Il Ddl Zan viene nuovamente depositato, stesso testo e stesso obiettivo. Il dibattito si aprire, ma il rischio è ripetere il risultato del 27 ottobre 2021.
Il Ddl Zan riparte dall’inizio, con lo stesso testo e la stessa proposta: riconoscere e aumentare i diritti delle categorie discriminate. L’annuncio non è arrivato inaspettato, infatti fin dalla sua bocciatura in Senato il 27 ottobre 2021, il Pd aveva dichiarato che non si sarebbe lasciato fermare. Dopo sei mesi, tempo minimo imposto dal regolamento del Senato (articolo 76), è stato possibile ripresentare la legge precedentemente respinta.
La mossa del Pd e degli esponenti simbolo della battaglia per l’approvazione del Ddl Zan quali la senatrice Monica Cirinnà, il deputato Alessandro Zan e la capogruppo del PD al Senato Simona Malpezzi hanno dato l’annuncio durante una conferenza stampo apposita. In questa hanno presentato il loro obiettivo: l’approvazione entro la fine della legislatura, senza o con. modifiche accettabili.
Il malcontento dello schieramento che in passato aveva criticato il disegno di legge non si è fatto attendere e da ieri, subito dopo la conferenza, ha iniziato a lamentare il concetto di “priorità” del Partito Democratico in tempo di guerra e crisi economica. Appaiono quindi evidenti fin da subito quali saranno gli ostacoli e quali le critiche che il Ddl Zan dovrà nuovamente affrontare, con una lettura che vede la priorità della guerra sopra quella dei diritti civili.
Il Ddl Zan ricomincia l’iter di approvazione da zero: l’annuncio del Pd
Il Ddl Zan ci riprova e non cambia per nessuno, tanto che anche questa volta si ripresenta con la stessa veste. Il testo ufficiale non è stato ancora pubblicato, ma durante la conferenza stampa del Pd è stato annunciato che è stato depositato il disegno di legge nella sua versione originale. L’intento è chiaro: “la battaglia, che politicamente per noi non è mai stata abbandonata, riprende - ha detto Enrico Letta - con la necessità di riannodare quel filo che è stato bocciato mesi fa”.
I tempi, dopotutto, sono maturi. Infatti il disegno di legge, noto come Ddl Zan, non sarebbe potuto tornare prima in Senato. Questo perché il regolamento del Senato vieta di assegnare disegni di legge che riproducono lo stesso contenuto di disegni di legge precedentemente respinti, se non siano trascorsi almeno sei mesi dalla data di registrazione. Ed eccoci qui, dal 27 ottobre 2021 - quando l’aula è scoppiata in un fragoroso applauso nel momento dell’affossamento del disegno di legge contro l’odio omolesbobitranfobico e abilista - al 27 aprile 2022 appena passato sono esattamente sei mesi. Inoltre si avvicina nuovamente il mese di giugno dedicato al Pride, cioè gli eventi di manifestazione che impegnano le piazze di tutta Italia da Nord a Sud per la comunità della sigla LGBTQIA.
Il Ddl Zan ricomincia da zero, ma il finale potrebbe essere lo stesso
L’aria che tira non è delle migliori per il Ddl Zan. In sei mesi il dibattito sul tema dell’odio abilista e omolesbobitransfobico si è arenato in quegli ambienti che non fanno parte della bolla della comunità LGBTQIA e transfemminista. L’attenzione generale si è concentrata sulla pandemia e ora sulla guerra. Le prime critiche alla riproposta del Ddl Zan provengono proprio da questa narrativa di “priorità”.
Ci sarà sempre qualcosa più importante di un’altra, ma è un discorso fine a se stesso, perché proviene - non a caso ovviamente - da chi non è parte lesa. Un esempio di questa critica si legge nel profilo social di Giorgio Bergesio (Lega) che scrive:
Con una crisi economica, l’inflazione alle stelle, il caro bollette, le aziende che rischiano di chiudere e una guerra alle porte dell’Europa, cosa fa #EnricoLetta? Ripropone il #DDLZan!
Ecco le priorità della sinistra, ancora una volta scollegate dal Paese reale.
I diritti non sono di sinistra o di destra e le critiche in tal senso suonano un po’ come mera propaganda, soprattutto quando una proposta altrettanto “poco prioritaria” viene presentata da un collega della Lega. Simone Pillon fa sua una battaglia per i tempi paritetici e il mantenimento diretto dei figli in caso di divorzio. Sorvolando sul testo della proposta, la questione “priorità” su questo disegno di legge presentato poco dopo il Ddl Zan non si abbatte?
Il nodo centrale da sciogliere resta proprio l’opposizione in Senato, dove poco e nulla è cambiato. Il punto del dibattito è ancora lo stesso: introdurre reati di opinione è sbagliato. Non importa quanto sia poco realistico parlare di punizione alla libertà di espressione nel Ddl Zan, la faccenda è ancora ideologica.
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