Pyongyang cerca valuta estera e rilancia il turismo, ma impone (letteralmente) il silenzio e il controllo ai suoi visitatori.
Dopo cinque anni di isolamento autoimposto, la Corea del Nord ha deciso di riaprire (parzialmente) i confini al turismo occidentale. Ma come ogni apertura di Pyongyang, anche questa arriva con un prezzo: 645 euro per un tour di cinque giorni e una serie di restrizioni, prima fra tutte il divieto di discutere apertamente della realtà del regime. Il viaggio sarebbe una finestra turistica controllata, che non lascia spazio alla narrazione indipendente.
Il ritorno dei tour occidentali
Due agenzie di viaggio, la Koryo Tours e la Young Pioneer Tours, entrambe con sede a Pechino, hanno ricevuto il via libera per organizzare visite guidate nella Zona Economica Speciale di Rason. Questa regione, al confine con Cina e Russia, è stata il primo esperimento nordcoreano di timida apertura al mercato, con una rete di telefonia mobile, un sistema di pagamento con carta e il primo mercato legale del Paese. Lontana da Pyongyang e da occhi indiscreti, Rason è il compromesso perfetto per il regime: permette l’afflusso di valuta estera senza compromettere il ferreo controllo interno.
Un itinerario surreale e turismo sotto sorveglianza
L’itinerario proposto da Koryo Tours include visite a fabbriche, scuole di lingue straniere, aree ricreative sul mare e persino una banca dove i visitatori possono aprire un conto nordcoreano. Sembra che il primo tour sia partito il 12 febbraio, in coincidenza con le celebrazioni per il compleanno di Kim Jong Il, padre dell’attuale leader Kim Jong Un. Young Pioneer Tours, invece, propone un viaggio che prevede anche un pernottamento nella vicina Yanji, città cinese con una forte comunità coreana, prima di esplorare Rason, il triplice confine e bar locali selezionati.
Nonostante l’entusiasmo delle agenzie, il turismo in Corea del Nord resta un’attività ad alto rischio. Dal 2017, ai cittadini statunitensi è vietato l’ingresso nel Paese, dopo il caso di Otto Warmbier, lo studente arrestato con l’accusa di aver rubato un manifesto di propaganda e rilasciato in stato vegetativo. La sua morte ha segnato un punto di non ritorno nei rapporti tra Washington e Pyongyang. Inoltre, ai turisti occidentali viene imposto un codice di comportamento rigoroso: non è permesso parlare apertamente di politica, fotografare aree non autorizzate o interagire con i cittadini locali al di fuori dei percorsi prestabiliti.
Una riapertura calcolata
Comunque, l’interesse di Pyongyang per il turismo non è casuale. Dopo anni di chiusura, il regime di Kim Jong Un sta cercando di riallacciare i rapporti economici con Cina e Russia, mentre le sanzioni internazionali restano un cappio sempre più stretto. La pandemia ha aggravato la già precaria economia nordcoreana, e l’afflusso di valuta estera dai turisti potrebbe rappresentare una boccata d’ossigeno.
Tuttavia, resta da vedere quanto questa riapertura sarà effettivamente sostenibile. Per ora, solo poche agenzie selezionate hanno accesso a questa opportunità, e il turismo di massa rimane lontano. Ma se la strategia dovesse funzionare, potremmo assistere a nuove (e altrettanto controllate) aperture nei prossimi anni. Con un’unica certezza: in Corea del Nord, ogni parola fuori posto può costare caro.
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