Febbre inarrestabile: +30% dall’inizio del 2024. L’oro sfida anche il dollaro con il suo DNA da bene rifugio per eccellenza.
L’oro continua a far gola agli investitori, raggiungendo nuovi massimi storici. Nelle ultime ore i prezzi del metallo giallo sono schizzati anche oltre la soglia psicologica dei $2.700 l’oncia, dando sempre più ragione a chi, da un po’, ha messo nel mirino quota $3.000.
I motivi per continuare a fare incetta dei lingotti, di fatto, si sprecano: intanto, alla base di buy scatenati è il DNA stesso dell’oro, noto per essere il bene rifugio per eccellenza: e, vista l’incertezza e la tensione che salgono sui mercati e sullo scacchiere geopolitico internazionale, è naturale che la febbre per l’oro non solo non si stia arrestando, ma stia, anzi, ulteriormente salendo.
Le tensioni, tra l’altro, non faranno altro che intensificarsi, dal momento che le elezioni presidenziali degli Stati Uniti del prossimo 5 novembre si stanno facendo sempre più vicine.
È la paura, dunque, che sta muovendo da grande market mover. “Oltre alle preoccupazioni per il Medio Oriente, si stanno avvicinando anche le elezioni Usa”, ha fatto notare Nitesh Shah, commodity strategist di WisdomTree, in una nota riportata dalla Reuters, ricordando che, “spesso l’oro è proprio l’asset verso cui dirigersi in tempi di incertezza”.
E ieri non è stato soltanto il BCE Day, ma anche il giorno in cui il mondo intero è venuto a conoscenza dell’uccisione da parte dell’esercito israeliano del leader di Hamas, Yahya Sinwar. Immediata la reazione di Hezbollah, che ha già avvertito che la morte di Sinwar non rimarrà impunita.
Rally oro in contesto di tassi BCE e Fed in discesa
L’altro fattore è il contesto di tassi di interesse destinati a diventare più bassi, come ha dimostrato il terzo atto del 2024 lanciato ieri dalla BCE di Christine Lagarde.
Vero è che, nell’ultimo periodo, quelle speculazioni su nuovi maxi tagli dei tassi da parte della Fed di Jerome Powell si sono smorzati: fatto sta che, non solo la traiettoria dei tassi dell’area euro, ma anche quella made in Usa, sembra essere stata ormai tracciata, confermando il ragionamento che già da un po’ pilota le scelte degli investitori: quello secondo cui sono state le stesse banche centrali a blindare l’outlook del metallo. Non è un caso che, dall’inizio del 2024, le quotazioni del metallo prezioso siano schizzate del 30% circa.
E così fioccano nuove previsioni bullish: gli analisti di BMI hanno detto per esempio di prevedere che i prezzi dell’oro oscilleranno nell’arco dei prossimi mesi all’interno di un range compreso tra $2,500-$2,800, prezzando sia gli elevati livelli delle tensioni geopolitiche che il sostegno che arriverà all’economia Usa con ulteriori tagli dei tassi da parte della Federal Reserve.
Un contesto di tassi di interesse più bassi, vale la pena di ricordare, di per sé aumenta l’appetibilità dell’oro, asset privo di rendimenti.
L’assist della Fed alle quotazioni dell’oro non viene messo in dubbio, visto che i trader scommettono ancora su una sforbiciata dei tassi da parte di Powell & Co. nella riunione di novembre, con una probabilità pari a ben il 90%.
La febbre dell’oro non è stata frenata nelle ultime sedute neanche dai rialzi del dollaro, scattati a causa dell’outlook di una BCE disposta a tagliare i tassi dell’area euro in modo più significativo rispetto a quanto farà la Fed. Lo ha fatto notare Tai Wong, trader indipendente nel mercato dei metalli che, interpellato anche lui da Reuters, si è così espresso: “L’oro ha snobbato il balzo del dollaro, riportando un rally a ogni occasione. Si tratta di un mercato toro che non mostra alcun segnale di esaurimento”.
Altre indicazioni bullish sono arrivate intanto dai rappresentanti del London Bullion Market Association (LBMA), in occasione della riunione annuale dell’associazione, che si è tenuta questa settimana: dal sondaggio è emerso l’outlook di prezzi in ulteriore rialzo, nell’arco dei prossimi 12 mesi, fino a $2,941 l’oncia. Quota $3.000 sarebbe dunque a quanto pare sempre più vicina.
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