blockchain raggiungeranno gli 11,7 miliardi di dollari nel 2022.
Le banche italiane che usano la blockchain
A dare il La nel 2020 è stato il progetto “Spunta DLT” sviluppato dall’Associazione Bancaria Italiana e coordinato da ABI Lab in concerto con Not Data, Sia ed R3 e Corda Enterprise platform, e a cui hanno aderito i maggiori istituti bancari (ma non solo), tra cui Intesa Sanpaolo, Banca Mediolanum, Banca Monte dei Paschi di Siena, Banco BMP, BNL BNP Paribas, UBI Banca e Unicredit.
Spunta DLT permette di effettuare una chiara rendicontazione reciproca più fluida e sicura grazie alla blockchain, ossia di intercettare automaticamente le transazioni non corrispondenti utilizzando un algoritmo condiviso e standardizzando il forum di comunicazione; consente inoltre di effettuare registrazioni delle operazioni di riconciliazione su base giornaliera anziché mensile, e permette alle banche italiane di partecipare a studi di una eventuale moneta digitale.
Esemplare il caso di Intesa Sanpaolo, che usa la blockchain sin dal 2014. Nonostante alcuni limiti dovuti a un quadro normativo disomogeneo, già nel 2021 la banca ha evidenziato come la blockchain stia trasformando “le attività connesse all’emissione e negoziazione degli strumenti finanziari e rappresentano una importante opportunità di innovazione nella gestione delle attività finanziarie”.
Millenial e Gen Z sono i crypto-investitori di domani
Il report prodotto dai ricercatori della Rome Business School ha messo in luce un altro dato interessante: la metà dei millenials milionari ha almeno il 25% del loro patrimonio investito in criptovalute e NFT, mentre i baby boomers milionari detengono meno del 10% in questi asset. Sintomo che le generazioni più giovani hanno più fiducia nell’ecosistema crypto, che conoscono meglio rispetto ai loro genitori.
Da un sondaggio condotto dagli autori dello studio a Roma su 127 partecipanti per capire quanto le criptovalute e la blockchain siano conosciute dalla popolazione, è emerso che il 64% dei partecipanti ha sentito parlare di Bitcoin il 95% delle volte, di Ethereum solo l’1%, e solo il 2% è a conoscenza (seppur limitata) di come funzioni la tecnologia blockchain. Le fasce di età di coloro che sono a conoscenza di cosa siano le crypto sono nel 41% giovani tra 18-25 anni e nel 35% appartenenti alla fascia 23-35 anni.
Investimenti destinati a crescere
Ormai le criptovalute sono diventate una forma di investimento alternativo fondamentale nello scacchiere finanziario mondiale e, insieme alla tecnologia blockchain, sono tra le innovazioni più dirompenti dei nostri tempi. Secondo l’International Data Corporation gli investimenti in soluzioni blockchain sono destinati a crescere in modo considerevole e sfioreranno i 12 miliardi di dollari entro fine anno.
I vantaggi per cittadini e aziende sono molteplici: maggiore trasparenza, efficienza e protezione dei dati sensibili dal rischio di frodi, e riduzione dei costi. Per le banche l’uso della blockchain si traduce in tempistiche più rapide: “transazioni che prima richiedevano 5 giorni ora possono essere eseguite in circa 4 ore” afferma Varun Bakshi, Head of Products and Transaction Banking di RBL Bank. Inoltre, secondo uno studio di Thomson Reuters, il 12% delle aziende negli Stati Uniti ha dichiarato di aver cambiato banca a causa dei ritardi nel processo KYC (Know Your Customer). Velocità nei processi, costi gestionali più bassi e maggiore capacità di prevenire frodi sono fattori chiave su cui si basa la scelta di una banca rispetto a un’altra.
Secondo CB Insights gli ambiti bancari che saranno più influenzati dalla blockchain sono:
- i pagamenti, che diventano più veloci e sicuri
- le raccolte fondi
- le securities, con azioni e obbligazioni che potranno essere tokenizzate
- i prestiti e i crediti, con prezzi più competitivi
- il trading, dove la tecnologia blockchain sta già prendendo piede
Proprio per questo è richiesta da più parti una regolamentazione uniforme a livello europeo e mondiale e sempre aggiornata che vada a rispondere a un fenomeno in forte ascesa che presenta notevoli vantaggi e opportunità ma anche rischi. Purtroppo, infatti, oggi le criptovalute vengono usate anche per fini criminali e circa 1.5 miliardi di euro in criptomonete vengono spesi ogni anno sul dark web per attività illecite, droga e prostituzione (fonte: Europol).
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