La crisi energetica e la corsa inarrestabile del prezzo del gas naturale ha causato il primo stop alla produzione in un’azienda con sede in Italia. Un’interruzione di almeno 6-8 settimane.
Il prezzo del gas naturale tocca in Europa il suo massimo storico e in Italia avviene il primo allarmante stop alla produzione. È accaduto in un’azienda di fertilizzanti con sede a Ferrara, la Yara. I suoi 140 dipendenti, al momento, non andranno in cassa integrazione. Continueranno a lavorare, non sugli impianti, ma occupandosi di manutenzione e formazione. A deciderlo, i dirigenti della casa madre in Norvegia - una multinazionale con oltre 8 mila impiegati - che hanno stabilito uno stop di almeno 6-8 settimane. Tutta colpa del prezzo del gas naturale, schizzato alle stelle. Il costo del combustibile numero uno in Italia è raddoppiato dallo scorso gennaio e salito del 440 per cento dall’inizio della pandemia. Le entrate dei fertilizzanti non coprirebbero i costi del gas naturale e l’azienda ha dunque optato per lo stop alla produzione.
Crisi energetica, il caso Yara
Yara è la prima azienda in Italia a interrompere la produzione a causa della crisi energetica che sta «stritolando» l’Europa. Il caso di Ferrara rappresenta dunque un pericoloso campanello d’allarme, per un comparto industriale che vale oltre 80 miliardi. L’industria chimica è uno dei sette settori chiamati «energivori», per la grande quantità di energia utilizzata. Oltre al comparto chimico, rientrano acciaierie, cementifici, fonderie e tutte le fabbriche di ceramica, vetro e carta. Settori fondamentali per l’economia italiana, con un export che rappresenta il 65 per cento del loro giro d’affari. E che ora temono che il caso Yara sia solo l’inizio, dal momento che le previsioni dei prossimi mesi sono tutt’altro che rosee. La corsa dei prezzi del gas naturale potrebbe fermarsi in primavera.
L’allarme degli imprenditori
Il presidente di Federacciai, Alessandro Banzato, ha lanciato l’allarme in occasione della conferenza annuale a Milano: «Se la crescita delle quotazioni continuerà come in questo ultimo periodo, è una questione di giorni valutare se e come fermare gli impianti per il livello eccessivo dei costi di produzione». Gli fa eco Giovanni Pasini, amministratore delegato di Feralpi (gruppo siderurgico di punta nel bresciano): «Siamo arrivati al punto in cui non sono da escludere blocchi della produzione nelle fasce orarie della giornata in cui i prezzi dell’energia sono più alti». Insomma, si ipotizza una produzione a singhiozzo per evitare gli orari in cui il prezzo del gas schizza alle stelle.
Perché è aumentato il prezzo del gas naturale?
La scorsa stagione invernale, particolarmente rigida, ha provocato un aumento della domanda di gas. Ma non solo. In estate, con la fine dei lockdown, la ripresa economica ha innescato una vera e propria corsa alle materie prime, tra cui appunto il gas naturale. Ci sono settori dove la domanda di combustibile è arrivata a essere di gran lunga superiore all’offerta. Da qui i prezzi alle stelle. La grande richiesta ha penalizzato i paesi in cui il gas naturale è largamente utilizzato per la produzione di energia. In Italia, ad esempio, equivale al 35 per cento del combustibile destinato alle centrali elettriche.
La posizione dell’Europa e di Draghi
I leader europei starebbero avviando un’azione congiunta per controllare i costi dell’energia. La strada più «papabile» al momento sembrerebbe quella di uno «stoccaggio europeo» di gas, attraverso l’adesione delle società di distribuzione. In questo modo si garantirebbe una riserva pronta all’uso. Opzione appoggiata dal presidente del Consiglio Mario Draghi che ha commentato: «A parte la determinazione a proseguire la strategia di mitigare i costi sociali di questi aumenti dei prezzi tenendo in mente la sostenibilità del processo, bisogna pensare a misure di tipo strutturale e ciò avrà luogo all’interno della legge di Bilancio».
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