Decreto ingiuntivo, cos’è, come funziona e tempi previsti

Giorgia Dumitrascu

23 Dicembre 2024 - 13:20

Il decreto ingiuntivo consente ai creditori di ottenere un titolo esecutivo in modo rapido e semplice per recuperare crediti certi, liquidi ed esigibili.

Decreto ingiuntivo, cos’è, come funziona e tempi previsti

Quando un creditore si trova di fronte a un debitore che non paga, il decreto ingiuntivo si rivela una delle soluzioni più efficaci per ottenere giustizia in tempi brevi. Si tratta di un provvedimento monitorio o ingiunzione di pagamento, è uno strumento giuridico che consente al creditore di ottenere un titolo esecutivo per il recupero dei propri crediti. È una procedura efficace per soddisfare il proprio diritto in modo rapido, evitando le complessità dei procedimenti ordinari.

È un procedimento sommario, significa che il giudice di emette il decreto senza la necessità di un contraddittorio tra le parti, cioè senza ascoltare le ragioni del debitore inaudita altera parte. Tuttavia, questa snellezza è bilanciata dalla possibilità per il debitore di opporsi, trasformando così il procedimento in una causa a cognizione piena. Si tratta, pertanto, di uno strumento che garantisce al creditore un importante vantaggio processuale, pur rispettando le garanzie fondamentali del diritto di difesa.

Cos’è il decreto ingiuntivo: significato e definizione

Il decreto ingiuntivo è quell’ingiunzione di pagamento emessa dal giudice su richiesta del creditore. Esso ordina al debitore di adempiere a una prestazione, che può consistere nel:

  • il pagamento di una somma di denaro;
  • la consegna di una determinata quantità di cose fungibili (sostituibili);
  • la consegna di una cosa determinata.

Regolato dagli artt. 633 e ss. del Codice di Procedura Civile, il decreto ingiuntivo si colloca tra i procedimenti con prevalente funzione esecutiva. Ciò significa che consente al creditore di ottenere rapidamente un titolo esecutivo, utile per avviare l’esecuzione forzata sui beni del debitore.

Una volta ottenuto, il decreto ingiuntivo, se munito della formula esecutiva, costituisce il titolo legale che abilita il creditore ad avviare le azioni di espropriazione forzata sui beni del debitore. Tuttavia il decreto ingiuntivo può essere richiesto solo quando il credito soddisfa determinati requisiti stabiliti dalla legge.

Quando è possibile richiedere un decreto ingiuntivo?

Il decreto ingiuntivo può essere richiesto da chiunque vanti un diritto di credito nei confronti di un debitore. Il creditore deve essere titolare di un diritto di credito, inteso come diritto all’altrui prestazione. Tale credito può avere ad oggetto:

  • una somma di denaro liquida ed esigibile: il credito deve essere quantificato con precisione e scaduto, quindi immediatamente esigibile. Una deroga si applica in caso di sfratto per morosità, dove è possibile chiedere un decreto anche per canoni non ancora scaduti (art. 664 c.p.c.);
  • una quantità determinata di cose fungibili: beni che possono essere sostituiti con altri dello stesso genere e qualità;
  • una cosa determinata: beni specifici, purché non siano beni immobili.

Sono esclusi dal procedimento monitorio:

  • crediti di fare o non fare;
  • crediti relativi al rilascio di immobili;
  • crediti non determinabili nel loro ammontare o quantità.

Prova scritta del credito

Il credito vantato deve essere documentato tramite prova scritta (art. 633, c. 1, n. 1 c.p.c.; art. 634 c.p.c.):

  • Polizze (assicurative, fideiussorie, di pegno);
  • Promesse unilaterali (promessa di pagamento, ricognizione di debito);
  • Titoli di credito (assegni, cambiali, art. 642 c.p.c.);
  • Scritture private e telegrammi;
  • Estratti autentici delle scritture contabili, per crediti di somministrazione di merci o servizi.
  • Verbali condominiali, che attestano il riparto delle spese approvato dall’assemblea (art. 63 disp. att. c.c.).
    La fattura, invece, attesta solo l’emissione da parte del creditore e non costituisce prova piena del credito. In caso di opposizione al decreto, il suo valore probatorio viene meno. Il mancato rispetto di questi requisiti preclude la possibilità di avvalersi della procedura monitoria. In tali casi, il creditore dovrà necessariamente intraprendere un procedimento ordinario.

Chi emette il decreto ingiuntivo?

Per l’emissione del decreto ingiuntivo è necessario rivolgersi al giudice competente. La competenza è stabilita dalla legge. La competenza può essere distinta in competenza per valore e competenza per territorio. La competenza per valore è determinata dall’entità economica della causa. In sintesi:

  • il giudice di pace è competente per le controversie relative a beni mobili di valore non superiore a 5.000 euro art. 7 c.p.c..
  • per tutte le cause che superano tale importo o che non rientrano nella competenza del giudice di pace, la competenza spetta al tribunale art. 9 c. 1 c.p.c.

La competenza per territorio si basa sul luogo legato al debitore o, in alcuni casi, al creditore. In particolare, è competente il giudice del luogo in cui il convenuto (debitore) ha la residenza o il domicilio. Invece, se il convenuto non ha residenza o dimora in Italia, o queste sono sconosciute, è competente il giudice del luogo in cui il creditore (attore) risiede (art. 18 c. 2 c.p.c.).

Come funziona il procedimento di ingiunzione: procedura completa

Il creditore, che intende richiedere un decreto ingiuntivo, deve depositare un ricorso presso la cancelleria del giudice competente. Tale ricorso deve contenere tutti gli elementi previsti dagli articoli 125 e 638 c.p.c..

In particolare, è necessario indicare alcuni dettagli essenziali.

  • giudice competente: ad esempio, il Giudice di Pace di Genova o il Tribunale di Milano.
  • parti: nome, cognome, indirizzo e codice fiscale del creditore (ricorrente) e del debitore (ingiunto).
  • avvocato del ricorrente (creditore): con indicazione di domicilio eletto, numero di fax e indirizzo PEC.
  • oggetto della domanda: la somma o il bene oggetto del credito.
  • ragioni della domanda: ad esempio, la mancata esecuzione di una prestazione dovuta dal debitore.
  • prove: documenti scritti a supporto del credito, come fatture, cambiali o contratti.
  • richiesta di provvisoria esecuzione, se sussistono i presupposti.
  • conclusioni: esplicita richiesta al giudice di ingiungere al debitore l’adempimento.
  • procura alle liti e firma del ricorrente o del difensore.

Il ricorso, debitamente compilato, deve essere accompagnato da tutti gli adempimenti (ad esempio, il contributo unificato e la nota di iscrizione a ruolo).

Deposito del ricorso

Il deposito avviene secondo modalità che variano in base al giudice competente:

  • Giudice di Pace: deposito cartaceo.
  • Tribunale: deposito telematico obbligatorio.

Il ricorso viene iscritto a ruolo e la documentazione rimane in cancelleria fino alla scadenza dei termini fissati dal giudice.

Emissione del decreto

Una volta esaminato il ricorso, il giudice può:

  • accogliere la domanda: emettendo il decreto ingiuntivo entro 30 giorni art. 641 c.p.c.
  • richiedere integrazione probatoria: qualora le prove siano incomplete o insufficienti art. 640 c. 1 c.p.c.
  • rigettare il ricorso: se mancano i presupposti per l’emissione del decreto art. 640 c. 2 c.p.c.

Il decreto ingiuntivo, se accolto, ingiunge al debitore di adempiere entro 40 giorni, salvo diverse disposizioni. In alcuni casi, il giudice può ridurre tale termine o concedere la provvisoria esecuzione (art. 642 c.p.c.). La provvisoria esecuzione permette di rendere esecutivo immediatamente il decreto ingiuntivo, anche se non è ancora definitivo. Viene concessa quando il giudice ritiene che ci siano sufficienti garanzie sulla validità del credito (ad esempio, se si basa su documenti che hanno particolare forza probatoria, come cambiali o assegni). In questo modo, il creditore può agire subito per il recupero del credito, senza aspettare eventuali opposizioni.

Notifica del decreto ingiuntivo

Una volta emesso, il decreto ingiuntivo deve essere notificato al debitore affinché questi ne venga formalmente a conoscenza ed esercitare il proprio diritto di difesa. Le regole per la notifica variano a seconda che il decreto sia provvisoriamente esecutivo o meno.

Notifica del decreto non provvisoriamente esecutivo

  • La notifica deve avvenire entro 60 giorni dal deposito del decreto in cancelleria (90 giorni se la notifica è da effettuare all’estero). In caso di mancata notifica entro il termine, il decreto diventa inefficace, ma il creditore può riproporre la domanda.
  • La notificazione avviene tramite ufficiale giudiziario, che consegna al debitore copia autentica del decreto e del ricorso. Gli originali restano depositati in cancelleria.

Effetti della mancata notifica:

  • il debitore può richiedere al giudice che ha emesso il decreto una dichiarazione di inefficacia. In tal caso, il giudice fissa un’udienza e stabilisce un termine entro il quale la notifica deve essere completata.

Notifica del decreto provvisoriamente esecutivo

Anche per i decreti provvisoriamente esecutivi, la notifica deve avvenire entro 60 giorni dal deposito in cancelleria (90 giorni per l’estero). Tuttavia, a differenza del decreto non esecutivo:

  • il decreto costituisce già titolo esecutivo, e il creditore non deve attendere il decorso dei 40 giorni né verificare l’eventuale opposizione del debitore per avviare l’esecuzione.
  • contestualmente alla notifica del decreto munito di formula esecutiva, il creditore può notificare anche il precetto.
    Il decreto ingiuntivo notificato rimane valido per 10 anni, durante i quali può essere eseguito, a meno che non venga annullato o dichiarato inefficace in seguito a specifici vizi.

Fase esecutiva

La fase esecutiva rappresenta il momento in cui il creditore, ottenuto il decreto ingiuntivo, procede a far valere il proprio diritto attraverso il recupero forzoso del credito. Le modalità di avvio della fase esecutiva dipendono dalla natura del decreto ingiuntivo, ossia se sia provvisoriamente esecutivo o meno.

Le forme di esecuzione forzata dipendono dalla natura del credito e dal patrimonio del debitore. Tra le principali modalità rientrano:

Ricorso per ingiunzione: i tempi

Per un decreto non provvisoriamente esecutivo, le fasi e le relative tempistiche sono le seguenti:

  • notifica del decreto: dopo l’emissione, il decreto deve essere notificato al debitore entro 60 giorni (90 giorni per l’estero). La notifica può richiedere circa 20 giorni, a seconda della modalità (a mani o tramite posta);
  • attesa del termine di opposizione: il debitore ha 40 giorni dalla notifica per adempiere o proporre opposizione. Solo dopo il decorso di questo termine il decreto diventa definitivo;
  • richiesta della formula esecutiva: in assenza di opposizione, il creditore può richiedere al cancelliere l’apposizione della formula esecutiva. Questa operazione può richiedere circa 15 giorni;
  • notifica del titolo esecutivo e del precetto: una volta ottenuto il decreto munito di formula esecutiva, il creditore lo notifica al debitore insieme al precetto. Anche questa fase richiede circa 20 giorni;
  • avvio dell’esecuzione forzata: decorsi 10 giorni dalla notifica del precetto, il creditore può avviare il pignoramento.

In totale, per un decreto non provvisoriamente esecutivo, il procedimento può richiedere tra 3 e 4 mesi prima di poter iniziare l’esecuzione forzata, salvo eventuali ritardi.

Tempi per il decreto provvisoriamente esecutivo

Per un decreto provvisoriamente esecutivo, i tempi sono più rapidi.

  1. Emissione immediata del titolo esecutivo: il decreto provvisoriamente esecutivo costituisce già titolo esecutivo al momento della sua emissione.
  2. Notifica del decreto e del precetto: il creditore può notificare immediatamente il decreto munito di formula esecutiva e il precetto.
  3. Avvio dell’esecuzione: decorsi 10 giorni dalla notifica del precetto, il creditore può iniziare l’esecuzione forzata.
    In questo caso, il procedimento può concludersi in 2 o 3 mesi, rendendolo particolarmente vantaggioso per il creditore.

Quanto costa il procedimento per ingiunzione?

Il procedimento per decreto ingiuntivo, rispetto al processo ordinario, si distingue anche per i costi contenuti.

Contributo unificato

Il contributo unificato, è un pagamento obbligatorio per iniziare il procedimento, è determinato in base al valore della causa. Per i procedimenti monitori come il ricorso per decreto, il contributo è dimezzato rispetto ai processi ordinari.

Imposta di bollo

Oltre al contributo unificato, è prevista un’imposta di bollo pari a 27 euro, a titolo di anticipazione forfettaria (art. 30 D.P.R. 115/2002). Tuttavia, non è dovuta per cause davanti al giudice di pace di valore inferiore a 1.100 euro.

Imposta di registro

Se il decreto ingiuntivo diventa esecutivo, è necessario versare l’imposta di registro. L’importo varia a seconda della natura del credito:

  • crediti inferiori a 1.100 euro: esente;
  • crediti soggetti a IVA: imposta fissa di 200 euro;
  • altri crediti: aliquota pari al 3% del valore della controversia.

Spese di notifica

Le spese per la notifica del decreto ingiuntivo variano in base alla modalità scelta:

  • notifica tramite ufficiale giudiziario: circa 20 euro a notifica.
  • notifica tramite PEC: gratuita.

Competenze dell’avvocato

Le competenze dell’avvocato per la procedura monitoria variano in base al valore della controversia. Secondo le tabelle forensi (D.M. 55/2014). Tali importi possono essere soggetti a modifiche concordate tra cliente e legale.

Come opporsi a un decreto ingiuntivo

Il debitore può contestare un decreto ingiuntivo entro i termini di legge indicati, salvo casi eccezionali, come una notifica irregolare, che permettono di agire oltre il termine dimostrando l’irregolarità.
L’opposizione può riguardare il credito (inesistente, già estinto, o privo di certezza, liquidità ed esigibilità), vizi processuali (errori di forma, notifica o documentazione) o errori nell’importo richiesto (somme non dovute o calcoli sbagliati).

Si presenta un ricorso motivato al tribunale che ha emesso il decreto, aprendo un giudizio ordinario. Il debitore può anche chiedere la sospensione dell’efficacia esecutiva del decreto durante il processo. Il giudice può confermare il decreto, modificarlo (escludendo somme non dovute) o annullarlo. Se l’opposizione viene rigettata, il decreto diventa definitivo ed esecutivo.

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