L’accordo tra Pd e Azione/+Europa si basa sul concetto del diritto di tribuna: cos’è, quando è stato applicato in passato e cosa può cambiare per le elezioni dei leader politici in Parlamento.
L’accordo tra Enrico Letta e Carlo Calenda in vista delle elezioni politiche del 25 settembre 2022 si basa su un elemento, che da ormai 24 ore ricorre spesso e volentieri: il diritto di tribuna. Ma cos’è e cosa comporta il diritto di tribuna? E perché è stato fondamentale per raggiungere l’intesa tra i leader di Pd e Azione?
Letta e Calenda hanno trovato un accordo sul fatto che nessun leader di partito sarà candidato dalla coalizione nei collegi uninominali. Questo vuol dire che non ci saranno possibilità di assegnare collegi sicuri o quasi a candidati come Luigi Di Maio, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, non graditi a Calenda.
Per evitare che questi leader possano restare fuori, con la soglia di sbarramento dell’attuale legge elettorale fissata al 3%, e garantire loro l’elezione, si è fatto riferimento al diritto di tribuna. Che equivale, di fatto, a una sorta di garanzia di ottenere alcuni seggi.
Cos’è il diritto di tribuna in generale
Il diritto di tribuna viene solitamente proposto a esponenti di liste minori che non hanno la certezza di superare la soglia di sbarramento e quindi entrare in Parlamento. Questi esponenti vengono candidati in uno dei partiti o delle liste che sono invece sicuri di superare la soglia, garantendosi l’elezione alla Camera o al Senato. Può essere considerato, di fatto, una sorta di paracadute.
In generale per diritto di tribuna si intende un meccanismo che garantisca anche alle liste più piccole di essere rappresentate in Parlamento. Solitamente si usa questa locuzione per intendere l’inserimento di alcuni candidati delle liste minori in altre liste a cui non appartengono ma con cui hanno buone possibilità di elezione.
Un precedente relativamente recente e con in vigore un’altra legge elettorale risale al 2006 e viene ricordato dal costituzionalista Stefano Ceccanti: i candidati dell’Udeur di Clemente Mastella si presentarono nelle liste dell’Ulivo alla Camera, venendo così eletti. Allora la legge elettorale prevedeva un sistema proporzionale con premio di maggioranza.
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Il diritto di tribuna con il Rosatellum
Con l’attuale legge elettorale, il Rosatellum, la soglia di sbarramento è fissata al 3%. Era in vigore già nel 2018, quando di fatto il diritto di tribuna venne applicato proprio per le liste di +Europa che non raggiunsero di poco il 3%: il Pd candidò all’uninominale, in collegi blindati, Emma Bonino e Riccardo Magi, che vennero eletti. Stavolta, invece, le candidature attraverso il sistema del diritto di tribuna avverranno nelle liste del proporzionale, assicurando comunque alcuni seggi a chi rischia di non superare la soglia di sbarramento.
Chi salva il seggio con il diritto di tribuna
Il sistema del diritto di tribuna in questo caso è stato pensato soprattutto per alcuni nomi noti, che comunque devono ancora comunicare se accetteranno o meno di rientrare tra le liste del Pd. Uno di questi è sicuramente quello di Luigi Di Maio, ministro degli Esteri e leader di Impegno civico.
Considerando l’accordo tra Calenda e Letta sembra probabile che tutti i leader di partito di piccole liste possano rientrare nelle liste del Pd: discorso che vale per Bruno Tabacci, ma che potrebbe valere anche per Fratoianni e Bonelli, sempre che decidano di far effettivamente parte della coalizione. Probabilmente da questo sistema che assicura il seggio dovrebbero essere esclusi gli altri esponenti di queste liste minori, a partire dai tanti ex parlamentari del Movimento 5 Stelle passati con Di Maio.
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