Il presidente del Senato La Russa è finito al centro delle polemiche dopo alcune sue dichiarazioni sull’attentato del 1944 in via Rasella: ecco cosa accadde.
Tornare a parlare di Resistenza è quanto mai necessario, specialmente alla luce dei fatti che vedono esponenti del Governo Meloni riscrivere la storia della Resistenza e della lotta partigiana in Italia.
Dagli anni ’90 si è ormai andato delineandosi un atteggiamento non solo nostalgico ma anche re-interpretativo dei fatti storici accaduti in Italia da parte del centrodestra. L’ultimo episodio vede al centro delle polemiche le dichiarazioni della seconda carica più importante dello Stato, il presidente del Senato Ignazio La Russa, il quale durante un’intervista del quotidiano Libero, avrebbe parlato di uno dei fatti storici più noti della Resistenza italiana, l’attentato di via Rasella, riscrivendone la storia.
La Russa, che oggi fa parte di Fratelli d’Italia, iniziò la sua carriera politica nel Movimento Sociale Italiano (Msi), il partito fondato nel 1946 da ex fascisti e membri della Repubblica Sociale Italiana. L’attuale presidente del Senato non solo non ha mai nascosto in questi anni le sue simpatie per l’estrema destra, anzi si è reso protagonista di frasi ed episodi volti a rivendicare l’operato e la memoria fascista. Questa volta però le cose false dichiarate sull’attentato in via Rasella del 23 marzo 1944 gli sono valse critiche e accuse di revisionismo storico.
Mentre si avvicina il 25 aprile è quanto mai necessario e importante per la storia e memoria italiana conoscere cosa accadde realmente in via Rasella, le conseguenze e perché è importante parlare oggi di Resistenza.
Via Rasella e Fosse Ardeatine, la storia “riscritta” dal Governo Meloni: cosa ha detto La Russa
In queste ultime settimane il Governo è finito più volte al centro delle polemiche a causa di alcune dichiarazioni della premier Giorgia Meloni e del presidente del Senato Ignazio La Russa in merito alle Fosse Ardeatine (24 marzo 1944), conseguenza di quanto accadde in via Rasella (23 marzo 1944).
La premier durante la commemorazione delle 335 vittime dell’eccidio delle Fosse Ardeatine avrebbe infatti dichiarato che questi furono massacrati dai nazisti “solo perché italiani”, rimuovendo ogni riferimento alla componente antifascista, politica e religiosa delle vittime. A far chiarezza è intervenuto il presidente dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo, il quale ha subito precisato che le vittime furono scelte in base a una selezione che colpiva gli antifascisti, i resistenti, gli oppositori politici e gli ebrei - grazie alla collaborazione dei fascisti.
Altrettanto grave quanto dichiarato dal presidente La Russa, il quale avrebbe definito l’attentato in via Rasella “una pagina tutt’altro che nobile della Resistenza”, spiegando che le vittime dell’attentato partigiano non furono “nazisti delle SS”, ma “una banda musicale di semi pensionati altoatesini”. Storia falsa che occulta ciò che è successo realmente in via Rasella. Le dichiarazioni del presidente del Senato hanno suscitato la sollevazione e reazione di altri esponenti politici, tra questi la leader del Pd, Elly Schlein, che ha definito le parole di La Russa “indecenti, inaccettabili per il ruolo che ricopre”.
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Resistenza, cosa è successo davvero a via Rasella?
A questo punto è quanto mai necessario ripercorrere i fatti storici e le azioni del Gap (Gruppi di Azione Patriottica) del 23 e 24 marzo 1944. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, il Polizeiregiment “Bozen”, un reparto militare della polizia nazista creato in Alto Adige, fu dispiegato in tutta l’Italia per compiti di sorveglianza, specialmente durante l’occupazione di Roma.
Nel marzo del 1944 alcuni partigiani delle Brigate Garibaldi, organizzate dal Pci (partito comunista) - allora fuorilegge - registrarono il percorso che ogni giorno compiva una colonna di soldati tedeschi della Bozen, pianificando un’azione di guerriglia. Così il 23 marzo 1944 fu fatto esplodere un ordigno in via Rasella, durante il passaggio della colonna: morirono 33 soldati tedeschi e ne rimasero feriti circa un centinaio. L’esplosione uccise anche due civili, mentre altri quattro furono uccisi nella sparatoria con cui i nazisti reagirono all’esplosione.
La rappresaglia tedesca fu cruda e veloce. Nel giro di 24 ore venne deciso che dieci italiani sarebbero stati uccisi per ognuno dei nazisti morti nell’attentato, e così furono selezionati - con l’ausilio di truppe fasciste - tra prigionieri antifascisti, resistenti, oppositori politici ed ebrei, non ancora deportati, i 330 (poi divenuti 335) cittadini che sarebbero stati trucidati nell’eccidio delle Fosse Ardeatine.
Quanto sostenuto da La Russa è dunque falso: non si trattò dell’uccisione di una banda musicale di “semi pensionati”, reinterpretazione errata di alcune testimonianze che sostenevano come al momento dell’attentato i soldati del Polizeiregiment “Bozen” stessero cantando. È vero invece che non facevano parte delle SS benché tutti i reparti di polizia tedeschi facessero riferimento alle SS.
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Perché parlare della Resistenza: il problema della memoria partigiana
Purtroppo, le dichiarazioni di La Russa, così come quelle della premier Meloni, sono la prova di un tentativo di reinterpretare la storia italiana ridimensionando (e sminuendo) il ruolo dei Gap all’interno della Resistenza, così come la decisione di eliminare ogni componente politica dalla strage delle Fosse Ardeatine.
Non si può negare che l’intera Italia abbia problemi con la storia più recente, rimanendo ancorati al mito di “italiani brava gente” non ci si è assunti la responsabilità storica della dittatura fascista, così come quella della Resistenza. Il problema oggi della memoria partigiana sta proprio nella mancata comprensione e discussione critica (a partire dalle scuole) del ruolo e della triplice natura della Resistenza Italiana.
Questa, infatti, come spiega Claudio Pavone nel saggio Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità nella Resistenza (1991), è stata esaltata dalle istituzioni come guerra di liberazione nazionale contro l’invasione tedesca. Ma la Resistenza è stato molto altro: guerra di classe , guerra politica e soprattutto guerra civile - dimensione da sempre scomoda per i partiti che hanno reinterpretato (il centrodestra) o censurato (centrosinistra) la dimensione fratricida della guerra.
Eppure, solo riappropriandoci della storia (e memoria) della Resistenza si possono comprendere quelle “zone grigie” della storia italiana in modo da impedire che azioni politiche come quella di via Rasella, che aveva lo scopo di mostrare una parte degli italiani che si opponeva al regime nazista e fascista, vengano cancellate e sminuite, quando queste sono state simboliche e importanti durante la Resistenza. Come direbbe il partigiano Johnny di Beppe Fenoglio “era qualcosa che andava fatto”: dire di “no” - opponendosi ai regimi - fino in fondo.
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