Cosa si intende con «bella presenza» in un’offerta d’impiego? Ecco cosa può imporre il datore di lavoro ai propri dipendenti.
La ricerca di un’impiego inevitabilmente porta a scontrarsi con le richieste delle aziende alle quali ci si propone e con i loro standard. Una società può infatti richiedere la conoscenza di alcuni pacchetti informatici, solida esperienza pregressa o ancora la padronanza di più lingue. Tutti requisiti tecnici per svolgere la propria mansione.
Non è un caso neppure richiedere il tipo di patente di cui si è in possesso se ad esempio si effettuano viaggi aziendali o consegne, ma ci sono anche alcuni casi in cui quello che vediamo scritto sugli annunci può farci sorgere domande e perplessità.
Postate online in bandi o forum oppure affisse fuori dai locali, troviamo spesso offerte di lavoro che riportano la dicitura «bella presenza». Ma cosa si intende con questo termine e su quali criteri si basa la verifica di questo prerequisito da parte del datore di lavoro o del responsabile HR? E soprattutto, è un’attività lecita indicare, nella ricerca di personale, questa richiesta?
Capiamolo insieme partendo proprio dal significato di questa espressione.
Cosa significa «bella presenza»?
Probabilmente in molti leggendo la scritta «Richiesta bella presenza» avranno storto il naso e giudicato negativamente chiunque avesse affisso quel manifesto pensato che l’estetica non debba essere determinante nella scelta del personale. La realtà però è ben diversa e le scelte aziendali in questo caso non scadono in nessuna discriminazione verso le condizioni fisiche di una persona. Le cose stanno così: quando si richiede «bella» o addirittura “ottima” presenza non ci si riferisce a canoni di bellezza quanto piuttosto all’aspetto esteriore nel modo di presentarsi al pubblico.
Il concetto di «bella presenza» attiene alla decenza e al decoro ovvero ad aspetti quali la pulizia e la compostezza di una persona. In altre parole quando leggiamo questa espressione dovremmo pensare a parole quali educazione, finezza e garbo. Quello che si vuole segnalare è l’attenzione del datore di lavoro a includere tra le proprie risorse umane qualcuno che non si mostri mai trasandato e trascurato.
Questa richiesta di «contegno» esprime quindi il desiderio di offrire un’immagine rassicurante dell’azienda in quanto il futuro dipendente, facendone parte, ne sarà anche rappresentante soprattutto nelle operazioni a contatto con la clientela. Per fare un esempio concreto, nessuno si affiderebbe a un massaggiatore di un centro estetico poco attento all’igiene personale e alla cura del corpo. La reputazione dell’intero salone ne risentirebbe.
Come certifica il dizionario Treccani insomma per «bella presenza» si intende l’aspetto gradevole e tale da fare buona impressione.
Cosa può portare all’esclusione di un candidato
Se nell’ambito della bella presenza rientra quindi l’idea di assumere personale che rispecchi il tono valoriale dell’azienda, vien da sé pensare all’esclusione di chi ha tatuaggi marcatamente inneggianti alla violenza e a ideologie estremiste.
Analogamente, nel settore pubblico, le mansioni che richiedono abilità fisiche ben precise potrebbero portare all’esclusione di tutte le persone che non rientrano negli standard minimi prefissati. Basti pensare alle prove selettive che affrontano i corpi speciali, i vigili del fuoco e i membri dell’esercito.
Nel settore privato invece ci si potrebbe chiedere se l’azienda abbia il diritto di imporre un vestiario ai suoi dipendenti contestando quindi chi non indossa abiti in linea con il dress code aziendale. Ebbene la risposta è sì. Il datore di lavoro può imporre un preciso codice di abbigliamento e arrivare anche a sanzionare chi se ne discosti. Questo il caso delle cosiddette “tute aziendali” o, in alternativa, delle divise riportanti i segni distintivi del marchio commercializzato.
Si pensi alla fattispecie dei commessi d’abbigliamento nei grandi store oppure agli operai di un cantiere dove, addirittura, non rispettare le linee guida per l’abbigliamento può costituire un serio pericolo per la salute del lavoratore.
In assenza di un vero e proprio regolamento interno, il datore potrebbe invece vietare alcuni modi di vestire a suo dire troppo eccentrici.
© RIPRODUZIONE RISERVATA