In un discorso di 100 minuti, Trump ha ribadito la sua visione economica per gli USA dinanzi al Congresso riunito. Guerra commerciale e dazi sono al centro del piano, ma con quali conseguenze?
L’economia USA è sotto i riflettori più che mai da quando Donald Trump è diventato presidente della prima potenza mondiale.
I motivi sono noti: il tycoon ha rotto tutti gli schemi, politici ed economici, e in sole 6 settimane ha sconvolto l forza lavoro federale con una raffica di licenziamenti, ha rivoluzionato i rapporti con gli storici alleati, ha scosso ogni potenziale piano di pace in Ucraina, legittimando la figura di Putin, ha scatenato una guerra commerciale globale.
In questo contesto incerto e imprevedibile, il presidente Donald Trump è salito sul “podio” della sessione congiunta del Congresso degli Stati Uniti, dichiarando: “Il sogno americano è inarrestabile. Siamo solo all’inizio”. Ma di cosa, cominciano a chiedersi analisti, investitori e gli stessi americani?
I segnali di allerta per l’economia statunitense sono tornati alti e lo stesso Trump ha dovuto ammettere che la guerra dei dazi - che non ha alcuna intenzione di alleggerire - porterà un certo disagio economico agli statunitensi.
Cosa si prospetta, davvero, per l’economia USA? Il piano del tycoon potrebbe trasformarsi in un incubo.
Il piano di Trump per l’economia USA porterà alla recessione?
L’economia statunitense, elogiata per la sua sorprendente resilienza alla pandemia, all’elevata inflazione e ai rapidi aumenti dei tassi di interesse, si trova ad affrontare una nuova sfida: la guerra commerciale targata Trump, vista dagli economisti come una ricetta per meno posti di lavoro, crescita più lenta e prezzi più alti.
Il presidente USA non intende arretrare, pur ammettendo dinanzi al Congresso riunito che qualche “disturbo” ci sarà per i cittadini americani con l’aumento dei dazi, ma lo sforzo sarà premiato.
Trump ha difeso il suo piano di rendere di nuovo gli USA la più grande economia del mondo attraverso i più ampi aumenti tariffari in un secolo, dicendo che avrebbe generato l’entrata di “trilioni e trilioni” di dollari e riequilibrato le relazioni commerciali che ha definito ingiuste.
Il dolore economico che le imposte dovrebbero causare sotto forma di prezzi più alti sarà solo un “piccolo disturbo” che la nazione dovrebbe essere in grado di superare.
“I dazi servono a rendere l’America di nuovo ricca e grande. E sta succedendo, e succederà piuttosto in fretta. Ci saranno dei piccoli disordini, ma ci sta bene. Non saranno molti”, ha affermato.
Il disagio nei confronti dell’aggressiva spinta tariffaria di Trump si percepisce su più fronti.
Le azioni sono state duramente colpite con l’entrata in vigore dei dazi contro i maggiori partner commerciali degli Stati Uniti, Canada, Messico e Cina, con l’indice S&P 500 che ha chiuso al suo livello più basso da prima delle elezioni dell’anno scorso.
La Federal Reserve Bank di Atlanta prevede una contrazione del 2,8% del Pil annualizzato nel primo trimestre. Le ricadute dei dazi, supponendo che Trump non faccia marcia indietro di fronte al crollo dei mercati azionari e alle crepe nel sentiment dei consumatori e delle aziende, dovrebbero essere ampie, profonde e dispendiose in termini di tempo secondo diverse analisi.
leggi anche
Stati Uniti, la recessione c’è ma non si vede? Ecco qualche indizio dal mercato immobiliare

Oltre a uno shock sui prezzi, i dazi potrebbero anche iniziare a uccidere la domanda secondo Diane Swonk, economista capo di KPMG, in particolare se i consumatori si ritirano e le aziende che affrontano un’incertezza elevata frenano investimenti e assunzioni. La mossa rischia anche di avere conseguenze indesiderate, se, ad esempio, le banche restringono il credito alle piccole imprese invece di estendere improvvisamente costosi titoli doganali.
Una recessione all’inizio del prossimo anno non è fuori questione, ha detto Swonk, con alcuni analisti che si aspettano che una flessione possa travolgere il continente, data la dipendenza di Canada e Messico dalle esportazioni verso il mercato statunitense. Le ritorsioni potrebbero ulteriormente aggravare l’impatto.
L’analisi dell’economista afferma che la tariffa effettiva distribuita su circa 3 trilioni di dollari di importazioni statunitensi potrebbe salire alle stelle al 16% entro l’inizio del 2026 da un’attuale base di circa il 3% se Trump darà seguito a tutte le sue minacce.
Sarebbe il tasso più alto dal 1936, durante la Grande Depressione, e “ti fa flirtare con la stagflazione”, il mix tossico di crescita debole, elevata disoccupazione e inflazione persistente che ha caratterizzato gli anni ’70.
Uno studio accademico del 2019 ha concluso che i consumatori e le aziende statunitensi hanno pagato la maggior parte dei costi dei dazi di Trump durante la sua prima amministrazione e che, tenendo conto delle rappresaglie, le principali vittime delle guerre commerciali sono stati gli agricoltori e gli operai delle aree che hanno sostenuto Trump nel 2016.
Inflazione, quale piano ha Trump?
Maggiori dazi fanno rima con prezzi più alti per i consumatori USA. Cittadini e aziende sono preoccupati.
Un sondaggio Harris condotto per Bloomberg News ha rilevato che quasi il 60% degli adulti statunitensi si aspetta che i dazi di Trump porteranno a prezzi più alti e che il 44% ritiene che le imposte possano essere dannose per l’economia statunitense.
La questione della guerra delle tariffe è stata menzionata per ben 700 volte durante le chiamate sugli utili trimestrali per le aziende S&P 500, secondo un’analisi delle trascrizioni di Bloomberg News.
In effetti, i dazi che Trump ha già imposto a Cina, Canada e Messico costerebbero a una tipica famiglia statunitense più di 1.200 dollari all’anno, ha affermato il Peterson Institute.
Trump, però, h approfittato del suo discorso per additare Biden della peggiore crisi inflazionistica negli USA. L’impennata del costo delle uova ha fatto notizia nelle ultime settimane e il tycoon, che aveva promesso agli elettori che avrebbe sconfitto l’inflazione al suo ritorno in carica, ha chiarito chi riteneva fosse il responsabile.
“Come sapete, abbiamo ereditato dall’ultima amministrazione una catastrofe economica e un incubo di inflazione. In particolare, Joe Biden ha lasciato che il prezzo delle uova diventasse incontrollabile e stiamo lavorando duramente per riportarlo a livelli bassi”, ha sottolineato Trump
I prezzi delle uova sono saliti alle stelle sotto Biden, quando la sua amministrazione ha ordinato l’abbattimento di milioni di uccelli lo scorso anno a causa di un’epidemia di influenza aviaria; tuttavia, i prezzi hanno continuato a salire durante la presidenza di Trump.
L’inflazione è leggermente aumentata, attestandosi al 3% il mese scorso, ma è ben al di sotto del picco del 9,1% registrato nel 2022.
Secondo un sondaggio Reuters/Ipsos condotto martedì, solo un americano su tre approva la gestione del costo della vita da parte di Trump.
Addio ai fondi per i chip
Trump ha sponsorizzato le sue mosse tariffarie come più efficaci nel portare posti di lavoro negli Stati Uniti rispetto agli sforzi di Biden, che includevano il Chips and Science Act e i suoi miliardi di sussidi per stimolare la produzione nazionale di semiconduttori.
L’idea del tycoon è drastica anche in questo ambito: eliminare il Chips Act e stoppare l’elargizione di fondi ai produttori di chip.
Il programma di sussidi ai semiconduttori da 52 miliardi di dollari è stato appoggiato anche dai repubblicani e ha generato investimenti per oltre 400 miliardi di dollari da parte di aziende come Taiwan Semiconductor Manufacturing Co. e Intel Corp.
Il Chips Act è considerata tra le più significative incursioni degli Stati Uniti nella politica industriale da più di una generazione. Ha stanziato 39 miliardi di dollari in sovvenzioni, più prestiti e agevolazioni fiscali del 25%, per rivitalizzare la produzione americana di semiconduttori, oltre a 11 miliardi di dollari per la ricerca e lo sviluppo di chip. L’obiettivo è ridurre la dipendenza dall’Asia per i minuscoli componenti elettronici che alimentano tutto, dai microonde ai missili.
Trump ha espresso il suo sostegno all’obiettivo generale di incrementare la produzione nazionale di chip, ma ha costantemente deriso il Chips Act come mezzo per raggiungerlo. Invece, il presidente ha chiesto tariffe per alimentare gli investimenti negli Stati Uniti e ha segnalato che le tasse sulle importazioni di chip potrebbero arrivare già il mese prossimo, senza offrire ulteriori dettagli.
© RIPRODUZIONE RISERVATA