Per i contrari al Ddl Zan il testo viola la libertà di espressione. Ma è davvero così? Cosa prevede l’articolo 4 del disegno di legge contro l’omotransfobia.
“Il Ddl Zan viola la libertà di espressione e di pensiero” quante volte lo abbiamo sentito da parte dei contrari alla sua approvazione? Una tesi smentita da illustri docenti di diritto e magistrati ma che continua ad echeggiare tra coloro che ritengono che una legge contro le discriminazioni basate su sesso e identità di genere non sia necessaria.
La “paura” dei contrari al Ddl Zan è che l’inasprimento delle pene possa colpire chi esprima pareri contrari verso i diritti di gay e trasgender, timore condiviso anche dalla Santa sede, che nei giorni scorsi ha rispolverato il “concordato Stato-Chiesa” (come accaduto in occasione della legge sul divorzio).
Queste argomentazioni sono però smentite dall’articolo 4 del Ddl Zan che tutela il “Pluralismo delle idee e libertà delle scelte”. Ecco perché la libertà di espressione non è affatto negata dal disegno di legge contro l’omotransfobia, l’identità di genere e la disabilità.
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Il Ddl Zan non limita la libertà di espressione: spieghiamo il perché
C’è un solo ed unico intento dietro al disegno di legge promosso da Alessandro Zan: aumentare le tutele previste dalla legge per alcune categorie particolarmente discriminate, senza togliere a nessuno diritti e libertà garantiti dal nostro ordinamento. E tra questi la libertà di espressione prevista all’articolo 21 della Costituzione (“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”).
Chi sostiene che il Ddl Zan comprometta la libertà di pensiero forse non ha letto l’articolo 4 della legge (Pluralismo delle idee e libertà delle scelte):
“1. Ai fini della presente legge, sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti.”
Una precisazione che rafforza - e non affievolisce - le libertà sancite dalla Costituzione e la portata garantista del disegno di legge la quale, anche se molti lo dimenticano, non si rivolge soltanto agli omosessuali ma vuole anche arginare le disuguaglianze tra uomo e donna e salvaguardare i disabili.
Eppure c’è chi sostiene che proprio l’articolo 4 nasconda una implicita contraddizione: nei 3 articoli precedenti si amplia la tutela penale (con tanto di aggravante) per chi “propaganda idee fondate sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità” per poi ribadire che è fatta salva la libera manifestazione del pensiero, quasi ad ammettere che gli articoli precedenti mettano a rischio la libertà di espressione.
A questa “accusa” rispondiamo dicendo che, in realtà, ciò che il Ddl si propone di punire non è la (lecita) manifestazione del pensiero, ma piuttosto le discriminazioni e i comportamenti violenti subiti dalle minoranze notoriamente a rischio: omosessuali, transessuali, donne e portatori di handicap, per le quali la legge Mancino (legge 205/1993) non si è rivelata sufficiente poiché applicabile soltanto “a discriminazione e violenza per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali.”
Cosa punisce (davvero) il Ddl Zan
Per capire cosa cambierebbe davvero con l’approvazione del Ddl dobbiamo partire dal dettato normativo degli articoli 604 bis e 604 ter del Codice penale, in parte modificati.
Riguardo all’articolo 604 bis (Propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa) il disegno di legge ne amplia la portata alle discriminazioni fondate su sesso, genere, orientamento sessuale e disabilità per le condotte seguenti:
- propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico;
- istigazione a commettere o commissione di atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi;
- istigazione a commettere o commissione di violenza o atti di provocazione alla violenza.
In nessuna parte del testo - né del Ddl Zan né del Codice penale - è punita la mera espressione del pensiero dei contrari alle unioni gay, all’adozione e al cambio di sesso.
Alle discriminazioni fondate sul “sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità” si estende inoltre l’articolo 604 ter (Circostanza aggravante) che aumenta la pena fino alla metà in caso di “reati punibili con pena diversa da quella dell’ergastolo commessi per finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso, ovvero al fine di agevolare l’attività di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i loro scopi le medesime finalità.”
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