Coronavirus ritrovato nelle fogne italiane: l’ISS sul rischio contagio

Martino Grassi

22 Aprile 2020 - 15:13

Nelle fognature di Roma e Milano sono state ritrovate tracce di coronavirus. Gli esperti dell’ISS rassicurano che non vi sono rischi per l’uomo, ma la scoperta potrebbe aiutare a mappare il numero dei contagi.

Coronavirus ritrovato nelle fogne italiane: l’ISS sul rischio contagio

Da uno studio condotto dall’analisi delle acque reflue di Roma e Milano sono state ritrovate delle tracce di coronavirus nelle fognature. Già qualche giorno fa, a Parigi il virus era stato ritrovato nella rete idrica di acqua non potabile, ma gli esperti avevano già avvisato che non vi è alcun rischio di contagio.

Anche in un documento diffuso dall’Epicentro ISS si legge che “i virus che entrano nell’impianto di depurazione vengono generalmente inattivati dai processi di trattamento fisici, biologici e chimici”. A rassicurare i cittadini arriva anche la dichiarazione di Luca Lucentini, il direttore del Reparto di Qualità dell’Acqua e Salute dell’Istituto Superiore di Sanità:

“È un risultato che non sorprende e non implica alcun rischio per la salute umana. Come evidenziato in un recente documento pubblicato dall’Istituto, il ciclo idrico integrato, cioè il processo che comprende potabilizzazione delle acque e sistemi di fognatura e depurazione, è certamente sicuro e controllato rispetto alla diffusione del virus responsabile della COVID-19, come anche di altri patogeni”.

La ricerca italiana si aggiunge a dozzine di studi effettuati in diverse nazioni, tra cui i Paesi Bassi, gli Stati Uniti e la Svezia, confermando quanto già noto e rivelandosi particolarmente utile per mappare il numero dei contagi e per individuare dei nuovi possibili casi.

Coronavirus nelle fogne, nessun rischio di contagio

Anche se vi sono tracce di RNA virale nella rete fognaria, non ci sono pericoli di contagio per l’uomo. “Il ritrovamento non ha nessun rischio” spiega Lucentini, ma l’analisi condotta può essere uno strumento utile durante la Fase 2 per attuare una sorveglianza sul numero di contagi e monitorare in modo indiretto le nuove possibili infezioni della popolazione, evidenziando una possibile ricomparsa ed individuando in modo precoce i nuovi focolai.

Anche per Gertjan Medema, microbiologo del KWR Water Research Institute di Nieuwegein nei Paesi Bassi, questo sistema sarebbe in grado di controllare una vastissima porzione di popolazione, in un solo impianto di trattamento può catturare le acque reflue di oltre un milione di persone. Questa analisi è potenzialmente in grado di fornire stime più precise di quanto possano fare i test sierologici dal momento che le persone testate attualmente sono unicamente quelle che manifestano sintomi gravi, mentre dall’analisi delle acqua è possibile individuare anche le persone asintomatiche o con sintomi lievi, rilevando il materiale genetico della SARS-CoV-2.

Kyle Bibby, un ingegnere ambientale dell’Università di Notre Dame in Indiana, sostiene che l’individuazione precoce dell’arrivo del virus in una comunità potrebbe limitare i danni alla salute e all’economia causati dalla COVID-19, soprattutto nel caso di una seconda ondata.

L’analisi di altri virus nelle acque reflue

Ana Maria de Roda Husman, ricercatrice di malattie infettive presso l’Istituto nazionale olandese per la salute pubblica e l’ambiente di Bilthoven, afferma che che la sorveglianza di routine delle acque reflue potrebbe essere usata come strumento non invasivo di allarme preventivo per allertare le comunità sulle nuove infezioni COVID-19.

In passato lo stesso istituto ha monitorato le acque di scarico per individuare focolai di altri virus tra cui norovirus, batteri resistenti agli antibiotici, polio e morbillo.

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