Mario Draghi potrebbe tornare in pista in Europa guidando il Global Gateway, la risposta mai decollata di Bruxelles alla Via della seta cinese che vale 300 miliardi di euro.
Quale sarà il prossimo incarico per Mario Draghi? Una domanda questa che circola con insistenza - soprattutto in Europa - da quando lo scorso luglio l’ex numero uno della Bce si è tirato indietro dal suo ruolo di presidente del Consiglio.
Al momento Draghi stando a quanto dichiarato di recente al Corriere della Sera, non sembrerebbe essere interessato a incarichi istituzionali “faccio il nonno”, ma appare difficile che uno come lui possa restare a lungo in panchina.
Le piste più calde per Mario Draghi così sarebbero due: prossimo segretario generale della Nato al posto di Jens Stoltenberg (mandato in scadenza a ottobre 2023) oppure successore nel 2024 di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione Europea.
In Italia invece sono sempre in ballo l’ipotesi Quirinale - specie se Sergio Mattarella dovesse farsi da parte prima della fine del suo settenario - e quella di un ritorno a Palazzo Chigi in caso di un nuovo governo di larghe intese.
L’ultima voce però vorrebbe Draghi a Bruxelles, con l’Unione europea che starebbe pensando a lui per rilanciare il Global Gateway, il progetto da 300 miliardi di euro studiato per “per promuovere connessioni intelligenti, pulite e sicure nei settori digitale, energetico e dei trasporti e per rafforzare i sistemi sanitari, di istruzione e di ricerca in tutto il mondo”.
Draghi alla guida del Global Gateway?
Stando a quanto rivelato da Noah Barkin del Rhodium Group e poi da noi riportato da Europa Today, durante l’ultima riunione del consiglio di amministrazione del Global Gateway più volte sarebbe stato fatto il nome di Mario Draghi come unica persona in grado di rilanciare il progetto messo a punto da Bruxelles a fine 2021 e, finora, mai decollato nonostante un portafoglio da qui al 2027 di 300 miliardi di euro.
Il Global Gateway è un piano Ue per “ sviluppare infrastrutture in tutto il mondo ”, con particolare attenzione ai Paesi asiatici, africani e sudamericani, investendo 300 miliardi in tecnologie digitali, trasporti, sanità, clima, energia, istruzione e ricerca.
In sostanza si tratterebbe di una sorta di risposta dell’Unione europea alla nuova Via della seta, il piano da tempo messo in piedi da Pechino per favorire l’espansione della Cina con investimenti infrastrutturali anche in Europa.
L’obiettivo del Global Gateway così potrebbe essere anche quello di “strappare” diversi paesi dall’influenza cinese, ma finora a Bruxelles c’è molta poca chiarezza sul progetto tanto che non si capisce quanti soldi siano stati veramente erogati da Palazzo Berlaymont. Il piano così sarebbe ancora fermo al palo, vittima dei legacci burocratici che da sempre rendono lunghi e macchinosi i tempi decisionali dell’Unione europea.
In questo scenario appare molto difficile fare una concorrenza alla Via della seta cinese, che avrebbe in dote 1.000 miliardi dollari per finanziare i suoi progetti in tutto il mondo, con Mario Draghi che così sarebbe l’ultima chance per evitare un clamoroso flop.
Il sentore però è che Draghi possa essere poco interessato a quest’incarico, visto che tra qualche mese si libereranno alla Nato e alla Commissione europea delle poltrone ben più intriganti.
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