La seconda ondata del coronavirus ha indotto il Primo ministro Boris Johnson a imporre un nuovo lockdown in Gran Bretagna. Ora è la Bank of England ad intervenire per supportare l’economia nazionale fiaccata dalle nuove restrizioni.
Il Regno Unito, al pari delle principali economie dell’Unione europea, si prepara ad affrontare una nuova recessione.
Dopo il lungo break estivo che ha permesso ai sudditi della Regina di tirare il fiato, gli indicatori economici nazionali tornano a vedere rosso dopo l’imposizione di un nuovo lockdown di quattro settimane (media giornaliera di decessi ormai vicina a quota 500).
Il deterioramento atteso dell’economia Britannica, unitamente allo stallo sul fronte Brexit, obbliga ora la Bank of England ad aumentare la portata del Quantitative easing.
Bank of England pronta ad incrementare il Qe
La doppia recessione, intervallata dal consistente rimbalzo registrato nei mesi estivi, è ormai uno scenario concreto nel vecchio continente. I Governi nazionali, dalla Germania alla Francia, sono stati costretti nelle ultime settimane ad imporre nuovi sacrifici per far fronte all’innalzamento incontrollato della curva epidemiologica.
Dalla scorsa settimana le misure restrittive, che richiamano quelle già implementate durante i mesi primaverili (chiusura di bar, ristoranti e attività non essenziali), sono state introdotte anche nel Regno Unito, dove l’incremento dei contagi da coronavirus non accenna a rallentare.
Le disposizioni di Boris Johnson costringono ora la Bank of England ad alzare il tiro del Qe (programma di acquisto di titoli di Stato). L’istituto ha infatti previsto che la seconda ondata del virus porterà ad una contrazione dei consumi e, consequenzialmente, ad un declino del Pil.
Come annunciato la scorsa settimana, dunque, la Banca centrale porterà l’acquisto dei titoli di Stato a 875 miliardi di sterline ( incremento di 150 miliardi), mentre rimarranno invariati i tassi d’interesse (già al minimo, 0,1%).
Secondo le previsioni della Banca, l’economia del Paese dovrebbe restringersi del 2% nell’ultimo trimestre (11% nel 2020). A preoccupare, oltre alla recrudescenza della pandemia, lo stallo sulla Brexit che contribuisce a rendere incerto l’outlook economico del Paese dei prossimi mesi.
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A tenere banco ci sono ancora le trattative tra il Regno Unito e i vertici della Commissione europea, tese a concordare i rapporti economici tra le due parti dopo l’uscita del Paese dall’Unione.
Lo stallo, come confermato dal capo negoziatore dell’Ue, Michel Barnier, che la scorsa settimana ha rilasciato alcuni commenti su Twitter, ruota intorno alle “divergenze molto serie sul Level playing field, la governance e la pesca”.
Le difficoltà sin qui incontrate dalle parti per raggiungere un accordo mantengono aperto lo scenario di un No deal, ovvero un’uscita “disordinata” del Regno Unito dall’Unione Europea che potrebbe impattare sulle prospettive economiche del vecchio continente.
In assenza di un accordo, infatti, le relazioni tra Bruxelles e Londra sarebbero disciplinate dal diritto pubblico internazionale, comportando, tra le altre cose, l’imposizione di imposte su importazioni ed esportazioni (stabilite dall’Organizzazione mondiale del commercio).
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