Quali precauzioni deve adottare l’azienda con i dipendenti che svolgono un doppio lavoro? Che tipo di limitazioni rispettare e quali obblighi ha il lavoratore? Ecco a voi un’analisi completa
Le esigenze economiche di mantenimento della famiglia e di uno stile di vita adeguato ai bisogni propri e dei figli possono spingere le persone a stipulare due o più contratti di lavoro per lo svolgimento di differenti prestazioni, con datori di lavoro diversi.
La normativa italiana non vieta, in linea di principio, il doppio o, addirittura, triplo lavoro.
Esistono tuttavia alcune limitazioni imposte al fine di tutelare la salute e l’integrità psicofisica del lavoratore stesso, con lo scopo di evitare fenomeni in cui, a causa della presenza di più datori di lavoro, la quantità di ore lavorate è talmente elevata da poter causare conseguenze negative sulla vita della persona.
Per questo motivo, le aziende che si trovano ad avere come dipendenti persone con un doppio lavoro, devono mettere in campo una serie di precauzioni, imposte principalmente dalla normativa in materia di orario di lavoro, contenuta nel decreto legislativo 8 aprile 2003 numero 66.
Analizziamo la questione in dettaglio.
Doppio impiego come dipendente: come gestire l’orario di lavoro
È possibile svolgere più lavori?
Il lavoratore è assolutamente libero di svolgere l’attività con più datori di lavoro. In tal caso è tuttavia necessario che l’ammontare complessivo delle ore lavorate (con tutti i datori) rispetti le prescrizioni di legge in materia di orario di lavoro, in particolare:
- Orario giornaliero;
- Pause;
- Riposo giornaliero;
- Riposo settimanale;
- Limite massimo dell’orario di lavoro settimanale.
L’interessato deve pertanto fornire alle singole aziende tutte le informazioni necessarie affinché le stesse possano organizzare l’orario di lavoro in osservanza della normativa di legge.
In conclusione, dall’insieme dei rapporti di lavoro instaurati con il medesimo soggetto, non deve derivare una violazione dei diritti in materia di numero e collocazione delle ore lavorate.
Quali segnalazioni da parte del lavoratore e cosa deve fare l’azienda?
Al fine di consentire il rispetto della normativa sull’orario di lavoro il lavoratore è tenuto a fornire, a ogni singola azienda:
- Un prospetto con, per ogni giorno della settimana, il periodo di lavoro dalle ore alle ore, svolto presso un altro (o altri) datori di lavoro;
- Un prospetto di dettaglio delle ore contrattualmente previste, come quello indicato al punto precedente, in caso di variazioni successive;
- Qualsiasi comunicazione riguardante ore lavorate in eccedenza, presso un altro o altri datori di lavoro, rispetto all’orario normale di lavoro (ad esempio lavoro supplementare o straordinario).
Ogni singola azienda presso la quale il lavoratore è assunto, deve:
- Richiamare nel contratto di assunzione l’obbligo, da parte del dipendente, di fornire, in caso di svolgimento dell’attività lavorativa presso altre realtà, tutte le informazioni necessarie a garantire il rispetto della normativa di legge in materia di orario di lavoro;
- Organizzare l’impegno lavorativo del dipendente, alla luce dell’orario di lavoro svolto presso altre realtà.
Orario giornaliero
Un primo limite da rispettare riguarda l’orario giornaliero di lavoro. Interpretando «al contrario» le disposizioni sui riposi e le pause, il tetto massimo di ore lavorabili nella giornata ammonta a 13, quale risultato di: 24 ore - 11 ore di riposo consecutivo previste ogni 24 = 13 ore.
Pausa giornaliera
Un periodo di sosta nel corso della giornata lavorativa permette al dipendente di:
- Recuperare le energie psicofisiche spese;
- Eventualmente consumare il pasto;
- Attenuare la ripetitività e la monotonia del lavoro.
Per questo motivo, la normativa (articolo 8, decreto legislativo numero 66/2003) prevede, quando l’orario di lavoro giornaliero eccede le 6 ore, il diritto del lavoratore a una pausa di durata non inferiore a 10 minuti consecutivi.
Riposo giornaliero
Come in parte anticipato poc’anzi, il lavoratore ha «diritto a undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro ore» (articolo 7, Decreto legislativo numero 66/2003).
Il requisito della consecutività può essere eventualmente derogato per le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata (è il caso ad esempio delle attività di ristorazione e di pulizia) o da regimi di reperibilità.
Riposo settimanale
Il lavoratore ha diritto di godere, ogni 7 giorni, di un riposo settimanale di durata pari ad almeno 24 ore consecutive, da cumulare con le ore di riposo giornaliero.
Da precisare che il periodo di riposo settimanale si calcola come media su un arco temporale non superiore a 14 giorni. Di conseguenza, la periodicità del riposo è rispettata anche se in un periodo di 14 giorni vengono concessi due riposi.
Per verificare il rispetto del riposo settimanale, si considera l’ultimo giorno di riposo e da quello si procede a ritroso per 13 giorni. In questo periodo il lavoratore deve aver fruito di almeno un altro giorno di riposo.
Orario massimo settimanale
Un altro limite da rispettare, nei confronti di coloro che hanno più rapporti part-time, è rappresentato dalla durata massima dell’orario settimanale.
Quest’ultima, sia in presenza che in assenza di contrattazione collettiva, non può in ogni caso eccedere le 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario, per ogni periodo di 7 giorni.
Il limite di 48 ore dev’essere calcolato, come media, in un periodo di riferimento non superiore a 4 mesi, elevabile dalla contrattazione collettiva a 6 mesi (12 a fronte di ragioni obiettive, tecniche od organizzative).
Nell’arco temporale di riferimento per il calcolo della media non si tiene conto, in ogni caso, dei periodi di:
- Ferie annue;
- Assenze per malattia, infortunio o gravidanza.
Tutte le altre casistiche di assenza, con diritto alla conservazione del posto, restano invece comprese nel periodo di riferimento, sia pur con indicazione delle ore pari a zero.
Dal momento che il limite legale dev’essere verificato su un periodo più ampio della settimana, sono consentite prestazioni eccedenti le 48 ore nell’arco di 7 giorni, a patto che vi siano corrispondenti settimane lavorative di meno di 48 ore. In modo tale da effettuare una compensazione.
Rapporti di lavoro a termine
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con la Circolare del 3 marzo 2005 numero 8, ha chiarito che «nel caso di rapporti di lavoro a tempo determinato di durata inferiore al periodo di riferimento (4, 6 o 12 mesi), per il calcolo dell’orario medio di lavoro è necessario considerare l’effettiva durata del contratto di lavoro a termine».
Al contrario, nei «rapporti di lavoro risolti inaspettatamente prima della scadenza del periodo di riferimento, il periodo da prendere in considerazione quale base di calcolo della media è pari a 4 mesi (ovvero 6 o 12 mesi qualora previsto dalla contrattazione collettiva)» (ancora la Circolare numero 8/2005).
Come gestire il lavoro supplementare e straordinario?
Il lavoro straordinario racchiude tutte quelle prestazioni svolte oltre l’orario ordinario di lavoro, sia esso fissato a 40 ore che in misura inferiore, per volere del contratto collettivo applicato.
Al contrario, il lavoro supplementare corrisponde alle ore prestate dal dipendente part-time oltre l’orario definito nel contratto di lavoro o nelle intese successivamente intercorse.
Tanto il lavoro straordinario quanto quello supplementare, sono meritevoli di una serie di maggiorazioni retributive, disciplinate dai singoli Ccnl.
Nel caso di dipendenti titolari di rapporti di lavoro con più aziende, ognuna di esse è tenuta a riconoscere il lavoro supplementare o straordinario senza tener conto delle prestazioni svolte presso le altre realtà. Restano fermo, comunque, il rispetto delle prescrizioni di legge in materia di orario di lavoro.
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