Congedo parentale, riposi per allattamento e congedo di maternità: quando scadono effettivamente? Facciamo chiarezza su qual è l’ultimo giorno esatto per il loro godimento.
Nei congedi e nei permessi riconosciuti ai genitori, il compleanno del figlio è compreso o escluso dal termine entro il quale questo va goduto?
Ogni permesso o congedo riconosciuto a chi diventa genitore deve essere goduto entro un certo limite indicato dall’Inps: questo vale per il congedo di maternità, ma anche per il congedo parentale e per i riposi per l’allattamento. Ci sono dei casi in cui il limite coincide con il compleanno del bambino, altri - come ad esempio il congedo di maternità - che invece hanno una scadenza variabile a seconda dell’inizio dell’astensione dell’attività lavorativa.
A tal proposito, molti lavoratori si chiedono se l’ultimo giorno indicato dalla normativa sia compreso oppure escluso; faremo chiarezza su questo aspetto nel prosieguo dell’articolo, dove trovate anche un importante promemoria su quali sono le scadenze previste per congedi e permessi spettanti ai neo-genitori.
Congedi e permessi per chi diventa genitori: la scadenza è “compresa”
Partiamo subito rispondendo alla domanda di apertura: nella maggior parte dei casi - salvo quando viene espressamente detto il contrario - la scadenza indicata dall’Inps coincide con l’ultimo giorno di fruizione del congedo o del permesso.
Quindi, se leggete “fino a” dovete considerare il termine indicato come l’ultimo giorno a disposizione per godere di un eventuale beneficio; superata la scadenza dovrete rientrare in servizio, oppure dovrete riprendere l’orario di lavoro tradizionale nel caso in cui abbiate effettuato un ridotto per l’effetto dei permessi per allattamento.
Fatta chiarezza su questo concetto possiamo vedere più nel dettaglio qual è la scadenza esatta dei vari permessi e congedi, partendo da quello di maternità.
Astensione obbligatoria per maternità: le scadenze
La scadenza del congedo di maternità - ossia il periodo di astensione obbligatoria riconosciuto alle lavoratrici in gravidanza retribuito con un’indennità pari all’80% della retribuzione media globale giornaliera - dipende dal periodo in cui la lavoratrice decide di usufruirne.
Solitamente, infatti, il congedo parte dal 2° mese precedente alla data presunta del parto e scade al compimento del 3° mese del figlio. Questo termine è “compreso”: ad esempio, se il parto è avvenuto il 20 agosto il rientro a lavoro è previsto il 21 novembre.
Ricordiamo a tal proposito che questo termine è valido anche nel caso in cui il parto sia avvenuto successivamente alla data presunta; in tal caso, quindi, il congedo di maternità avrà una durata superiore ai cinque mesi.
Nel caso ne sussistano i requisiti, invece, la lavoratrice può ritardare l’inizio del congedo di maternità: ad esempio può astenersi dall’attività lavorativa da un mese prima dalla data presunta del parto, restando a casa così fino al 4° mese del figlio, oppure può decidere - in base alla novità introdotta dall’ultima Legge di Bilancio - di godere di tutto il congedo dopo il parto. In quest’ultima ipotesi, quindi, il rientro a lavoro coincide con il giorno successivo al raggiungimento del 5° mese del bambino.
Riposi per allattamento: 1° compleanno compreso o escluso?
Quanto appena detto vale anche per l’indennità per riposi giornalieri per l’allattamento del bambino. Grazie a questo strumento la lavoratrice - o in alternativa il lavoratore - ha diritto a 2 ore al giorno di riposo qualora sia impiegato per almeno 6 ore giornaliere; se invece l’orario di lavoro part-time è inferiore alle 6 ore, spetta una sola ora di riposo al giorno.
Questa possibilità è riconosciuta fino al primo anno di vita del bambino, compleanno compreso. Dal giorno successivo al compimento del 1° anno del figlio, quindi, bisognerà riprendere - salvo il caso in cui si fruisca del congedo parentale ad ore - il normale orario di lavoro.
Congedo parentale: le scadenze
A chi diventa genitore spettano anche dei permessi facoltativi per soddisfare i bisogni affettivi e relazionali del figlio in quei casi in cui ciò venga impedito dallo svolgimento dell’attività lavorativa: complessivamente sono 10 mesi di congedo fruibili dai genitori (per un massimo di 6 mesi ciascuno) entro il 12° anno di età del figlio.
Anche in questo caso il compleanno è compreso, quindi dal giorno successivo non sarà più possibile richiedere l’astensione facoltativa per congedo parentale.
Ci sono però altre scadenze da tenere in considerazione quando si parla di congedo parentale: questo, infatti, è retribuito al 30% della retribuzione solo quando viene usufruito entro il 6° anno di età del figlio (compleanno compreso); tra i 6 e gli 8 anni, invece, è retribuito solo e il reddito individuale del genitore richiedente risulti inferiore a 2,5 volte l’importo annuo del trattamento minimo di pensione.
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