Dimissioni, la novità 2025 è quella per fatti concludenti. Non serve la procedura telematica, basta non presentarsi più al lavoro.
Il Collegato Lavoro (legge n. 203/2024) entrato in vigore il 12 gennaio 2025 introduce diverse novità, tra cui le dimissioni per fatti concludenti.
Questa procedura mira a tutelare i datori di lavoro dalle prolungate assenze ingiustificate dei dipendenti. In seguito all’assenza ingiustificata, infatti, il lavoratore può essere licenziato, come forma di sanzione disciplinare.
Il licenziamento disciplinare non preclude tuttavia il beneficio dell’indennità di disoccupazione (Naspi), a cui invece non ha diritto chi volontariamente perde il lavoro. In termini molto semplici, è diventato preferibile smettere di andare al lavoro senza compiere la procedura di dimissioni prevista dalla legge, portando così il datore di lavoro a formalizzare il licenziamento. In questa maniera, il lavoratore può percepire comunque l’indennità, pur avendo di fatto provocato la perdita del lavoro ai danni del datore. Quest’ultimo dovrà infatti corrispondere all’Inps il cosiddetto ticket di licenziamento, ovvero un contributo del 41% del massimale della Naspi.
Nel complesso, i datori di lavoro sono stati spesso svantaggiati a causa del vuoto normativo lasciato dal decreto legislativo n. 151/2015, quella norma che obbliga i lavoratori dipendenti a compiere l’apposita procedura telematica per presentare le proprie dimissioni, senza tuttavia regolamentare l’inerzia. In altre parole, il dipendente che smette di andare al lavoro ma non compie la prassi telematica non interrompe il rapporto.
Fino all’anno passato, ciò ha costretto nei fatti i datori di lavoro a comminare il licenziamento disciplinare, ma con le novità legislative ciò non è più possibile nel 2025. I lavoratori devono quindi fare ancora più attenzione alle assenze ingiustificate, perché rischiano non soltanto di perdere il lavoro ma anche tutti i benefici correlati allo stato di disoccupazione involontaria. Si parla in proposito di dimissioni per fatti concludenti, ossia un’eccezione alla procedura telematica, in cui la volontà del lavoratore si desume dalle sue azioni e dal suo comportamento.
Cosa sono le dimissioni per fatti concludenti
Come anticipato, le dimissioni per fatti concludenti sono la procedura entrata in vigore nel 2025, in deroga alla prassi generale per le dimissioni telematiche.
Parlare di procedura può comunque risultare fuorviante, in quanto il lavoratore dipendente non deve compiere alcun passaggio, compiendo le dimissioni semplicemente assentandosi dal lavoro in maniera ingiustificata. È invece il datore di lavoro a formalizzare le dimissioni, allertando l’Ispettorato per il lavoro territorialmente competente e comunicando la cessazione del rapporto di lavoro al Centro per l’impiego, come da obbligo di legge. Il giustificativo del recesso sarà per l’appunto di “dimissioni volontarie”, senza alcuna differenza negli effetti rispetto alle dimissioni comunicate attraverso lo strumento telematico.
Come già detto, è così preclusa la possibilità di ricevere l’indennità di disoccupazione in quanto la cessazione del rapporto di lavoro è attribuita alla volontà del lavoratore stesso. Ciò influisce anche su altri benefici correlati allo stato lavorativo e alla situazione economica, come anche l’Assegno di inclusione precluso ai nuclei familiari con componenti disoccupati che abbiano presentato dimissioni volontarie negli ultimi 12 mesi.
Quando si danno le dimissioni per fatti concludenti
Diversamente dalla disciplina generale per il licenziamento in seguito alle assenze ingiustificate, la legge prevede termini ben precisi per questo tipo di dimissioni. In particolare, si danno le dimissioni per fatti concludenti in caso di allontanamento ingiustificato dalla postazione lavorativa per il tempo previsto dal Ccnl di riferimento o, in mancanza di questa indicazione, per un periodo pari o superiore a 15 giorni. Il datore di lavoro può d’ora in poi assimilare l’assenza alle dimissioni volontarie, inviando la relativa comunicazione all’Ispettorato del lavoro ed effettuando entro 5 giorni la debita comunicazione al Centro per l’impiego.
Come chiarito dalla nota n. 579 del 22 gennaio 2025 dell’Ispettorato nazionale del lavoro (Inl), il lavoratore può interrompere la procedura comunicando all’Inl - che proverà a contattarlo - la causa di forza maggiore o impedimento imputabile al datore di lavoro che hanno reso impossibile andare al lavoro o comunicare l’assenza giustificata. Circostanze che dovranno essere appurate nell’indagine dell’Inl, entro 30 giorni dalla comunicazione del datore di lavoro.
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