Droghe alla guida, le novità del Codice della strada. Le norme sono illegittime?

Ilena D’Errico

9 Dicembre 2024 - 00:38

I possibili problemi di legittimità della lotta agli stupefacenti del nuovo Codice della strada.

Droghe alla guida, le novità del Codice della strada. Le norme sono illegittime?

La riforma del Codice della strada sta generando aspre polemiche e non poche preoccupazioni tra i cittadini. La linea dura contro il consumo di alcol e stupefacenti, condivisibile per principio e finalità, potrebbe non esser stata gestita nel migliore dei modi. Soprattutto per quanto riguarda le nuove modalità di rilevazione dell’assunzione di droga e sulle relative sanzioni c’è un dibattito molto acceso, tanto da mettere in dubbio perfino la costituzionalità della norma.

Ovviamente è impossibile avere delle risposte certe in questo momento e bisogna pensare che le modifiche, a lungo (e ancora) ripensate, siano state valutate in tutti gli aspetti del caso. Soltanto la Corte Costituzionale potrà effettivamente esprimersi in merito e chiarire la questione. In ogni caso, il nuovo Codice della strada entra in vigore il 14 dicembre 2024. Da questo momento sarà vincolante per tutti i cittadini, anche nelle sue parti più discusse, e dovrà essere rispettato nella sua interezza fino a un’eventuale revisione.

Ciò non toglie che la stragrande maggioranza dei giuristi italiani nutre profondi dubbi sulle nuove regole, che sembrano collidere con l’orientamento consolidato della Corte di Cassazione. Vediamo nel dettaglio perché.

La stretta agli stupefacenti nel nuovo Codice della strada e i problemi di legittimità

Il nuovo Codice della strada non interviene soltanto sulle sanzioni per punire la guida sotto effetto di stupefacenti, ma anche sulla fattispecie illecita vera e propria. Ad oggi, infatti, è punibile penalmente chi si mette al volante in stato di alterazione seguente al consumo di droghe. L’assunzione di sostanze stupefacenti non è dunque sanzionata a prescindere, ma soltanto in relazione all’effetto sul conducente. Se quest’ultimo appare lucido, vigile, prudente e con i riflessi pronti non è quindi rilevante verificare se abbia assunto o meno sostanze illecite (o determinati farmaci).

Anche la Cassazione, per esempio con le sentenze n. 5890 e 22682 del 2023, aveva confermato la necessità del nesso causale tra il consumo di droghe e l’alterazione per la configurazione del reato. Con il nuovo Codice della strada scompare ogni riferimento allo stato di alterazione. L’assunzione di stupefacenti è reato per i conducenti a prescindere dall’effettiva capacità di guidare in sicurezza e dagli effetti psicofisici riportati.

Di fatto, questa maggiore severità potrebbe tutelare in maniera più significativa la sicurezza stradale, tenendo conto anche di una certa imprevedibilità dello sviluppo di stati alterati. Per la punibilità è comunque necessario che l’assunzione di stupefacenti sia accertata, anche attraverso i test salivari.

Per somministrare i test, le forze dell’ordine dovranno comunque basarsi su motivi ragionevoli oppure sull’esito del pretest (detto anche precursore). Quest’ultimo è un accertamento preliminare non invasivo che permette di rilevare la recente assunzione di stupefacenti ma che deve essere validato da un’analisi successiva.

I motivi che possono dar luogo alla somministrazione dei test salivari sono diversi, comprendono anche lo stato di alterazione ma non lo richiedono necessariamente. Per esempio, la Polizia potrebbe imporre l’esecuzione del test al conducente sorpreso in una zona conosciuta per lo spaccio. Visto che diventa reato guidare sotto effetto di stupefacenti a prescindere dalla sintomatologia appare del tutto logico una simile regolamentazione dei test.

Il problema è che gli esami salivari rilevano l’assunzione anche quando lontana nel tempo, perfino a distanza di decine di giorni, a seconda della sostanza, delle quantità, della frequenza del consumo e di altri fattori specifici. C’è ovviamente modo di determinare il quantitativo effettivamente in circolo nell’organismo attraverso gli appositi accertamenti medico-sanitari, ma ciò è irrilevante. Qualsiasi quantità configura il reato, senza considerazione dell’epoca di assunzione.

Proprio su questo aspetto si apre il dibattito circa la legittimità delle disposizioni, che peraltro colpiranno anche coloro che usano determinate tipologie di medicinali. L’assunzione di alcuni farmaci, infatti, impedisce di guidare per un certo periodo di tempo, con un divieto indeterminato per qualche terapia cronica.

Di norma, la guida torna permessa dopo un certo lasso di tempo dall’assunzione del farmaco, in quanto scemano gli effetti dello stesso sulla sicurezza. Ciononostante, minime tracce potrebbero essere ancora presenti nell’organismo e, pur non rappresentando un pericolo secondo il parere medico, comportare sanzioni amministrative e penali.

Motivare la questione attraverso test più approfonditi e certificati medici non sembrerebbe una valida soluzione per come è scritta la norma, almeno per adesso. Il ministero dei Trasporti, dopo un confronto con medici e associazioni, ha aperto un tavolo tecnico per tutelare le persone in cura con sostanze psicotrope che non compromettono la capacità di guida. Auspicabilmente, nella prossima settimana arriverà una deroga specifica.

Resta infine il dubbio sulla legittimità delle sanzioni, soprattutto sull’immediata sospensione della patente. Quest’ultima potrebbe infatti mancare del principio di proporzionalità che la stessa Cassazione giudica fondamentale, considerando anche che la mera assunzione di stupefacenti non è un crimine nel nostro ordinamento, bensì un illecito amministrativo.

Questo, peraltro, non è l’unico argomento delle accuse sulla presunta mancata proporzionalità delle sanzioni del nuovo Codice della strada, che prevede multe piuttosto consistenti. Il condivisibile obiettivo di salvaguardare la sicurezza stradale potrebbe aver portato ad alcune inesattezze, ma è ancora presto per saperlo. Nel frattempo, la normativa dovrà essere rispettata fino a eventuale decisione contraria della Consulta.

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