Quando vanno dichiarate le criptovalute? Una guida sugli obblighi fiscali in Italia e le eccezioni aggiornata al 2023. Tutto ciò che devi sapere sulle tasse e le operazioni rilevanti.
Quando vanno dichiarate le criptovalute?
Le criptovalute hanno guadagnato una crescente popolarità negli ultimi anni, sollevando domande sul momento e l’obbligo di dichiararle. Mentre molti sono attratti dalle criptovalute per la loro natura decentralizzata e la promessa di privacy, è fondamentale considerare anche l’aspetto fiscale delle transazioni di criptovalute.
La questione centrale relativa alla dichiarazione delle criptovalute è se e quando queste devono essere incluse nella dichiarazione dei redditi. La loro natura decentralizzata complica il monitoraggio da parte delle autorità fiscali e la tassazione, ma sempre più Paesi stanno adottando misure per disciplinare le criptovalute, come recentemente in Italia con l’ultima legge di Bilancio che regolamenta la dichiarazione delle transazioni di criptovalute come parte della dichiarazione dei redditi.
Il momento in cui è necessario dichiarare le criptovalute dipende da vari fattori, come il Paese di residenza, il tipo di transazione (acquisto, vendita o mining di criptovalute) e il periodo di possesso dell’asset digitale. Molti Paesi hanno regole specifiche che richiedono la dichiarazione di tutte le transazioni di criptovalute, mentre in altri casi può essere richiesta solo in determinate circostanze. In Italia, è la legge di Bilancio a definire nel dettaglio quando le criptovalute vanno dichiarate.
Criptovalute e obblighi fiscali in Italia
Le tasse sulle criptovalute in Italia sono state oggetto di modifiche significative con l’entrata in vigore della legge 197/2022, la legge di Bilancio 2023.
Secondo le nuove disposizioni, le plusvalenze derivanti dalle operazioni con cripto attività sono considerate redditi diversi di natura finanziaria e devono essere indicate nella dichiarazione dei redditi presentata annualmente.
La principale novità introdotta riguarda l’inquadramento fiscale delle criptovalute, non più assimilabili a valute estere, ma bene autonomo soggetto a uno specifico regime fiscale. Nello specifico, le transazioni come rimborso, cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione di cripto attività rientrano nei «redditi diversi».
Tuttavia, non tutte le operazioni con le cripto attività sono soggette a tassazione separata: la legge di Bilancio permette infatti di distinguere tra operazioni rilevanti e operazioni non rilevanti da un punto di vista fiscale.
Solo i guadagni derivanti dalle criptovalute superiori a 2.000 euro e rilevanti dal punto di vista fiscale sono infatti soggetti all’imposta sostitutiva del 26%.
I criteri da seguire per il calcolo delle imposte sono definiti dall’art.68, comma 1 del Tuir. Questo articolo specifica che le plusvalenze sono determinate dalla differenza tra il corrispettivo percepito o il valore normale delle criptovalute scambiate e il costo o il valore di acquisto, documentato con elementi certi e precisi a cura del contribuente, in mancanza dei quali è considerato pari a zero.
Le plusvalenze così calcolate vengono sommate alle minusvalenze. Nel caso in cui le minusvalenze superino le plusvalenze per un importo superiore a 2.000 euro, l’eccedenza viene dedotta integralmente dalle plusvalenze dei periodi successivi, fino al quarto periodo. che specifica che le plusvalenze sono determinate dalla differenza tra il corrispettivo percepito o il valore normale delle cripto attività permutate e il costo o il valore di acquisto. Le plusvalenze così determinate sono sommate alle minusvalenze. Se le minusvalenze risultano essere superiori alle plusvalenze, per importo superiore a 2.000 euro, l’eccedenza è riportata in deduzione integrale all’ammontare delle plusvalenze dei periodi successivi, ma non oltre il quarto.
Criptovalute: operazioni fiscalmente rilevanti
Ai fini fiscali, il passaggio da cripto attività a valuta fiat è considerato rilevante, mentre non lo è la permuta tra cripto attività aventi medesime caratteristiche e funzioni.
Secondo la relazione esplicativa allegata alla legge di Bilancio, sono fiscalmente rilevanti (e soggette a tassazione) le plusvalenze e gli altri proventi realizzati mediante «rimborso o cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione di cripto attività, comunque denominate, non inferiori complessivamente a 2.000 euro nel periodo d’imposta».
Le operazioni con criptovalute che rilevano ai fini fiscali sono dunque:
- la conversione di una cripto attività in valuta fiat;
- l’utilizzo di una cripto valuta per acquistare un bene o un servizio;
- l’impiego di una criptovaluta per acquistare un NFT;
- staking in wallet non custodial di proprietà dell’individuo;
- lending e yield farming (senza considerare soglie di esenzione).
Criptovalute: operazioni non rilevanti
La legge di Bilancio chiarisce che lo scambio diretto tra cripto attività aventi medesime caratteristiche e funzioni non costituisce un’operazione fiscalmente rilevante e pertanto non ha conseguenze fiscali.
In altre parole, fintanto che lo scambio avviene all’interno dello stesso sistema finanziario decentralizzato, non c’è rilevanza fiscale. Se invece la cripto attività perde la sua funzione finanziaria per assumere quella di strumento monetario (come mezzo di pagamento), l’operazione diventa fiscalmente rilevante.
Obbligo di dichiarazione delle criptovalute
Le criptovalute possedute devono sempre essere dichiarate al Fisco ma il contribuente paga le tasse solo se genera delle plusvalenze.
La legge di Bilancio 2023 ha ufficializzato l’obbligo di dichiarare le criptovalute detenute nel corso dell’anno nel quadro RW del modello redditi persone fisiche. È importante notare che questo obbligo dichiarativo, anche noto come monitoraggio fiscale, era già previsto dal Dl 167/1990 per i trasferimenti di denaro, titoli e valori da e verso l’estero. Ora, esso viene esteso anche alle cripto attività e ai prestatori di servizi di portafoglio digitale.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, tutte le criptovalute detenute al di fuori di un’attività di impresa devono essere sempre dichiarate. Questo è stato confermato nella risposta all’interpello n. 903-47/2018. Per dichiararle correttamente, è necessario compilare il quadro RW. Tuttavia, va precisato che il quadro RW è richiesto solo a fini di monitoraggio fiscale, quindi è sufficiente barrare la casella n. 20 per ogni riga compilata nel modulo. È importante compilare il quadro RW indipendentemente dall’importo delle criptovalute detenute durante l’anno, anche se il controvalore non supera i 15.000 euro.
Esistono tuttavia alcune eccezioni all’obbligo di dichiarazione delle criptovalute nel quadro RW. Coloro che possiedono attività finanziarie e patrimoniali gestite da terzi sono esonerati da tale obbligo. Questa esenzione si applica quando i flussi finanziari e i redditi derivanti da tali attività sono già stati soggetti a tassazione da parte degli intermediari, tramite ritenuta o imposta sostitutiva.
Per quanto riguarda l’inclusione delle criptovalute nell’Isee, è importante sottolineare che le norme relative a tale documento non contemplano le cripto attività. Di conseguenza, non è necessario dichiarare le proprie criptovalute all’interno dell’Isee.
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