Tra la riforma del taglio dei parlamentari e un eventuale referendum, al Senato sono frenetiche le discussioni per capire quale possa essere la strategia migliore per evitare delle sempre più probabili elezioni anticipate.
L’obiettivo è chiaro così come il terreno dove si giocherà questa partita, ma la strategia per raggiungere lo scopo è ancora tutto da delineare. Protagonisti di questa sorta di psicodramma sono la grande maggioranza silenziosa dei senatori, i cosiddetti peones, che vedono ogni giorno che passa concretizzarsi lo spettro delle elezioni anticipate.
Il rischio è veramente alto e vede uniti in maniera trasversale esponenti dell’attuale maggioranza e quelli di Forza Italia: perdere dopo neanche due anni la comoda poltrona nella bambagia di Palazzo Madama.
Il problema è che l’attuale governo nonostante sia in carica da pochi mesi sembrerebbe già essere arrivato al capolinea, con i giallorossi che potrebbero terminare la loro esperienza dopo l’approvazione della legge di Bilancio anche se ancora non è chiaro chi potrebbe prendersi la responsabilità di staccare la spina.
Per evitare ogni rischio, al Senato i peones stanno però cercando di capire come sfruttare al massimo l’imminente entrata in vigore del taglio dei parlamentari, che potrebbe essere prorogata nel caso venissero raccolte le firme necessarie a Palazzo Madama, ne mancherebbero poco più di una decina, per chiedere un referendum sulla riforma.
Spazzare la palla in tribuna guadagnando così qualche mese però non andrebbe a blindare di certo la legislatura, che potrebbe ugualmente terminare in maniera anticipata una volta espletato il referendum: tra i senatori serpeggia quindi anche l’idea di far scattare subito il taglio dei parlamentari, così da frenare gli impeti di voto anche di quei parlamentari di Lega e Fratelli d’Italia che non avrebbero la garanzia di un seggio sicuro.
Incubo elezioni anticipate
Nel machiavellico tentativo di allontanare il più possibile l’eventualità di un ritorno alle urne anche in primavera, al Senato sono diverse le linee di pensiero su come poter riuscire in questo intento blindando l’attuale legislatura.
Dopo l’approvazione definitiva del taglio dei parlamentari, che porterà a una sforbiciata di 230 deputati e 115 senatori in meno, c’è tempo fino al 12 gennaio per indire un referendum sulla riforma presentando 65 firme di senatori.
Attualmente si conterebbero più di cinquanta firme, tra cui anche alcuni senatori del Movimento 5 Stelle in rotta di collisione con il capo politico Luigi Di Maio, ma resta da capire se converrebbe o no far scattare il referendum.
Senza un referendum a gennaio diventerebbe effettiva la riforma e gli italiani alle prossime elezioni andrebbero a eleggere un Parlamento molto più snello. Questa eventualità potrebbe serrare ulteriormente le fila dei peones, anche quelli di Lega e Fratelli d’Italia nonostante i sondaggi positivi, per allungare il più possibile questa legislatura.
Al tempo stesso, l’attuale maggioranza di governo non sembrerebbe avere la forza per durare a lungo e, il Presidente Mattarella è stato molto chiaro a riguardo, se il Conte bis dovesse cadere non ci sarebbe alternativa alle urne.
Circola quindi negli ambienti anche un’altra opzione sul tavolo: sciogliere le Camere prima del 12 gennaio andando a votare così con l’attuale legge elettorale evitando la sforbiciata dal taglio dei parlamentari che non sarebbe ancora in vigore.
Se si dovesse andare a breve alle urne Movimento 5 Stelle, Partito Democratico e Italia Viva subirebbero un forte ridimensionamento ma, nel caso si votasse dopo l’entrata in vigore del taglio dei parlamentari, per i partiti della maggioranza sarebbe un autentico bagno di sangue. La scelta a questo punto è tra quale potrebbe essere il male minore.
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