L’età delle persone ricoverate in terapia intensiva si sta abbassando, ma il numero dei pazienti aumenta.
Cambia l’età dei pazienti ricoverati in terapia intensiva a causa dell’iniezione da coronavirus, secondo quanto riportato da uno studio condotto nel Policlinico Gemelli. Già lo scorso luglio si era assistito ad una diminuzione dell’età dei pazienti che dai 65/80 anni è scesa a 40/60, mentre l’età media delle persone positive alla Sars-Cov-2.
Sono proprio i giovani positivi a destare maggiori preoccupazioni, infatti sebbene la maggior parte sia completamente asintomatica, o manifesti dei sintomi molto lievi, possono diventare la causa di infezione dei parenti più anziani.
Scende l’età dei pazienti in terapia intensiva
Massimo Antonelli, direttore del dipartimento di Anestesia e Rianimazione del Policlinico Gemelli Irccs di Roma, membro del Comitato tecnico scientifico per il contenimento del coronavirus, ha fatto sapere che nell’ultimo periodo i pazienti ricoverati in terapia intensiva sono diversi rispetto all’inizio della pandemia. La nuova impennata di contagi inoltre ha fatto aumentare anche il numero dei ricoveri, spiega il medico:
“Stiamo registrando un incremento dei ricoveri, anche di quelli in terapia intensiva. Un fenomeno tollerabile dalle strutture sanitarie, che non ha nulla a che vedere con quanto abbiamo visto a marzo, ma che non deve essere sottovalutato”.
Antonelli precisa però che grazie alla nuova organizzazione delle strutture sanitarie è possibile garantire una maggiore disponibilità di letti nelle terapie intensive, fornendo anche una maggiore tranquillità, rispetto ai mesi di marzo e aprile, nel caso di una seconda ondata. Il medico precisa anche che adesso il personale sanitario è più preparato: “conosciamo meglio il nostro nemico e sappiamo identificare e trattare prima i pazienti con sintomi. I pazienti impegnativi arrivano prima in ospedale e, quando serve, arrivano prima anche in terapia intensiva: così possiamo trattarli in modo precoce”.
L’importanza del trattamento e della prevenzione
Antonelli spiega anche che ormai, dopo mesi di tentativi, si è giunti anche ad un consolidamento della terapia: in caso di una polmonite, i pazienti vengono sottoposti a ventilazione, a pancia in giù e se necessario, sottoposti a circolazione extracorporea. Il medico ricorda inoltre che al momento, in attesa di un vaccino, l’unica arma che abbiamo per difenderci è la prevenzione:
“Non ci stanchiamo di ricordare l’importanza del distanziamento, dell’uso delle mascherine soprattutto negli ambienti chiusi e dove non è possibile la distanza, dell’igiene delle mani e di evitare le aggregazioni. L’atteggiamento che abbiamo visto questa estate, con un allentamento dell’attenzione, rappresenta una reazione comprensibile ma pericolosa”.
Antonelli spiega che è necessario resistere ancora un po’ prima di poter tornare ufficialmente alla normalità, e tanto più le persone saranno responsabili, tanto prima questo situazione potrebbe giungere alla fine.
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